IL FIUME E IL DESERTO – Parte tredicesima: L’ombra di Iside
Maggio. Anno del Signore 1530
La Festa dello Sposalizio del Mare e del Cielo si era svolta, come se l’ombra della guerra imminente fosse stata dimenticata per un giorno. Il Doge aveva compiuto il rito lanciando il tradizionale anello legato a un piccolo ornitottero dal Bucinvolo. Dalla grande galea volante aveva salutato la folla dei cittadini con i nasi in aria. A quella distanza nessuno avrebbe notato la sua espressione preoccupata.
Il rito era stato compiuto meccanicamente, mentre i suoi pensieri erano da tutt’altra parte. Le rivelazioni della gemella di Iside non state erano certo confortanti. Ora, sia lui che Fioravante sapevano la verità ma si era molto lontani da una soluzione del problema.
Due gemelle, Fatima e Basma, ciascuna in contatto con il Messaggero chiamato Iside. Basma con la parte devota alla Luce, Fatima a quella tenebrosa. Basma con poteri vaticinanti eccezionali. Fatima incapace di sapere cosa sarebbe accaduto un minuto dopo, ma dotata di un potere ipnotico capace di togliere la volontà a soggetti non protetti da Messaggeri.
E la madre, capo della comunità beduina pagana aveva mantenuto il segreto di avere due gemelle. Per anni le ragazze erano uscite dalla tenda a turno. E alla morte della madre, Fatima aveva ipnotizzato e soggiogato la sorella sfruttando le doti vaticinanti di quella, facendola passare per mummia parlante. Protetta da un Messaggero, Basma aveva mantenuto la propria volontà seppur paralizzata in quello stato catalettico.
Fioravante proponeva ogni volta un piano per liberare Basma. Uno più irrealizzabile dell’altro. L’unica speranza era il gruppo d’azione inviato con il Proteus. Anche se le possibilità di quel pugno di uomini contro un esercito di beduini, samurai e automini erano minime.
***
Fioravante sentì i passi. Socchiuse gli occhi fingendosi addormentato e osservò quanto stava accadendo. Due donne entrarono al di là delle sbarre scortate da otto persone. Una era senza dubbio Iside. L’altra, Freja. Con la coda dell’occhio vide la sovrana premere l’anello che portava al dito contro una serratura. Una sezione delle sbarre si aprì, scorrendo di lato.
Tre dei soldati erano beduini, tre, samurai; gli ultimi due erano neri e portavano un tronetto. Mentre i sei guerrieri e Freja restavano fuori, Iside e i portatori entrarono. Il sarcofago contenente la gemella della sovrana venne aperto; i due uomini sollevarono la finta mummia e la posero a sedere.
Mentre uscivano, Fioravante udì le parole di Freja al di là delle sbarre.
«Questa sarà probabilmente l’ultima profezia che la morta ci darà. E anche l’ultima volta che sarò costretta a perdere tempo prezioso a controllarti. Allo scoppio della guerra sarà Satanico a portare al collo il Sole all’Orizzonte. Lui non crede ai talismani e né io ne tu ci troveremo in conflitto per il possesso di un oggetto che è la carta vincente per una causa comune e non per le nostre mire personali.»
Le sbarre vennero richiuse e il corteo uscì lasciando dietro di sé il silenzio.
***
«Siamo ormai a poche miglia dalla base segreta nemica» informò l’agente Ahmed.
Arrivati a una duna, il Condottiero Tagliaferri sfoderò un iperscopio. Lo allungò accingendosi a spiare il panorama al di là della collinetta sabbiosa.
Capitan Angelo notò subito l’espressione esterrefatta dell’amico.
«Cosa c’è?» chiese.
«Guarda tu stesso, mai visto nulla di simile.»
Angelo infilò l’occhio nell’apparato e vide dieci colossali ogive parcheggiate nella vallata, con il simbolo di un sole rosso uno scarabeo e un lampo.
«I nuovi prototipi di portaornitotteri, li hai visti anche tu, niente di nuovo, a parte il fatto che…»
«Che questi qua ne hanno prodotti molti più dei nostri. Non solo ci hanno rubato il progetto ma ci hanno anche superato.»
Angelo scrutò ancora e aggiunse.
«E hanno trasportato un’armata. E adesso chi riesce ad avvicinarsi a quel formicaio?»
«Io conosco un passaggio segreto. Se seguiamo questo sentiero riusciamo a penetrare sottoterra.» propose l’agente arabo.
«Tu noi conduce» si intromise Sole Tiepido, palesemente in preoccupato per Luna d’Argento.
Iniziarono a camminare, guardinghi e silenziosi. Angelo tastava la pistola nascosta. Per salvare Loretta e Fulvia era ormai disposto a usarla, come anche Francesco la spada per Silvana e Anna.
Il silenzio venne rotto da passi felpati. Da dietro il wadi sbucò un uomo a cavallo di un cammello.
Angelo fu il primo a sfoderare la pistola, per riflesso. La sua indole pacifica latitava, ora. L’uomo disse qualcosa in arabo. Ahmed tradusse.
«Dice di essere solo un povero cammelliere, ci ha presi per predoni e ci supplica di non derubarlo, ma non ci inganna: parla arabo con accento turco. È di sicuro un agente di quel voltafaccia di Solimano.»
Il cammelliere proferì, questa volta in italiano.
«Ci potete giurare che sono fedele a Solimano, quando ancora era alleato all’Italia. E che qualcuno sta aizzando contro la Repubblica.»
«Mente, è una spia!» insistè Ahmed.
«Chi mente è invece costui. E posso dimostrarlo.»
Detto fatto, scese dal cammello e scaricò le due gerle appese ciascuna a un fianco della cavalcatura. Le aprì mostrando i talismani che tutti riconobbero: un elmo, una corazza, uno scudo e un pugnale.
«Fioravante e gli altri sono stati ingannati dall’altro traditore, Malik, attirati nella base e adesso non sono più tornati. E voi avreste fatto la stessa fine» continuò il turco.
«Ma costui e Malik erano tra i più fedeli agenti della Serenissima, cosa li ha portati a tradirci?» domandò Angelo, più a se stesso che agli altri.
L’arabo afferrò la scimitarra e cominciò ad agitarla, con furia scatenata e gli occhi invasati.
Sole Tiepido sfoderò la versione d’acciaio della mazza mexica, Francesco la sua spada e Angelo puntò la pistola. Mehmet sfoderò la propria.
«Non sparate, se sentono i colpi dalla base siamo finiti» intimò Francesco.
«Li ammazzo tutti, mia regina! Per te, Iside!» ringhiò l’arabo.
«Lui essere posseduto demone, colpa non sua; non potere lui ammazzare» urlò Sole Tiepido.
«Allora lo incantiamo con una bella serenata, come faceva Orfeo coi leoni» intervenne l’agente Musico tenendo in mano un liuto.
«Pierpaolo, smettila di fare lo spiritoso e…» intimò Francesco.
Musico puntò il manico dello strumento e un piccolo dardo partì, colpendo l’arabo al collo. Un attimo dopo il traditore si accasciò al suolo.
«Per qualche ora il narcotico di Orfeo lo terrà nelle braccia di Morfeo. Fa anche rima» commentò Musico, mentre posava il liuto.
***
«Non appena la flotta di Shimada avrà distrutto l’aviazione italiana, i finti svizzeri cattureranno Francesco I. Un’aeronave lo trasporterà in Egitto e tu lo ipnotizzerai. Il Re di Francia e Sacro Romano imperatore diverrà un fantoccio succube alla tua volontà» istruì Lukia, rivolta a Iside.
«Contemporaneamente i falsi lanzichenecchi assaliranno il Palazzo Ducale e faranno prigioniero il Doge. A lui l’onore di viaggiare qui tra noi a bordo dell’ammiraglia del mio fedele shogun.»
Sorrise alla volta della regina d’Egitto e proseguì.
«Quel vecchio bastardo potrà essere ipnotizzato soltanto in presenza del Sole all’Orizzonte, che sarà appeso al collo di Satanico.»
Rivolse lo sguardo all’uomo.
«Purtroppo non basterà ridurre alla nostra volontà i capi di Francia, Impero Germanico e Italia. Quei popoli sono indomabili e anche quando le nostre armate trionfanti calpesteranno quelle terre, il popolo insorgerà. Sarà allora che le nostre quinte colonne agiranno. Flagellanti in Italia e agenti inglesi in Francia, decimeranno i ribelli, spianando la strada a samurai, beduini e automini.»
Mentre ascoltava, Iside pensava a quanto fosse dipendente da poche persone il futuro impero. Dopo aver tolto di mezzo gli altri due, d’un colpo lei sarebbe divenuta sovrana di milioni di persone.
CONTINUA…
di Paolo Ninzatti
Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.
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