Il Natale di Kira

La classe era in fermento, i ragazzi smaniavano in attesa della campanella di fine lezione. Era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie. Il Natale era la festa principale e più importante per tutti i ragazzi. Racchiudeva tutto quanto di meglio potessero desiderare. Niente scuola, vacanze lunghe, una festa continua e regali, regali che arrivavano da ogni parente, genitori, zii, nonni e persino da vicini di casa generosi. La preparazione dell’albero e in alcuni casi del presepe li avevano tenuti impegnati, quel minimo d’impegno profuso nei preparativi era ormai dimenticato, ora si aspettava solo il grande giorno.

Tutta la classe sotto l’occhio vigile ma permissivo dell’insegnante parlava ad alta voce, si erano formati capannelli fra gli amici più intimi.  Le ragazze già parlavano dei regali che aspettavano, avevano fatto anche la letterina a babbo natale e discutevano sull’esito delle loro richieste.

Mentre la professoressa li teneva d’occhio vide Kyra, la ragazza di colore etiope arrivata nella loro classe all’inizio dell’anno, che se ne stava in disparte, da sola. Non partecipava all’euforia generale, restava seduta compostamente e con il viso triste.

La prof si accorse del suo disagio e intuì che, forse, tutte quelle manifestazioni dedicate al consumismo sfrenato delle festività non la coinvolgevano. Decise di intervenire, non poteva permettere una situazione del genere, era decisa a far rendere conto al resto della classe che, pur essendo appropriato essere allegri per l’occasione, la festività non si limitava a quel modo consumistico di omaggiare una ricorrenza religiosa.

“Ragazzi per favore, adesso calmatevi un po’, manca ancora del tempo per la campanella e non voglio passare tutto il tempo in questo frastuono. Adesso fate silenzio e ascoltate.  Capisco che siete su di giri perché ora andrete in vacanza e siete ansiosi di quello che succederà. D’accordo, ma voglio che osserviate la vostra compagna Kyra, la vedete? Lei è sola, anzi, si sente sola pur stando in mezzo a voi, non partecipa alle vostre esuberanze, questo non vi dice niente?”

“L’abbiamo vista prof, è lei che non si unisce a noi. Perché non lo fa? Non l’abbiamo mica allontanata, ci farebbe piacere se anche lei festeggiasse insieme a noi. Non abbiamo fatto o detto niente che possa averla offesa.”

“Avete ragione, nessuno si è comportato male e vorrei pure vedere, vi avrei fatto pentire amaramente di questo, il discorso è un altro. Voi pensate che tutti festeggino il Natale come lo fate voi, con migliaia di luci, alberi addobbati e regali, doni, dolci a fino a scoppiare, ma non è così. Il Natale, voi dovreste saperlo benissimo, visto che fate catechismo, rappresenta la nascita di Gesù, una data che riguarda noi cattolici, per le altre religioni questa data non significa nulla, questo vi risulta almeno?”

“Certo prof, ma da quello che ci ha detto Kyra è cristiana anche lei, dovrebbe festeggiare con noi. Perché si è messa in disparte?”

“Credo che meglio di lei non ce lo può dire nessuno, adesso le chiederemo direttamente di spiegarci il suo atteggiamento. Io credo di conoscerlo, ma è opportuno che sia lei a dirlo, così vi renderete conto che il mondo non è solo quello vi riguarda da vicino, ci sono tante realtà diverse dalle nostre ed è bene imparare a conoscerle. Vieni Kyra, vieni vicino a me e raccontaci del tuo Natale.”

La ragazza lentamente e con il viso rivolto verso il pavimento si avvicinò alla cattedra.

“Brava Kyra, allora, ci vuoi raccontare come festeggiate il Natale voi in Etiopia? Io per prima sono curiosa di conoscere altre tradizioni. A volte ci dimentichiamo che nel mondo ci sono tantissime differenze e ci rifugiamo solo in quelle che ci hanno tramandato i nostri antenati e peggio ancora, assimiliamo usanze di altre culture facendole nostre, vedi l’albero di Natale.

È una tradizione di derivazione anglosassone e dei paesi del nord, niente che ci riguardasse eppure ormai facciamo solo quello, abbandonando il presepe che invece era la nostra tradizione.

Anche quella cosa inqualificabile di Halloween, ha sostituito in toto vecchie usanze che riguardano il culto dei morti. In Italia questo culto si può dire che esisteva ancora prima della scoperta dell’America e ora, loro, ci hanno quasi imposto la loro usanza. Beh! Adesso lasciamo stare questi discorsi e parlaci di te, tu sei nativa dell’Etiopia, vero?”

“Sì – ripose con un filo di voce Kyra – i miei genitori sono etiopi, ma io sono nata in Italia. Sono cresciuta qui e ho appreso tutto di voi e delle usanze che avete, ma nella mia famiglia che è molto tradizionalista, si usa ancora la tradizione etiope.  La data del nostro Natale non corrisponde al vostro, per noi è il sette di Gennaio e dura due giorni.”

“Molto interessante, avete sentito ragazzi, ecco già la prima differenza, credo che non finisca qui, vero Kyra?”

“Certo prof, il nostro Natale è principalmente una festa religiosa, come giusto che sia. Dedichiamo quasi tutto alla parte religiosa e poco o niente a quella commerciale ed esibizionista. La nascita del Cristo non è uno spettacolo da circo. Voi da quanto ho visto in questi anni invece dedicate la maggior parte delle vostre energie ad addobbare le case con tutte quelle luci, a indebitarvi persino per fare montagne di regali, per non parlare dello spreco alimentare che fate.

Se si potesse tramutare in vero cibo quello che voi mettete in tavola in quei giorni si potrebbe sfamare mezza Etiopia. Noi siamo un paese molto povero e pieno di problemi, il vostro Natale è troppo per noi. È esagerato in tutte le manifestazioni.”

“Non è proprio del tutto vero Kyra, – la interruppe la prof – anche noi sentiamo la solennità della ricorrenza, non credere che siamo solo feste e cibo, la parte religiosa viene seguita con fede e trasporto.”

“Ho seguito le vostre cerimonie prof, ma non sono rimasta colpita in modo particolare. La parte religiosa è minima rispetto a quello che fate con i consumi. Noi siamo cristiani copti, sentiamo in modo più intimo la religione, che va rispettata sempre e senza deviazioni.  Le feste di Natale sono chiamate “Genna”. Quando arriva il tempo del Genna, ci si riunisce tutti, chi può fa un viaggio verso la città di Lalibela. In quel posto ci sono le più grandi e belle chiese rupestri di Etiopia.”

 “Una specie di città santa da quanto capisco. Deve essere una cerimonia interessante, puoi descriverla?”

 “Io ho partecipato una sola volta, non so di preciso, ma da quello che mi raccontano i miei genitori, si svolge più o meno così. Si formano delle lunghissime processioni, migliaia di persone vanno verso la collina, dove c’è la chiesa madre. Le nostre chiese sono costruite nella roccia e fatte in modo da permettere ai fedeli di poterci girare intorno. Infatti, durante il Genna ci si riunisce tutti e si fa la processione per avvicinarsi al tempio.

Quando si arriva, vengono distribuite delle candele, una a testa e, con quella accesa, si devono fare tre giri intorno alla chiesa, dopo si può assistere alla santa messa. Alla fine, è distribuito il pane e il vino benedetti dai sacerdoti, prima della funzione. Dopo ci dedichiamo alla festa.  Canti, balli per inneggiare alla nascita del Redentore.”

Uno dei ragazzi interruppe il racconto per chiedere:

“Se ho capito bene, allora, il vostro Natale si riduce a una processione e una messa, poi solo qualche ballo, non fate niente in casa tipo il presepe o l’albero? Un bel pranzo con tanti piatti saporiti e tantissimi dolci.”

“Non proprio così, anche noi facciamo il pranzo rituale, che consiste in un piatto di pollo piccante accompagnato da un pane che si chiama Injera, sono delle specie di frittelle lievitate, che servono per accompagnare il pollo.

Dimenticavo di dire che tutti sono vestiti di bianco. Noi difficilmente indossiamo abiti di tipo occidentale, abbiamo le nostre vesti che dovreste conoscere, sembrano lenzuoli indossati a caso, ma in un posto dove il caldo è micidiale, quei vestiti proteggono il corpo ed evitano di sudare.  Gli adulti possono indossare anche lo “shamma”, una specie di scialle sempre bianco che è anche un segno di distinzione.”

“E regali per voi bambini niente? Una festa così importante, noi bambini aspettiamo con ansia Babbo Natale che ci porta i regali. Lui esiste per portare i doni a tutti i bambini del mondo, anche a voi!”

 La ragazzina che stava facendo la domanda non riusciva a capire di come si possa festeggiare il Natale senza i regali per i bambini, venivano meno tutte le sue convinzioni sull’esistenza di Babbo Natale, era lì perplessa ad ascoltare le usanze di Kyra e non capiva. 

Lei stava descrivendo una cosa noiosa, la messa, un pranzo con i parenti e balli e canti, quasi tutti religiosi, tutto qui! Le sembrava un giorno qualsiasi, una domenica come capitava anche a lei, ma niente che assomigliasse a una festa fra le più seguite nel mondo.

La prof approfittò della pausa per cercare di chiudere il discorso, era inutile far spiegare ancora delle tradizioni che i ragazzi non riuscivano a capire. L’orario di fine lezione era vicino e voleva evitare di lasciare Kyra da sola con la confusione che avrebbero creato i ragazzi proiettati verso le vacanze.

“Bene Kyra, può bastare, come hai sentito questi tuoi amici non capiscono ancora le differenze. Vedrai che piano piano ci arriveranno. In sostanza crediamo di aver capito che tutte queste nostre esibizioni e ostentazioni a te non sono gradite, non sei abituata ancora ai nostri costumi consumistici. Forse vorresti andare al tuo paese per rivivere le emozioni che sono familiari. La difficoltà, penso che siano le date.  perché il sette gennaio non potrai andare a festeggiare al tuo paese, proprio il sette, ricominciano le lezioni. In questo periodo di feste scolastiche cosa farai? Ti farai coinvolgere dal nostro spirito natalizio o resterai a casa a guardare il nostro spreco?”

“Non lo so prof, non so mio padre che intenzioni abbia, se dobbiamo restare a casa studierò e, se mi riesce, tenterò di convincere i miei genitori a rivedere un po’ le usanze, magari avvicinarsi un po’ alle vostre.  So che sarà quasi impossibile, si può scherzare con le usanze delle feste, dei giochi e dei regali, ma con la religione, mai!

A me non dispiacerebbe ricevere qualche regalo, non credo sia proibito, le nostre funzioni religiose le facciamo con tutto il cuore e la fede che serve, però qualche trasgressione si potrebbe ammettere. Io adesso sono italiana e devo vivere qui tutto il resto della mia vita, credo che dovrò adattarmi.  Certo non dimenticherò le mie origini.”

A queste parole, i ragazzi sbatterono le mani, urlavano per le parole dette dalla compagna. Nello stesso momento il suono della campanella si diffuse in tutta la scuola e un urlo dirompente si levò nell’edificio.

  

di Lorenzo Barbieri

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