L’origine del mondo secondo i Greci – 3di3
4.
ZEUS E I SUOI DISCENDENTI
Una volta sconfitti ed imprigionati tutti i suoi nemici, Zeus stabilì la propria dimora sul monte Olimpo e convocò tutti gli dei affinché gli prestassero giuramento di eterna fedeltà.
Egli conferì grandi onori a chi gli era stato fedele e fu particolarmente generoso con chi lo aveva sostenuto nonostante l’amicizia con i Titani;
in particolare, Iris (l’Arcobaleno) venne nominata messaggera degli dei; il fiume Stige, che per primo si era schierato a favore del nuovo tiranno del cielo, era divenuto sacro per tutti gli dei, cosicché tutti i giuramenti pronunciati in suo nome, fosse anche da parte degli immortali, non potevano mai essere infranti.
Zeus convocò quindi i suoi fratelli Ades e Poseidone ed assieme a loro la sovranità dell’universo venne equamente divisa: Poseidon ebbe il domino dei mari, mentre Ades divenne il signore degli inferi e dell’oltretomba; Zeus mantenne per sé la tirannia del cielo e della terra.
Zeus prese inizialmente in sposa Metis (la Prudenza), una delle dee più sagge; quando, tuttavia, ella rimase incinta, nel timore che potesse partorire un figlio in grado di spodestarlo, il sovrano del cielo la inghiottì nel suo ventre.
Alcuni giorni dopo, tuttavia, dalla testa dei Zeus uscì intrepida la dea Pallade Atena (Minerva), già armata di tutto punto con elmo, spada e scudo: per gli antichi abitanti della Grecia ella simboleggia la sapienza e la guerra eroica.
Per seconda il sovrano del cielo ebbe in sposa la dea Temi, con la quale generò le Ore (le Stagioni) e, secondo alcuni autori, anche le terribili Moire.
Zeus amò anche Mnemosine, che gli partorì le dolci Muse protettrici delle arti, e Leto, da cui ebbe due gemelli: Apollo (Febo), protettore delle arti e delle doti profetiche, e Artemide (Diana), la dea della caccia. I due inseparabili fratelli vengono spesso raffigurati assieme e associati al culto del Sole, il cui carro veniva condotto ogni giorno dal dio Apollo, e della Luna (uno degli epiteti della dea Artemide).
Da Eurinome Zeus ebbe le bellissime Cariti (le Grazie) dalle belle guance (Talia, Eufrosine e Aglaia), ninfe amabili simbolo della grazia e dell’amore; da Maia, figlia di Atlante, ebbe il dio Hermes (Mercurio);
messaggero degli dei e protettore delle arti mediche (ma anche degli audaci e dei ladruncoli nonché compagno del padre nelle sue passeggiate nella terra degli uomini), egli riusciva a muoversi rapidissimo per le terre del mondo conosciuto grazie ai suoi calzari alati.
La passione di Zeus per Demetra, invece, generò la dolce Persefone, futura sposa di Ades; altri autori gli attribuiscono anche la paternità di Afrodite, dea dell’amore.
Numerose fonti fanno di Zeus anche il progenitore delle ninfe; le Driadi e le Amadriadi, che abitano i boschi; le Oreadi, che vivono nelle montagne; le Naiadi, divinità tutelari dei fiumi e delle sorgenti.
Infine, Zeus prese in sposa Hera (Giunone), dalla quale ebbe tre figli: Ares (Marte), lo spietato dio della guerra, Ebe (la Giovinezza) ed Ilizia, la dea protettrice del parto.
Pare, tuttavia, che questo terzo matrimonio fosse funestato da numerose infedeltà, tanto che la gelosa e vendicativa Hera, oltre a perseguitare le amanti di volta in volta prescelte dal marito, per ripicca generò da se stessa Efesto (Vulcano), il fabbro degli dei.
Si racconta, inoltre, che questo figlio fosse talmente brutto e deforme che venne scaraventato dalla stessa madre giù dal monte Olimpo, per cui Efesto rimase zoppo per l’eternità; successivamente, Hera gli diede in sposa la bellissima Afrodite (di cui era gelosa), per evitare che la dea dell’amore potesse circuire altri dei; anche questo matrimonio, ovviamente, venne caratterizzato da molti tradimenti.
E gli uomini? Stranamente, la mitologia greca non dedica alla creazione del genere umano la stessa considerazione ed importanza che essa riveste, ad esempio, nella tradizione ebraica.
Esistono numerose e diverse versioni sulla creazione dell’umanità, anche se una delle leggende che ci piace ricordare attribuisce questo atto d’amore al Titano Prometeo, il quale dopo aver plasmato dalla materia i primi esseri umani chiese agli dei di infondere loro il proprio alito vitale.
Essi vissero a lungo in uno stato ferino (anche se felice, secondo alcuni; tanto è vero che il cosmo di Crono-Saturno venne considerato dai più una vera e propria età dell’oro); successivamente fu lo stesso Prometeo ad insegnare loro i primi rudimenti del vivere civile e a rubare dall’Olimpo il segreto del fuoco per donarlo agli uomini intirizziti nelle fredde notti invernali.
Le gesta dei mortali divennero note e care agli dei solo in seguito, quando essi cominciarono a scendere dal monte Olimpo per trascorrere parte del loro tempo in sembianze umane. Amori, collere, rivalità ed amicizie tra uomini ed immortali sono stati all’origine di molte delle storie più note dell’antichità.
Lo stesso Zeus non fu immune dal fascino delle donne mortali, con le quali concepì eredi che divennero eroi o grandi sovrani (due di essi, Dioniso ed Eracle, vennero addirittura ammessi al cospetto degli dei dell’Olimpo).
Forse il padre degli dei era del tutto privo di senso morale? O forse erano le antiche famiglie nobili dell’antica Grecia ad avere un particolare interesse ad accampare un’origine divina?
Raccontano comunque i poeti che il regno di Zeus fosse destinato a durare per l’eternità e che nessuno riuscì mai a spodestarlo dal suo trono. Si narra inoltre che vi era un’unica divinità in grado di partorire un figlio in grado di prendere il suo posto ma che il suo nome fosse noto al solo Prometeo.
Il tiranno del cielo era tuttavia fortemente in collera con il Titano, colpevole di aver sottratto il rosso fuoco dall’Olimpo con l’inganno; questi, infatti, aveva ubriacato Efesto offrendogli del vino drogato con del papavero mentre gli altri dei si stavano riposando.
Per questo Zeus aveva fatto incatenare Prometeo sui monti del Caucaso, minacciandolo di terribili torture qualora non avesse rivelato il nome della donna in grado di partorire il suo successore.
Il Titano indomabile si rifiutò di obbedire ai voleri di Zeus, nonostante un’aquila mandata dal cielo gli divorasse ogni giorno le viscere. Solamente l’intercessione di Gea, la dea della Terra, fece riconciliare il sovrano del cielo con Prometeo, che rivelò quindi il nome fatidico: era la bellissima dea Tetide, una delle Nereidi.
Pur travolto da una forte passione amorosa nei confronti della ninfa, Zeus procurò che Tetide venisse data in sposa ad un uomo mortale, che fu Peleo.
Da Peleo e Tetide nacque il più forte di tutti gli uomini mortali, vale a dire Achille, protagonista della guerra di Troia; ma questa, come si dice, è un’altra storia…
Il lettore che abbia avuto la pazienza di leggere le pagine che precedono non può non notare l’enorme quantità di nomi di divinità che vengono citati da Esiodo, tanto che diventa impresa assai ardua riuscire a ricostruire un albero genealogico completo (nelle Tabelle si è cercato di aiutare al lettore a districarsi meglio; il curioso con velleità di approfondire potrà leggere direttamente la “Teogonia” di Esiodo).
Chi ha già una certa dimestichezza con i racconti mitologici, invece, avrà osservato che le figure divine della religione greca tendono a sovrapporsi, quando addirittura non vi sono dei con attributi pressoché identici (come nel caso di Apollo e di Helios, entrambi assimilati al culto del sole).
Ciò è dovuto in gran parte al fatto che la cultura greca dei primordi si è formata a seguito della fusione – più o meno pacifica, non esistono fonti certe al riguardo – tra la popolazione mediterranea dei Pelasgi e alcuni popoli indoeuropei provenienti da nord, tra i quali il gruppo predominante fu quello degli Achei.
I Pelasgi erano prevalentemente sedentari ed agricoltori, per cui essi collocavano la dimora delle loro divinità nella terra, per loro fonte di sopravvivenza;
le divinità maggiori erano per lo più legate all’elemento femminile (come Hera e Gea), in quanto artefice del miracolo della maternità e della fecondità;
le civiltà mediterranee ci hanno offerto più di un esempio di manifestazioni artistiche e religiose legate al culto della Potnia, l’antica Madre Terra (come i templi megalitici di Malta).
Gli Achei ereditavano invece un passato da nomadi, per cui i loro dei ‘risiedevano’ in cielo, unico elemento stabile per i popoli senza fissa dimora. Normalmente, le divinità principali erano connesse all’elemento maschile (come Urano e Zeus).
Dalla fusione tra queste due religioni nacque il primo pantheon greco, che sin dall’inizio si presentò quindi piuttosto eterogeneo.
In questa fase, i Greci identificavano il sacro con le forze naturali (pare che gli dei più importanti fossero Poseidon e Demetra), per cui la divinità veniva raffigurata simbolicamente con un aspetto animale, ovvero metà uomo e metà animale (in alcuni casi, addirittura, la divinità è rappresentata come una orrida commistione tra animali diversi): tale iconografia religiosa è nota anche come “naturalismo”.
Successivamente, tale concezione venne superata identificando il sacro con elementi tipicamente umani e anche gli dei vennero raffigurati in forma umana, anche se idealizzati (“antropomorfismo”):
i figli di Crono e i loro discendenti erano raffigurati come degli umani “perfetti”, in quanto erano immortali, ma con tutte le passioni e i vizi degli uomini: dall’amore alla collera, dall’amicizia alla gelosia.
Quando Esiodo si apprestò a scrivere la sua Teogonia, aveva davanti a sé una pletora di dei; la genialità del grande scrittore greco fu quella di immaginare una genealogia divina in cui trovavano spazio gli Dei della Prima Generazione, più vicini al Caos che all’ordine (raffigurati, come si è detto, come animali o mostri), destinati tuttavia ad essere spodestati e superati dagli Dei della Seconda Generazione (raffigurati, invece, in forma umana).
L’amore di Esiodo per la Dike (la Giustizia) non gli consentiva di concepire la storia come una guerra continua, per cui egli ritenne che la stabilità potesse essere trovata unicamente nel Cosmo e non in una eterna guerra tra generazioni.
La lotta di Zeus contro Tifeo è l’ultimo atto di violenza prima della instaurazione di un nuovo ordine, in cui c’è spazio anche per l’armonia tra vecchi e nuovi dei; è solo in questo contesto che si può comprendere veramente il significato che ebbe, per gli antichi Greci, l’aspro conflitto e la successiva, definitiva riconciliazione tra Zeus e il Titano Prometeo, che per amore dell’umanità aveva rubato dall’Olimpo il segreto del rosso fuoco.
Tale costruzione poetica e religiosa trova la sua eco nella cultura greca dei secoli successivi e permea tutte le opere del grande tragediografo Eschilo.
di Daniele Bello
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