Il pianoforte – parte 2 di 3
IL PIANOFORTE parte 2 di 3
La giovane si accorse subito che la madre aveva qualcosa di insolito, a quell’ora la trovava sempre impegnata in cucina alle prese con il focolare a carbone, quel giorno invece la trovò seduta a fissare un mobile che la mattina, quando era uscita, non c’era. Anche il divano non si trovava nel suo posto abituale.
Più che preoccuparsi di quel mobile insolito si preoccupò della madre che sembrava perduta nel vuoto. Aveva lo sguardo assente, come se stesse sognando a occhi aperti. La piccola la scosse un po’, per farla svegliare da quella specie di sogno che stava vivendo.
“Mamma, cosa ti prende, che succede? – intanto la scuoteva per un braccio.
Grace sobbalzò al contatto e, alla vista della figlia, si riprese subito.
“Oh! Piccola sei già a casa, perché che ore sono?”
“Il solito, le diciotto e trenta, l’orario di quando rientro a casa”
“Scusami cara, ma sono un po’ sfasata, oggi sono accadute alcune cose che mi hanno distrutta. Ho già messo a cuocere le patate, anzi vai a vedere tu se sono cotte, mi fai il piacere? Io ho qualche problema al momento, poi ti spiego.”
La ragazza si allontanò un attimo per andare in cucina e tornò subito andandosi a sedere accanto alla madre.
“Allora mamma, adesso mi dici cosa ci fa quel coso in casa nostra e che sembra ti stia ipnotizzando?”
“Emma, mi meraviglio di te, quello non è un coso, è…”
“Non ti ho chiesto che cos’è, ho detto cosa ci fa quel pianoforte in casa nostra, stamattina non c’era e in teoria non dovrebbe trovarsi là, è alquanto strano non trovi? Vuoi dirmi qualcosa in merito?”
“Certo cara, certo! Solo che non so da dove cominciare. La cosa è talmente inverosimile che anche io ancora non riesco a capacitarmi, lo guardo e non ci credo.”
“Allora?”
“Ecco, – si decise a rispondere la madre – tutto è cominciato questa mattina. Un grosso furgone, di quelli che fanno le consegne di oggetti ingombranti si è fermato davanti casa e io sono uscita per chiedere…”
Grace con calma continuò a spiegare alla figlia tutto quello che era successo fino al momento in cui lei l’aveva trovata assorta a fissarlo.
“Allora vuoi dire che adesso siamo proprietari di un pianoforte! Pensi davvero di tenerlo? Non ti sembra un po’ eccessivo per la nostra famiglia, che cosa possiamo farci con quel trespolo? Da quanto mi hai detto lo sai suonare, ti dispiacerebbe accennarmi qualcosa, giusto per sentire che suono ha e cosa sai fare? Sai che non mi dispiacerebbe imparare, hai visto mai, potrei anche fare una carriera come cantante, tu suoni e io canto.”
“Dai Emma, non scherzare resta con i piedi per terra, quel piano non può stravolgere la nostra vita. È vero ci è stato regalato, non ci costa nulla e non richiede spese, possiamo tenerlo. Ogni tanto suonare qualcosa, penso, farebbe bene a me e anche a te, per farti dimenticare lo schifo di vita che conduciamo. A proposito vado a togliere le patate, saranno scotte ormai, stasera le mangeremo schiacciate con burro e sale.”
Mentre la madre era in cucina, Emma vinta dalla curiosità, si avvicinò al piano e fece scorrere le dita su tutta la tastiera. Il suono si ripercosse in tutta la casa facendo sobbalzare Grace che era alle prese con le patate bollenti, per poco non fece cadere tutto a terra.
“Emma! – le urlò dietro- non toccare per piacere, non voglio far accorrere tutto il vicinato. Non posso suonarlo quando mi pare, ci sono degli orari e poi i nostri vicini non sono così bravi come credi, cominceranno a fare domande e a credere che magari abbiamo vinto qualche lotteria e subito ci diamo delle arie, magari possono mettersi in testa strane idee.”
“Accidenti a loro, – esclamò Emma arrabbiata- possibile che una persona in casa propria non possa fare quello che vuole, a chi diamo fastidio? Dobbiamo vivere come dicono loro? Non mi sembra giusto, ecco!”
“Piccola, purtroppo il mondo va avanti con delle regole che tutti dobbiamo rispettare, anche a noi potrebbe dare fastidio se qualcuno, magari il signore di sopra, si mettesse a suonare la tromba a ogni ora del giorno, non ti pare?”
“Va bene ho capito, ma allora quando potrò sentire un po’ di musica?”
“Adesso è quasi ora di cena, per quello che c’è da mangiare ci spicciamo presto, magari subito dopo, credo che una suonatina la si possa fare. Adesso aiutami a apparecchiare la tavola.”
Consumata la parca cena le due donne si ritrovarono sul divano, chiacchierarono per un po’ poi Grace andò a sedersi allo sgabello per prepararsi.
Se la mattina aveva suonato con disperazione e rabbia adesso che era calma e preparata pensò per un attimo a cosa poteva suonare, non ricordava molto delle sonate che faceva da giovane, qualche accenno, un ritornello e poco altro.
La ragazza la seguiva con curiosità, vedere la madre seduta davanti a un pianoforte era una scena che non avrebbe mai potuto immaginare. Le venne in mente un motivo che spesso aveva sentito in strada canticchiato, specie al parco, da persone anziane.
“Mamma la conosci quella che si chiama Greensleeves? ha una melodia stupenda”
“Cara bambina, certo che la conosco è la nostra più bella canzone, proprio quella che cercavo di ricordare, speriamo che mi ritorni in mente, è davvero bellissima.”
Dopo aver risposto alla figlia, Grace appoggiò le dita sui tasti e dolcemente cominciarono a muoversi, leggere come ali di farfalla, a ogni tocco ne usciva una musica soave, volteggiava per l’aria tanto da far chiudere gli occhi a Emma che sembrava trovarsi su una nuvola in balia di una brezza profumata.
La musica continuava a riempire lo spazio e uscì ancora una volta dalle finestre, inondando il condominio con quel suono che sembrava provenire direttamente dal cielo stesso. La vecchia Guendy si affacciò e vide che anche gli altri abitanti del palazzo erano tutti affacciati alle finestre a inebriarsi di quella musica.
Grace ormai aveva preso la mano e continuava a suonare rapita, essa stessa, da quella musica. Quando di colpo smise di suonare si senti per tutto il palazzo un applauso convinto e prolungato, tutti avevano apprezzato molto e stavano riconoscendo a lei un ringraziamento.
Emma ripresasi, andò ad abbracciare la madre, commossa e quasi piangente, non pensava che lei potesse essere così brava nel suonare quello strumento.
“Oh! Mamma, sei stata fantastica, non immaginavo che potessi essere così brava, tenevi nascosta questa tua dote. Il piano deve restare qui per sempre, chiunque vorrà dire o fare qualcosa in senso contrario dovrà fare i conti con me, non permetterò a nessuno di privarmi del piacere di ascoltare la tua musica, devi fare allenamento e imparare tante belle canzoni. Almeno allieterà la nostra esistenza. Chi ti ha fatto questo regalo forse voleva proprio questo, alleviare le tue disgrazie. Se solo sapessimo chi ci ha fatto questo dono, tu non hai nessuna idea in proposito?”
“No cara, non ne ho idea. I miei parenti o sono morti o sono troppo impegnati a vivere la loro vita, non si preoccupano certo di me. La vecchia Guendy, che come puoi immaginare è corsa subito qui a vedere, ipotizza ci sia la mano di Babbo Natale, dico alla sua età si può essere più svaniti di così. Io che scrivo la letterina per avere un pianoforte! Figurati! Dopo anni di questa vita mi ero dimenticata che esistessero ancora questi aggeggi.”
Mentre stavano parlando il campanello della porta suonò e, il suono rimbombò come un colpo di cannone, trasalirono entrambe, poi Emma andò ad aprire la porta.
Fuori c’erano due donne, erano due vicine del condominio, due che in tempi normali evitavano anche di salutare la madre, ritenendola al di sotto del loro livello sociale-
“Buona sera Emma cara, vuoi dire alla tua mamma che vogliamo parlare con lei?”
“Prego accomodatevi, non fate complimenti, a cosa dobbiamo la vostra gradita visita? – Emma nel rispondere non aveva evitato di calcare l’accento sul termine gradita, a testimoniare la sua riluttanza a parlare con quelle due”
“Hai ragione cara ad avercela con noi, non siamo state sempre corrette e oneste con voi, ma non era per cattiveria, è che non sapevamo e quando non si conoscono le persone, possono nascere degli equivoci, siamo qui per questo, per parlare con tua madre, per riprendere magari un discorso interrotto.”
“Bene signore, la mamma sarà subito da voi, voi conoscete bene la casa in quanto è uguale alle vostre, almeno quelle sono tutte uguali, venite a sedervi qui in sala sul divano, quello lo abbiamo.”
Le due donne, urtate dai modi poco cordiali della ragazza si sedettero con disappunto, ma non tralasciarono di osservare bene l’intruso che era al centro della parete di fronte a loro.
“Avete visto signora Ester, cosa vi avevo detto, hanno preso un pianoforte, come hanno fatto è davvero incredibile, non possono mangiare, sono tra le famiglie più povere del caseggiato eppure adesso hanno un piano. Forse deve essere frutto di un furto su commissione, stamattina ho visto il furgone che lo ha scaricato, mi è sembrato quello solito che fa le consegne. Certo che è strano, molto strano, prendere un pianoforte, non crede?”
“Ha ragione signora, stamattina ho visto anch’io dalla finestra, il furgone che lo ha consegnato, gli hanno fatto firmare anche la ricevuta, io abito al primo piano, lei lo sa, ho visto tutto, quello che non ho visto è stato il pagamento, non ha pagato nulla, ha solo firmato e quelli se ne sono andati.”
“Mah! Certo è un bel mistero, ma a parte questo, l’ho sentita suonare ed è davvero brava, chissà dove ha imparato a farlo, forse in un’altra vita.”
“Io sono venuta con lei per chiedere se magari se la sente di dare qualche lezione al mio piccolo, a lui piace tanto la musica, non credo che possa rifiutare, se viene ricompensata, le conviene eccome!”
Le due signore parlavano e non si accorsero che Grace intanto era venuta dalla cucina e le stava guardando. Avere quelle due donne in casa significava che ora la riconoscevano come una degna di visita, si degnavano di parlare con lei, quando fino al giorno prima la ignoravano deliberatamente.
“Buongiorno signore. È un vero piacere ricevere una vostra visita, a cosa debbo un tale onore?”
“Oh mia cara Grace, non la prenda a male, ma sono tempi duri per tutti e a volte capita che una si sente fuori dal mondo, presa dai propri problemi. Ci scusiamo per questa intrusione in casa sua, ma siamo state attratte dalla musica. Una melodia che conosciamo bene come ogni inglese che si rispetti, ma mai sentita suonata con tanta perizia e passione. Non sapevamo da dove proveniva, ma seguendo la melodia siamo arrivate da lei. In verità non pensavamo fosse lei, sappiamo le difficoltà che sta affrontando e avere un piano non è cosa da poco.”
“Se permettete i miei problemi riguardano me e la mia famiglia, non credo debbano essere di dominio pubblico, non vi pare?”
“Certo, mia cara, certo ognuno ha i suoi, non era questo quello che volevamo dire, deve ammettere anche lei che dopo anni e anni di ogni tipo di rumori molesti, in questo condominio, di punto in bianco sentire una melodia così è stata una grossa sorpresa e scoprire che era lei l’artefice, lo è stata ancora di più.”
“Comunque vogliamo fare i nostri complimenti per la sua bravura. Questo non si discute, è brava e basta!”
“Vi ringrazio per i complimenti ma tutto questo dove ci porta? Non ditemi che siete venute solo per fare i complimenti, cosa altro c’è? Qual è il vostro vero scopo?”
“Ha ragione, siamo venute per chiederle una grossa cortesia, una cosa che ancora non sappiamo se lei l’accetterà o meno, noi ci contiamo molto, poi sta a lei decidere.”
“Solo perché abitiamo in questo tugurio di palazzo non è detto che ognuno di noi non abbia aspirazioni o il desiderio di migliorare anche solo un po’ la propria vita. Visto che lei è così brava che ne direbbe di dare qualche lezione ai nostri figli, io ne ho solo uno, Mark, a lui piace molto la musica, ma per ovvie ragioni non possiamo certo mandarlo a scuola in accademia, ci potremmo accontentare di fargli prendere qualche lezione di piano così almeno comincia a prendere confidenza con lo strumento, poi si vedrà se è portato e risponde, oppure sarà meglio lasciar perdere.”
“Per me, invece, cara Grace, i figli sono due e entrambi vorrebbero emergere nei confronti dei loro compagni di scuola, dimostrare che sanno suonare il piano sarebbe una cosa che farebbe aumentare la loro autostima. La prego anche a nome della mia amica qui con me di accettare questa incombenza. Naturalmente sarà ricompensata per quello che farà, non chiediamo niente a titolo gratuito, non esiste, se lei deve essere impegnata con i ragazzi è giusto che sia pagata per il suo lavoro.”
Grace le guardò stupita, non si aspettava certo una richiesta del genere da parte di due delle peggiori pettegole del palazzo, a sentirle adesso sembravano due gatte morte, ma lei sapeva bene di cosa erano capaci di fare. La proposta delle due, se non nascondeva secondi fini, era allettante, una nuova fonte di reddito in quel momento era la benedetta, non poteva capitare in un momento migliore.
Quello che la tratteneva era il dubbio che quelle due volessero giocarle uno scherzetto, fare finta di volerla aiutare per poi ridicolizzarla, dicendo che era uno scherzo, come poteva pensare lei, la reietta del palazzo, sperare di fare da maestra ai loro figli. Non sapeva come uscirne senza fare un pasticcio.
“Signore, voi mi confondete, non credo di meritare questi complimenti, è vero posso strimpellare qualche motivo sul piano, perché in un tempo lontano lo facevo spesso, ma da qui a dare lezioni ne passa. Erano anni e anni che non mettevo le dita su un pianoforte, sono arrugginita e finirei per insegnare delle cose inesatte ai vostri figli.”
“Cosa dice Grace, non faccia la modesta adesso, credo di capire la sua situazione, noi siamo state sempre ostili nei suoi confronti e ora ha difficoltà a prenderci sul serio. Le chiediamo scusa per quanto detto o fatto in passato, deve crederci, siamo state veramente colpite dal suo modo di suonare, si sente che conosce la musica molto bene.
Allora facciamo così, lei ci pensi, noi adesso andiamo perché stanno per arrivare i nostri mariti e dobbiamo preparare per la cena. Più tardi questa sera se può suonare ancora qualcosa, la facciamo sentire anche a loro, siamo sicure che saranno entusiasti, ripeto lei è brava. Domani magari ci farà sapere la sua risposta, noi siamo in buona fede deve crederci.”
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.