Repubblica
Al di là di ogni parata o festa, vogliamo prendere spunto dalla ricorrenza di oggi, 2 giugno, per proporre una riflessione sul concetto di Repubblica ispirandoci a chi, tanto tempo prima di noi, ha riflettuto e approfondito il tema dello stato e della società.
Stiamo parlando di Platone e della sua opera filosofica in forma di dialogo La Repubblica (in greco antico: Πολιτεία, Politéia), che ha avuto enorme influenza nel pensiero occidentale.
Facciamo un salto indietro nel tempo, tra il 390 e il 360 a.C., per conoscere più da vicino quest’opera.
Il titolo originale dell’opera è la parola greca πολιτεία. La Repubblica, che è la traduzione tradizionale del titolo, è un po’ fuorviante, derivata dal latino, e in particolare da Cicerone. Una traduzione più precisa potrebbe essere La Costituzione.
La Repubblica risale al periodo cosiddetto della maturità di Platone, e l’interpretazione tradizionale la considera come un nuovo tentativo di dare una risposta soddisfacente alle obiezioni avanzate in precedenza da Callicle nel Gorgia, secondo cui la virtù e le leggi della polis sono un trucco escogitato da una massa di deboli per irretire la brama di potere degli individui migliori, pochi di numero ma portati per natura a governare.
Si presenta come un’opera organica, enciclopedica e circolare, strutturata in dieci libri e riguarda la filosofia delle cose umane, toccando discipline come l’ontologia, la gnoseologia, la filosofia politica, il collettivismo, il sessismo, l’economia, l’etica medica e l’etica in generale.
Nel testo sono presenti molte teorie platoniche, tra le quali il mito allegorico della caverna, una versione della teoria dell’anima diversa da quella espressa nel Fedone e il progetto di una città ideale, ma l’argomento cardine attorno al quale ruota l’intera opera è la giustizia.
Il dialogo si svolge tra Socrate e vari suoi amici, tra cui alcuni familiari di Platone (Glaucone e Adimanto, suoi fratelli maggiori).
Il protagonista è in realtà un Socrate che, abbraccia a poco a poco tesi di natura platonica (legate soprattutto al momento storico che Platone viveva dopo la guerra del Peloponneso: la presa della città ad opera di Crizia, il quale instaurò il governo dei Trenta Tiranni, e la condanna a morte del maestro Socrate), fino a esporre teorie che vanno dalla parità dei sessi, alla condivisione delle proprietà private, alla scomparsa della famiglia, e all’obbligo, per coloro che fossero destinati a essere i phylakes (“guardiani”) a non avere nessun guadagno dal loro lavoro ed essere mantenuti a spese dei cittadini.
Lo scritto si apre con il racconto di Socrate il quale, mentre torna in compagnia di Glaucone dalle celebrazioni per la dea Bendis, si imbatte lungo la strada in Polemarco, Adimanto e nei loro amici, i quali invitano i due a recarsi a casa di Cefalo e Polemarco per partecipare ai festeggiamenti previsti per la serata.
È quindi in casa di Cefalo e Polemarco che ha luogo la lunga discussione narrata nella Repubblica, in cui Socrate dialoga dapprima con i padroni di casa, poi con Trasimaco, e infine, dal Libro II al X, discute con Glaucone e Adimanto.
Dal punto di vista del contenuto, nel dialogo si possono individuare due blocchi connessi tra di loro: i Libri I-V e i Libri VIII-IX sono di carattere etico-politico e trattano il tema della giustizia, mentre il blocco che va dalla seconda metà del Libro V ai Libri VI-VII tratta di argomenti prettamente filosofici. Il Libro X, infine, che riprende i temi dell’educazione e dell’arte, e narra il celebre mito di Er.
Nei Libri II e III si entra nel vivo del dialogo sulla giustizia, fino ad arrivare alla fondazione dello Stato ideale.
Viene chiesto a Socrate di cercare di definire l’idea (εἶδος) di giustizia, cercando di dimostrare che essa è sempre più vantaggiosa dell’ingiustizia, tuttavia questo si trova in difficoltà, perché non riesce a circoscrivere la giustizia nell’individuo.
Si appresta allora a ricercarla all’interno dello Stato, ritenendo di poter assistere, parallelamente alla nascita di uno Stato, anche alla nascita della giustizia, in una versione “ingrandita” che permetterà di giungere più facilmente alla risposta.
Nello Stato ideale proposto da Socrate La divisione del lavoro è infatti alla base della creazione di una comunità di cittadini, i quali non sono in grado di sopperire da sé ad ogni esigenza, ma sono costretti a collaborare e dividersi i compiti: per questo motivo, ognuno dovrà specializzarsi in una techne ed eseguire solo quella.
Egli divide quindi i cittadini in tre classi-funzione: gli artigiani, classe più bassa con l’obiettivo di lavorare e procurare i beni materiali, i guardiani (φύλακες, phýlakes), che invece dovranno proteggere lo Stato, ed infine i governanti o filosofi (ἄρχοντες, árchontes), gli unici in grado di poter governare lo Stato con morigerata saggezza.
Queste classi-funzione sono dinamiche, e non attribuite alla nascita: durante l’educazione selettiva viene determinato che cosa l’individuo sia più adatto a fare poiché, come Socrate spiega nel mito delle stirpi, ognuno possiede un’indole che indirizza l’individuo ad uno solo dei tre percorsi.
Partendo da questi temi Platone, tramite le parole di Socrate, costruisce uno Stato ideale dove vige una giustizia teoricamente perfetta, definita Kallipolis. La città deve essere pensata in rapporto alla tripartizione dell’anima del singolo uomo, e quindi essere ripartita in tre classi sociali: aurea (governanti-filosofi), argentea (guerrieri), bronzea (lavoratori).
La classe dei governanti-filosofi deve stare al potere, in quanto classe di innata sensibilità, di inesauribile curiosità intellettuale; i filosofi vogliono capire e non solo constatare, ma anche far funzionare la convivenza. Essi sono pertanto gli unici che dispongono dei mezzi intellettuali appropriati per non far sprofondare la città nel caos e nel conflitto interno ed estero.
Questa divisione non è però operata dagli stessi uomini, bensì dalla natura, una forza superiore all’uomo, che rende lo stesso cittadino tale fin dalla nascita: non esiste un individuo apolide. Lo Stato ha un’origine naturale: si tratta di una teoria che si differenzia da quelle moderne, propense a pensare lo Stato come oggetto di un contratto preciso.
Socrate definisce (Libri IV e V) le virtù che lo stato deve possedere: la sapienza, propria dei governanti, che rende capaci di reggere lo stato; il coraggio, proprio dei guardiani, utile per salvaguardare i propri membri dalle cose temibili e dalla natura; la temperanza, cioè il contenimento dei piaceri e degli appetiti; infine, la giustizia, definita come ordine e armonia tra le varie parti dello stato.
Trovata la giustizia nello stato giusto, viene ricercata nell’uomo giusto: l’anima è divisa in razionale, irascibile e concupiscibile (la parte dell’anima che caratterizza rispettivamente i governanti, i guardiani e i lavoratori) e la giustizia esiste solo quando le tre parti sono in armonia tra di loro. Socrate arriva allora alla conclusione che il tiranno è l’uomo più infelice, al contrario di ciò che pensavano inizialmente i suoi amici; infatti, egli è ingiusto e vive nel terrore, ma soprattutto è solo, non ha amici ed è circondato da persone corrotte e malvagie.
Secondo Platone la società funzionerebbe meglio se ogni individuo facesse ciò che meglio sa fare. Perché ciò avvenga è necessario estinguere la ricchezza e la povertà, poiché chi è ricco non lavora, chi è povero fa ciò che più gli rende; è inoltre necessario abolire la vita familiare, dato che solitamente accade che il figlio del calzolaio finisca per fare il calzolaio, quindi non deve esistere la “tradizione di famiglia”.
Oltre all’educazione dei giovani, Platone spiega che i governanti devono vivere in perfetta comunione dei beni: non devono avere proprietà privata, né figli. Questi ultimi, una volta strappati alle proprie famiglie, verranno educati dallo stato fin dalla nascita. Quanto alle mogli, tutte le donne saranno in comune e premieranno i più forti così da avere stirpi sempre migliori; in questo modo i governanti saranno interessati solamente al bene dello stato.
Questi sono alcuni aspetti dell’opera che abbiamo voluto sottolineare. Chiaramente si tratta di idee e opinioni personali di un filosofo vissuto tanti secoli fa che ipotizzava uno stato ideale.
Nessuno di noi conosce la ricetta per realizzare una comunità in perfetta armonia, tuttavia siamo convinti che dialogare e conoscere le teorie di chi ci ha preceduto possa allenarci ad aprire la mente e predisporci così a trovare insieme la soluzione migliore.
Speriamo che questo articolo abbia fatto nascere in voi il desiderio di approfondire il concetto di Repubblica.
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