Senza fare rumore
Antonio Ribero rincasò tardi anche quella sera. La prima cosa che udì, appena varcata la porta d’ingresso, fu un vociare acuto, leggermente ovattato, di una lite in corso. In fondo al corridoio, vide un chiarore soffuso proiettarsi sulla parete, facendo sfumare le ombre del salotto. Chiusa la porta, avanzò piano, posò le chiavi sul mobiletto accanto al telefono e, superato il corridoio, andò a sedersi sul divano a penisola.
Melissa Tabbia se ne stava piantata poco più in là; gli occhi sgranati, eccitati, mentre assorbiva le immagini provenienti dalla televisione. Questa trasmetteva un famoso programma di cucina, e quelle grida venivano lanciate da uno chef stellato a quelli che dovevano essere degli aspiranti cuochi.
Antonio diede un colpo di tosse.
“Ciao”, mormorò.
Melissa lo zittì con un sibilo. Non riuscì a staccare gli occhi dallo schermo.
In quel momento, Antonio si sentì maledettamente solo. La stanchezza, provata per le ore di lavoro, venne sovrastata da un senso di bile che gli si diffuse nello stomaco; avvertì anche un roccia piantarglisi al centro del petto. Ogni pensiero gli defluì dalla mente, e ogni parola ritornò giù lungo la gola e si spense. Abbassò il capo.
Il programma venne interrotto dalla pubblicità. Melissa non si mosse. Sospirò tesa e roteò gli occhi.
Antonio sollevò lo sguardo. La guardò. Una serie di quesiti iniziarono a rombargli nella mente: com’erano arrivati a questo?, chi è veramente la donna qui davanti a me?, cos’è che mi fa tornare ancora qui, tra queste mura e da questa persona?
Melissa emise un altro sbuffo.
“La cena è in frigo”, mormorò.
Antonio non si mosse. Continuava a guardarla; la stava guardando come mai aveva fatto prima, la stava vedendo. E lei, nemmeno se ne rese conto.
“Vorrei dirti una cosa”, esalò lui.
“Più tardi.”
Non ci fu più parola; solamente il ruggito della pubblicità, tra biscotti gustosi, nuove automobili e profumi di ogni genere.
No, Antonio non le disse che “più tardi” sarebbe sicuramente crollato dal sonno. Non le disse che quel “più tardi” significava una martellata al cuore, né le disse che “una cosa”, quella cosa, era importante, perché si trattava della sua promozione sul lavoro.
In quel momento, la promozione stessa perse qualsiasi genere di importanza. Già, la tanto agognata promozione; la tanto sudata promozione; con conseguente riduzione di preoccupazioni economiche; e conseguente possibilità per Melissa di potersi ingozzare di quei suoi programmi preferiti.
No, Antonio non disse nulla.
Si alzò dal divano. Si sentiva confuso, stordito. Era come se avesse ricevuto un pugno sulla fronte o avesse assunto un potente sedativo. Si trascinò in corridoio e virò a sinistra, entrando nella camera da letto. Si sedette sul bordo del letto e fissò il parquet con sguardo vago. Le grida e gli schiamazzi dello chef ripresero a vorticargli nelle orecchie.
Altre domande gli germogliarono nella mente:
Perché sono qui?, c’entro veramente qualcosa con lei?, dov’è che mi sono perso?, cosa diamine mi lega ancora a lei?
Melissa esplose in una risata. La sentì battere le mani.
Col passar dei minuti, il senso di bile nello stomaco si era acuito; era come se un ruscello si fosse trasformato in un mare tempestoso.
Antonio comprese che, nonostante la stanchezza, quella notte non sarebbe riuscito a chiudere occhio. E comprese, dannatamente, che nemmeno in quel caso Melissa gli sarebbe stata accanto. Avrebbe dormito al suo fianco, dandogli le spalle. E al suo primo lamento, gli avrebbe risposto:
“Dormi. Non fare il bambino”.
Ma lui non sarebbe più riuscito a prendere sonno. Solo dopo qualche ora, sarebbe crollato privo di energie. E per risvegliarsi il giorno dopo, per uscire da quelle quattro mura, lavorare e ritornarci la sera dopo, di nuovo lì, di nuovo da lei e di nuovo con la tremenda certezza di essere solo.
Antonio inspirò ed espirò a fondo.
Qualcosa si mosse dai recessi del suo pensare. Era il barlume di un pensiero pratico. E, col passare dei minuti, quel barlume divenne fiammella. E più la contemplava, più il senso di bile si affievoliva tornando alle dimensioni di un rigagnolo; la mente si faceva meno rintronata. Volti di persone e nomi a lui cari gli apparvero come diapositive impresse nel cervello.
E, quando quella fiammella avvampò in un incendio, Antonio Ribero si alzò dal letto. Attraversò il corridoio e si piantò sull’uscio del salotto.
Melissa era tornata muta spettatrice del programma. Il chiarore della televisione le deformava i lineamenti sottili del volto, conferendole l’aspetto di un fantasma dagli occhi dilatati e la postura rigida.
Antonio si schiarì la gola, per sovrastare le urla dello chef.
“Io… esco…”
Melissa rimase in silenzio. Tra il chiarore e l’ombra che l’avvolgeva, Antonio percepì un suo movimento col capo, un assenso; ma non ne fu poi tanto sicuro.
Così Antonio Ribero imboccò il corridoio, afferrò le chiavi posate vicino al telefono, aprì la porta e ne varcò la soglia.
La chiuse piano, senza fare rumore.
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