Il mastino di Culann – 2 di 2
6.
La razzia del bestiame di Cuailnge (Cooley)
L’impresa più famosa di Cú Chulainn fu la difesa dell’Ulster dall’invasione dell’esercito del Connacht, narrata nel poema “Táin Bó Cúailnge”.
A quell’epoca, infatti, il re Conchobar aveva subito la defezione di molti guerrieri del Ramo Rosso, che non avevano perdonato al sovrano la sua crudeltà nei confronti della bella Derdriu e dei figli di Uisliu.
Tempo addietro, il re dell’Ulster si era invaghito di una nobile fanciulla, di nome Derdriu, ma la bella giovinetta (pur promessa al sovrano) era stata preda di una passione irrefrenabile nei confronti di Noisiu, figlio di Uisliu, ed era fuggita con lui.
Il re Conchobar aveva finto di aver perdonato la sgarbo di Derdriu e Noisiu e li convocò presso la sua corte per riconciliarsi con loro; poi, con l’inganno, il sovrano dell’Ulster ordinò il massacro di tutti i figli di Uisliu e del loro seguito;
la bella Derdriu, piuttosto che sottostare all’umiliazione di divenire sposa di Conchobar, preferì suicidarsi.
Parte dei guerrieri del Ramo Rosso, tra cui Fergus, non poterono tollerare una così grave violazione dei doveri dell’ospitalità e preferirono mettersi al servizio di Medb e Ailill, signori del Connacht.
I due sovrani della provincia nord-occidentale del-l’Irlanda, galvanizzati dall’indebolimento del nemico, organizzarono l’invasione dell’Ulster per depredare il magnifico Toro Bruno della regione di Cúailnge (Cooler).
Gli Ulaid non riuscirono a fronteggiare le forze dell’invasore perché vittime di una maledizione, per la quale è opportuno spendere qualche parola in più.
Dopo la fondazione di Emain Macha, infatti, un ricco contadino dell’Ulster si era vantato presso il sovrano che sua moglie Macha era in grado di correre più veloce dei cavalli del re.
Sdegnato, il re degli Ulaid volle mettere alla prova in una gara di corsa la giovane donna; ella chiese di essere esonerata da una tale sfida, poiché era sul punto di partorire ma il re e tutta la folla, nella loro selvaggia brama di divertimento, non vollero sentire ragioni.
Macha si cimentò nella corsa contro i cavalli e riuscì a vincere, ma nel tagliare il traguardo lanciò un grido lacerante e partorì due gemelli. Ella lanciò quindi una maledizione: nei momenti di maggior bisogno, tutti i guerrieri dell’Ulaid avrebbero sofferto dei dolori del parto per cinque giorni e quattro notti.
Quando l’esercito del Connacht invase il territorio dell’Ulster, tutti i guerrieri del Ramo Rosso tranne Cú Chulainn erano inabili a causa della maledizione di Macha. Toccò quindi al più grande guerriero degli Ulaid fronteggiare da solo l’avanzata dell’esercito nemico, già euforico per i primi successi ottenuti e per il bottino delle scorrerie.
Cú Chulainn, per nulla turbato all’idea di dover fronteggiare l’armata del Connacht, sradicò una quercia, vi incise sopra in alfabeto ogam[1] una iscrizione e la lasciò in segno di sfida sulla cima di una pietra infissa sul terreno: “Nessuno oltrepassi questo punto finchè un uomo non riuscirà a scagliare questa pastoia con una mano”[2].
L’esercito invasore aggirò l’ostacolo e continuò ad avanzare; il figlio di Deichtine allora attese gli uomini che erano stati inviati in avanscoperta dal nemico e li uccise in un agguato; egli pose quindi le loro teste mozzate sulle quattro punte di un tronco, che venne conficcato come monito nel mezzo di un torrente.
Dopo aver fiaccato in questo modo il morale delle truppe del Connacht, Cú Chulainn fece strage dei nemici nel corso di varie imboscate; centinaia di guerrieri vennero uccisi dalla terribile fionda del mastino di Culann.
I condottieri del Connacht invocarono il diritto a sfidare ogni giorno a duello Cú Chulainn; per giorni e giorni, il campione degli Ulaid sfidò ogni volta a singolar tenzone un guerriero nemico presso un guado, abbattendo uno dopo l’altro i duellanti del Connacht.
Nel corso di queste sfide, si avvicinò all’eroe irlandese una bellissima fanciulla, che gli si offrì, venendo però respinta: la donna altri non era che la dea Morrigan che, furiosa per essere stata rifiutata, attaccò a più riprese Cú Chulainn sotto forma di vari animali durante i suoi duelli.
Dopo un combattimento particolarmente duro Cú Chulainn giacque ferito e solo l’intervento del dio Lùg, che si rivelò all’eroe come suo padre, riuscì a salvarlo dalla morte.
Il mastino di Culann si risvegliò da un sonno ristoratore, che aveva lenito le sue ferite, solo per scoprire che i ragazzi dell’Ulaid (immuni dalla maledizione di Macha in quanto ancora imberbi) avevano attaccato le truppe nemiche, venendone massacrati.
Cú Chulainn ebbe una nuova crisi ríastrad, la più terribile, e attaccò l’esercito del Connacht, uccidendo centinaia di nemici.
Medb e Ailill inviarono quindi il nobile Fergus ad affrontare Cú Chulainn; questi accettò di cedere il passo al vecchio compagno d’armi, ma solo con l’impegno da parte dello stesso Fergus di ricambiare a sua volta il favore all’occasione successiva.
Cú Chulainn non potè esimersi invece dall’affrontare Ferdiad, suo migliore amico e fratello adottivo, in un duello estenuante che durò ben tre giorni e che si risolse solo quando il campione degli Ulaid fece ricorso alla lancia Gái Bulga.
Finalmente gli uomini dell’Ulster si destarono dal loro torpore magico e si prepararono quindi al contrattacco. Nella battaglia finale, Cú Chulainn stette inizialmente in disparte, guarendo le sue ferite, finché non vide avanzare Fergus, che brandiva la sua spada invincibile, la mitica Caladbolg.
Il mastino di Culann entrò allora nella mischia ed affrontò Fergus, chiedendogli di mantenere la parola data e di abbandonare il terreno.
Le forze del Connacht furono infine costrette a ritirarsi, con pochi uomini supersiti e con un magro bottino, tra cui il toro Donn Cùailnge (che era stato il motivo scatenante della invasione dell’Ulster):
per ironia della sorte, il mitico animale, una volta condotto nella parte nord-occidentale dell’isola, venne preso da un moto di rabbia e tornò nella sua provincia di origine, dove – dopo aver massacrato donne e fanciulli – il cuore gli scoppiò nel petto come una noce.
Nel panico della ritirata, Cú Chulainn penetrò lo sbarramento avversario ed arrivò a catturare la regina Medb, risparmiandole la vita e concedendole la libertà solo perché riteneva pur sempre indegno uccidere una donna.
[1] Primitivo sistema di scrittura, sviluppato in Irlanda nei primi secoli dell’era cristiana e utilizzato per iscrizioni commemora-tive o tombali. E’ costituito da una serie di linee incise sui due lati di uno spigolo di pietra o di una assicella di legno (GIANSANTI-MASCHIO, op. cit., pag. 339).
[2] GIANSANTI-MASCHIO, op. cit., pp. 183-195; Cú Chulainn aveva così imposto un geis, vale a dire un vincolo o proibizione: la sua violazione, nella tradizione irlandese, comportava gravi conseguenze come la perdita dell’onore o addirittura la morte. Le geisa si presentavano di volta in volta come regole sociali legate al rango della persona ovvero interdizioni imposte da druidi, poeti satirici o altri soggetti dotati di poteri magici.
7.
La morte di Cú Chulainn
Dopo la razzia del bestiame di Cuailnge, gli Ulaid si vendicarono contro il Connacht e i suoi alleati e attaccarono a più riprese i re delle quattro provincie; poiché Cú Chulainn era sempre in prima fila negli scontri, questi si attirò l’odio di molti.
La regina del Connacht Medb cospirò con Lugaid, figlio di Cú Roí e principe del Mumu, per liberarsi una volta per tutte del mastino di Culann.
Il destino di Cú Chulainn venne segnato nel momento in cui egli violò i suoi geisa, i divieti i sacrali per lui stabiliti: al guerriero degli Ulaid era infatti inibito di mangiare carne di cane, ma nel contempo egli era tenuto ad accettare sempre la sacra ospitalità che gli veniva data.
Quando a Cú Chulainn venne offerto da una vecchia megera un pasto a base proprio di carne di cane, egli non potè esimersi dal violare un geis, rimanendo così indebolito ed esposto al pericolo mortale.
Lugaid fabbricò tre lance magiche ed aveva profetizzato che sotto i colpi di ognuna sarebbe caduto un re:
con la prima egli uccise Làeg, fedele amico di Cú Chulainn e da molti considerato il re degli aurighi; con la seconda uccise il destriero del figlio di Deichtine, il migliore di tutti i cavalli. Con la terza, infine, venne colpito a morte il mastino di Culann.
Lugaid, per sfregio, tagliò la testa del nemico ucciso, ma così facendo la mano di Cú Chulainn si aprì, la sua spada cadde e tagliò la mano del figlio di Cú Roí.
Fu Conall Cernach a vendicare la morte dell’amico guerriero, affrontando ed uccidendo Lugaid in duello.
Il corpo del campione degli Ulaid venne quindi portato ad Emain Macha, dove venne pianto dalle sue genti. Ma nessun canto fu così straziante e commovente come quello della moglie Emer.
Si spezzi questo cuore che l’ha amato,
non dimentichi l’orecchio la sua voce,
versi sangue l’occhio che lo ha ammirato,
il mondo finirà nel dolore ora che lui è morto.
Mai più ci incontreremo un altro giorno,
Grigio, Grigio di Macha!
Finiscono così le gesta del mastino di Culann, protagonista assoluto del ‘Ciclo dell’Ulster’. Il ‘Ciclo feniano’ è invece dominato dalla figura di Finn Mac Cool, che ad un valore ed un coraggio senza pari univa anche la saggezza del salmone della sapienza:
durante la giovinezza, infatti, egli era stato addestrato dal poeta e druido Finn Èces, che dopo sette anni era riuscito a catturare un pesce miracoloso e chiese quindi a Finn Mac Cool di arrostirlo (chi ne avesse mangiato per primo, avrebbe avuto accesso ad un sapere senza pari);
durante la cottura, il guerriero si scottò il pollice ed istintivamente si portò il dito alla bocca, ereditando in questo modo i poteri del salmone. Da allora, Finn acquisì la conoscenza suprema: gli bastava mordicchiarsi il pollice per comprendere tutto.
Finn Mac Cool divenne il capo dei ‘Fianna’, una compagnia di guerrieri seminomadi che scorrazzavano in Irlanda, insofferenti delle autorità; egli contribuì a dare ai ‘feniani’ un rigoroso codice d’onore e li unì in un un patto di fedeltà assoluta al Re Supremo dell’isola.
Finn Mac Cool fu anche il padre del famoso guerriero e poeta Oisin (“Piccolo cervo”), che venne celebrato in epoca romantica da James Macpherson: i suoi ‘Canti di Ossian’ costituirono una delle letture fondamentali per la sensibilità poetica del XIX secolo[1].
[1] Per approfondimenti, si rimanda alla lettura di: AGRATI-MAGINI, Saghe e racconti dell’antica Irlanda, Milano Mondadori, 1993; ROLLESTON, I miti celtici, Milano, Longanesi, 1994; LLYWELYN, Finn Mac Cool, Milano, Nord, 1995; GIANSANTI-MASCHIO, Agenzia senta tempo. Viaggio irreale nell’Irlanda celtica, Verona, QuiEdit, 2010, pp. 203-246.
di Daniele Bello
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