La secolarizzazione della storia
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La secolarizzazione della storia
La produzione storiografica italiana del XIII secolo è multiforme; generalmente si scrivono cronache in latino, ma alcune notevoli sono state scritte in volgare e in francese.
È sempre forte la presenza dei cardini fondamentali, ovvero l’enciclopedismo e il teologismo.
L’exemplum è ancora la più ovvia forma di storiografia e si risolve naturalmente nell’agiografia. Di conseguenza la più alta forma di narrazione storica era considerata, al tempo, quella ecclesiastica.
Il teologo domenicano Tolomeo da Lucca nella sua Historia Ecclesiastica propone una compilazione storica enciclopedica che parte dalla nascita di Cristo e che include aspetti politici come i limiti del potere laico e i rapporti tra la Chiesa e il Regno di Napoli.
Altri storiografi particolarmente noti sono il domenicano Giovanni Colonna e Riccobaldo da Ferrara.
Accanto a opere simili cominciano a diffondersi le cronache municipali, i primi tentativi di superare il modello tradizionale. In questo nuovo modo di fare storia non si parte più dalla Creazione, piuttosto si focalizza l’attenzione sugli eventi di cui si è stati testimoni o addirittura protagonisti.
Emergono così le passioni politiche di chi scrive, l’orgoglio comunale, le opinioni pro o contro un determinato personaggio.
Questa nuova storiografia militante, prodotta in latino, in francese e in volgare e trae materia dagli avvenimenti del tempo, oppure si raccoglie attorno alle sue figure rappresentative.
La rigogliosità di tale produzione indica il diffondersi di interessi più concreti e mondani; le passioni politiche vi trovano giustificazione e sfogo, e spesso si affaccia in questi scritti un sentimento più moderno di Stato, il ricordo della Roma antica diventa emblematico della grandezza del presente.
Comincia così a realizzarsi la secolarizzazione della storia che porterà più avanti all’umanesimo.
Le cronache in latino sono sempre più dotte, seriose e apprezzate di quelle in volgare, che risultano maggiormente vivaci e spontanee.
De Rebus gestis Federici II di Jamsilla è animato da un forte spirito polemico, così come i Rerum Sicularum Libri di Saba Malaspina, entrambe volte a narrare le vicende della dinastia Sveva.
Le cronache venete, invece, sono incentrate sulla figura di Ezzelino da Romano, signore ghibellino di Vicenza, Verona e Padova accusato di atrocità ed eresie. Su di lui scrivono anche Parisio De Cerea e Rolandino Da Padova.
Il personaggio di maggior rilievo letterario della storiografia latina è Salimbene De Adam, per la sua capacità rappresentativa e per la lingua caratteristica.
Nella sua Chronica, che ci è giunta incompleta, egli narra gli avvenimenti italiani dal 1212 al 1287, ispirandosi soprattutto al suo principio “se non vedo, non credo”. La forma dell’opera ricorda quella del diario, arricchito da aneddoti pittoreschi, ricordi, ritratti e talvolta lunghe digressioni didascalico-pedagogiche.
La Toscana è la regione più ricca di documenti storiografici in volgare: a partire dai vari ricordi e documenti domestici di banchieri, alle lettere dei mercanti, alle cronache vere e proprie (dalla rozza Cronichetta lucchese, ai Gesta Florentinorum, all’Istoria Florentina di Riccardo Malaspini).
Con l’affacciarsi dell’opinione politica dell’autore, il moralismo e il teologismo vengono degradati a sfondo o cornice dell’intera opera, e progressivamente si laicizza la visione del mondo.
In tale contesto prende corpo il Milione di Marco Polo, scritto sotto dettatura da Rustichello Da Pisa durante la detenzione di entrambi nel carcere di Genova.
Il testo nasce come libro di memorie di un mercante ed è destinato ai mercanti, ma di fatto rappresenta molto di più. La narrazione dai toni epici racconta il fasto della civiltà orientale attraverso gli occhi di un giovane che scopre le meraviglie del mondo.
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