IL FIUME E IL DESERTO – Parte terza: I guerrieri del Sole
Gennaio. Anno del Signore 1530
«Finalmente combatteremo la Luce, e con le sue stesse armi» declamò Freja rivolgendosi a Iside. Era notte, e ambo le donne si trovavano a loro agio sotto il cielo nero trapunto di stelle, pur sapendo che, entro poco, il deserto sarebbe stato calpestato da piedi appartenenti a seguaci di Khepri, la versione nascente di Ra, dio del Sole. Dietro a loro, Gabriele taceva.
Faceva freddo nella notte egiziana, ma le due donne non tremavano. L’oscurità era la loro coperta spirituale, anche se disturbata dalle fiaccole di segnalazione. Gabriele, invece, si fregava le mani per scaldarle e batteva i piedi.
La sagoma che si stagliò sopra le loro teste era ancora più nera del cielo e fu quindi abbastanza distinguibile.
Iside ricordò le aeronavi nei cieli di Firenze, quando ancora lei si chiamava Fatima e aveva studiato nella città italiana. Ma quella che si accingeva a posarsi sul suolo del suo regno era di proporzioni inusitatamente grandi. Gabriele ruppe il silenzio e commentò, vantandosi.
«Costruita dagli industriosi uomini del paese del Sol Levante, grazie ai miei disegni, che loro hanno seguito per filo e per segno. Lei e la gemella. Il viaggio da quel paese dura cinque giorni soltanto. Facendo spola come traghetti, entro pochi mesi le due aeronavi avranno trasportato una cospicua armata di samurai. E allora, guai ai turchi!»
Il fracasso dei rotori dell’enorme macchina coprì la voce dell’italiano, lasciando il resto della scena mostrarsi senza bisogno di parole alla tenue luce delle torce, che subito dopo vennero spente.
Il tonfo del colosso a contatto con la sabbia fece tremare il suolo. Un attimo dopo, una grande porta si aprì nella fiancata metallica. Il buio della notte venne violato dalla luce proveniente dall’interno. La vista dei guerrieri dall’aspetto alieno, vestiti in armature e con in mano archibugi a mitraglia sedò il disagio dello sprazzo di luminosità e della bandiera che uno dei guerrieri brandiva, simboleggiante un sole rosso. Immaginò quei fieri samurai in una futura battaglia contro i giannizzeri del Sultano. Il Sole contro la Mezzaluna. Due astri nascenti l’uno contro l’altro.
Il condottiero dei samurai si inchinò davanti a lei, o forse anche davanti a Freja. Iside captò una vaga devozione alla donna venuta dal Nord. La sua superbia venne scossa leggermemte. Non doveva scordarsi che faceva parte di un triumvirato e che senza il supporto di quei due, lei sarebbe stata ancora la maga Fatima, senza gloria e senza futuro. E Gabriele, l’effeminato terzo vir, stava fornendo apparati scientifici per la sua potenza. Un compromesso, come quello di aver assoldato servi del Sole per far trionfare la Notte.
«Duecento uomini, Maestà» proferì Gabriele, «trasportati dalla mia macchina straordinaria.»
«A primavera saranno più di un migliaio» vantò Freja palesemente intendendo i propri soldati. «E ciascuno di loro vale dieci giannizzeri. Sanno combattere con armi da fuoco ma anche con spade e persino a mani nude. Non sanno cosa sia la fuga.»
«E al loro fianco combatteranno gli automini. Neppure loro temono la morte o si ritirano» aggiunse Gabriele come per non essere da meno alla sua alleata, vantando le proprie macchine.
«E i miei beduini del deserto guideranno l’attacco» concluse Iside, come per anticipare che la vittoria egiziana non sarebbe stata solo merito di mercenari stranieri o uomini meccanici.
I samurai camminarono sulla sabbia, decisi, come se fossero nati e cresciuti lì. Freja parlò al loro condottiero e li guidò verso il nascondiglio.
L’aeronave ripartì, sparendo dalla scena prima che il sole nascesse e qualcuno potesse segnalare la sua presenza. Anche gli esseri umani, quelli che erano già là e i nuovi venuti si affrettarono a tornare lontano dagli occhi degli avversari.
***
Le tre aeronavi battevano la bandiera con il Leone di San Marco. Equipaggio italiano, ma stipate di giannizzeri ottomani. Il sole era alto e sotto di loro il deserto mostrava la sua vastità. Mustafà, l’ufficiale che comandava gli ottomani, non vedeva l’ora di menare le mani. L’agente Mehmet e i colleghi italiani erano stati informati da uno sceicco locale che con molta probabilità il covo della maga Fatima e i suoi alleati si trovava dentro una delle antiche piramidi. Dovette suo malgrado ammettere il vantaggio di poter usufruire delle macchine volanti della Repubblica.
Quelle macchine che purtroppo, nel lontano 1515, avevano strappato Costantinopoli alla Sublime Porta. Una grande perdita. A quei tempi aveva difeso la vecchia capitale dagli infedeli, invano. Inshallah, sia fatta la volontà di Dio. Adesso erano alleati contro una minaccia comune. Avevano perduto i possedimenti in Europa, ma l’Egitto bisognava tenerlo, per Allah!
La vedetta urlò e Mustafà corse sul ponte. La piramide era diroccata, sgranocchiata dal tempo roditore. Ma lui sapeva che alla serva dell’Inferno non interessava la superficie, bensì le viscere. Tremò al solo pensiero che Fatima e i suoi seguaci propalassero nel mondo la loro filosofia blasfema. Una religione che si nascondeva sottoterra. Che quegli idolatri si definissero adoratori di Ra, Iside, o altri dei, ma Mustafà era convinto che in realtà quegli infedeli credessero a Satana.
Atterrarono e sbarcarono.
La piramide sembrava disabitata, come del resto le altre che avevano ispezionato invano. Forse quella era la volta giusta, e avrebbero arrestato la monarca dell’Inferno e la sua armata. Li avrebbero impalati tutti! Calmò i cattivi pensieri, sapendo che Solimano aveva fatto un patto con l’Italia secondo cui l’italiano e la danese sarebbero stati processati da giudici della Repubblica. E poi, Mustafà in fondo in fondo non era tanto propenso a condanne tanto inumane. Si stava rammollendo? L’importante era vincere. E la magnanimità verso i vinti era dimostrazione di potenza.
Varcarono la porta antica e si gettarono nelle viscere della piramide. Scesero e scesero.
Incontrarono soltanto vuoto e silenzio millenario.
Ancora una volta restavano con un pugno di mosche in mano.
La caccia proseguiva.
***
Notte. Silenzio. Fioravante, Silvana, Luna d’Argento, Fiona, Anna e Gudrun sedevano nel cerchio magico. Il vecchio druido indossava la corazza della Valchiria, l’Elmo di Odino, stringeva il Pugnale di Kalì e al braccio sinistro aveva lo Scudo di Canuto. Ancora una volta a tentare di carpire l’ubicazione del nascondiglio di Iside e dei suoi alleati. Ma nonostante i talismani e le forze unite di ben sei veggenti, niente di fatto.
«Sempre la stessa visione. Stanze vaste con dipinti egizi. Il concetto di ”tomba” e la sensazione di trovarsi sottoterra. E non troppo lontano da qui. Non possiamo sbagliarci.»
«Eppure anche l’ultima piramide è stata sondata e nelle sue viscere hanno trovato solo spiriti.» concluse Atena. Fioravante riprese con tono frustrato.
«Se solo si nascondessero in cima a una di quelle costruzioni, le cose non sarebbero tanto difficili. Ma sottoterra mi dà dei limiti. Carpisco un vago strano concetto. Non riesco a individuare Iside. A definirla. È come abbia una doppia personalità.»
«Esistono persone che vivono più vite. Fatima si identifica anche nella credenza di essere incarnazione di Iside. Ai limiti della follia» rispose Atena.
«Essere sensitivi non è tutto rose e fiori» lamentò Fioravante. Atena si intromise nuovamente.
«E spesso per guardare in alto non si vede sotto i propri piedi, ripeto. Accidenti a questi qua che per seppellire un morto costruivano quelle robe. Ma non era più comodo scavare una fossa e via?»
Mehmet, l’agente turco, sembrò scuotersi. Come Atena e Fulvia, ogni volta che i sensitivi facevano un viaggio si sentiva tagliato fuori. Notò il dubbio e chiese: «A cosa stai pensando?»
«Conosco un po’ la cultura locale. Si parla sempre di tomba, ma si dà per scontato che questa sia piazzata sotto una piramide.»
«E dove, altrimenti?»
«Esiste una leggenda secondo la quale alcuni faraoni vennero sepolti del tutto sotto terra. Forse è solo una fandonia, ma non sarebbe male prenderla come nuova ipotesi. Se il probabile non dà risultati, bisogna tentare con l’improbabile.»
CONTINUA…
di Paolo Ninzatti
Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.
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