IL FIUME E IL DESERTO – Parte quattordicesima: Corsari e spie

Giugno Anno del Signore 1530

Il sole splendeva riflettendo sprazzi luccicanti sulle onde della laguna. Ma la notte regnava nell’anima di Ferruccio. Non lo consolava il bel tempo e neppure la parata degli alleati, pronti a battersi a fianco della Serenissima.

Era in contatto mentale con Fioravante con la lancia che lui stringeva nascondendola dietro la schiena. Ambedue cercavano di tenere alto il morale ciascuno dell’altro. Ma sapeva che anche se cercava di mandare sole e luce a chi si trovava sotto terra e nell’ombra non avrebbe sedato la rabbia del druido.

Fioravante gli aveva confidato di aver sognato la sconfitta prossima ventura della Serenissima e delle forze della Luce. Il trionfo delle Tenebre era ormai destinato in una realtà parallela. Ma era di vitale importanza sapere come agire per creare una nuova realtà.

Purtroppo Fioravante aveva dimenticato ogni dettaglio del sogno premonitore. Per giorni aveva tentato di concentrarsi e cercare di ricordare, ma inutilmente. Se c’era un’alternativa alla disfatta bisognava affidarsi a informazioni dello spionaggio e non a vaticinii. Mandò un messaggio incoraggiante all’amico prigioniero.

”Non siamo soli: guarda i lanzichenecchi imperiali pronti a battersi al nostro fianco che sfilano. Mi duole soltanto che debbano combattere gli ottomani. Forse un giorno Solimano si accorgerà dell’inganno e allora quei tedeschi affiancheranno i giannizzeri e volgeranno le armi contro il vero nemico.”

”Una sola cosa ricordo del sogno” rispose la mente di Fioravante. ”Anche la Sublime Porta veniva sconfitta. E anche il Papa. L’unica immagine nitida che mi è rimasta in mente sono gli occhi di Iside e il Sole all’Orizzonte.”

”Quindi in qualche modo la regina riuscirà a impadronirsene, a dispetto del controllo di Freja, che ora si fa chiamare Lukia. In qualche modo, l’Impero delle Tenebre del prossimo futuro è già in preda a un conflitto interno tra i Triumviri. Oppure la regina d’Egitto soggiogherà gli altri due.”

Il rullo dei tamburi della sfilata tedesca davanti al balcone sembrò dare coraggio al Doge. E l’embrione di una strategia.

”E se riuscittimo a impedire che Iside si impadronisca del talismano?”

La distanza sembrò accorciarsi non appena l’idea del Doge ispirò Fioravante.

”O ancora meglio, se giocassimo sulla rivalità delle due sul Sole? L’ingordigia fa brutti scherzi e la sete di potere corrompe.”

”Hai un’idea?”

”Non ancora, ma mi hai messo una pulce nell’orecchio. E adesso fammi vedere un po’ di sole veneziano e dei bei soldati in marcia.

”I miei occhi sono anche i tuoi, vecchio guerriero. Guardali”

”A Fornovo eravamo assieme contro i francesi. Un momento…!

”Cosa c’è?”

”Oddio, l’ufficiale che li comanda. Me lo ricordo.”

”Ma mi sembra giovane. A Fornovo doveva essere un…”

”Non a Fornovo. Ma sui miei monti. Era assieme alla  banda di disertori che io e Silvana mettemmo in fuga.”

”Un traditore allora. E come è possibile che…”

”Stai in guardia, Ferruccio.”

                                                                              ***

Selim era stato un corsaro al servizio della Serenissima durante la guerra per la conquista di Costantinopoli. Terminato il conflitto, era stato integrato nelle forze della Serenissima.

Nonostane la maggior parte dei marinai avessero optato per l’aviazione affascinati dall’ebbrezza del volo, Selim aveva preferito rimanere sul mare. Per la precisione, sotto il mare.

Il fascino del progresso l’aveva fatto innamorare dei submarem. Navigare sotto la superficie lo faceva sentire ancora di più a contatto con pesci e salsedine. Era invecchiato, ma ancora portava al fodero la leggendaria scimitarra dorata del Solimano arabo, che aveva tentato la conquista di Costantinopoli già quasi un millennio addietro.

Per anni, il nemico era stata la Spagna e lui aveva contribuito alla guerra di corsa a discapito di galeoni e caravelle, dove la sua fedeltà alla Serenissima si mischiava all’indipendenza piratesca. E adesso che la Spagna era alleata e la guerra con gli ottomani era scoppiata, la Repubblica gli aveva lasciato mano libera per azioni contro la marina turca.

Con un occhio all’iperscopio e la mano ad accarezzare l’elsa della scimitarra, scrutava la flotta di Barbarossa al largo dalla costa egiziana. Si sentiva molto in comune con quel vecchio pirata. Un misto tra simpatia e rivalità. Uomini senza patria per scelta.

Barbarossa era di madre greca. Secondo le informazioni i corsari, ora arruolati dalla Sublime Porta, sarebbero sbarcati per riportare l’Egitto ribelle sotto le bandiere del Sultano. Comandati da un mezzo greco avrebbero combattuto fratelli arabi. L’ordine era di tenere d’occhio la flotta, ma… al diavolo gli ordini del Doge.

Se quelli solo avessero cannoneggiato la costa o tentato uno sbarco, avrebbe lanciato i missili galleggianti, mandando a picco almento quattro di quelle bagnarole e poi sarebbe emerso e li avrebbe presi a cannonate con i circumtroniti. Quindi avrebbe navigato alla volta di Malta ad allarmare gli italiani.

                                                                     ***

Ahmed si svegliò dopo giorni di catalessi. Davanti a lui si trovavano quattro uomini. Uno aveva in testa un elmo non turco. Meno ancora turca o araba era la corazza al petto del secondo uomo. Lo stesso valeva per lo scudo in mano al terzo. Solo il manico del pugnale tenuto per la lama dal   quarto ricordava qualcosa di orientale. India o dintorni. Il quinto uomo dalla pelle color terracotta non indossava nulla, ma pronunciava parole straniere. Incomprensibili, ma dalla forza strana che gli rintronavano nella mente.

All’inizio fu una sensazione spiacevole, come se gli stessero estirpando la volontà, ma man mano che la mano invisibile dissipava un’immaginaria nebbia, fu come se lui stesse vedendo meglio. Ricordava solo una cosa prima che le visioni mentali si facessero sempre più nidide: due occhi nerissimi e una donna che lo manovrava come lui fosse stato un burattino. Una forza ipnotica capace di estirpare lealtà e fedeltà.

Ma più le parole dell’uomo rossiccio gli entravano in testa e nello spirito e più le catene invisibili che lo legavano a Iside si spezzavano, lasciando posto al vero se stesso, al servizio della Serenissima Repubblica Italiana. L’autentico agente Ahmed, in codice Amedeo. Purtroppo non appena il giogo mentale della regina si dissipò definitivamente, anche i ricordi recenti finirono nel buio. Chi erano i cinque uomini? Dove si trovava?

Non appena l’arabo chiese chi loro fossero, Sole Tiepido aprì bocca.

«Talismani avere tolto cattiva magia.»

«Ma quella litania mexicana dove l’hai imparata?» chiese Musico.

«No mexicana. Di Texcoco. Mio zio imparata da stregone che cacciare via cattivi spiriti. Io sapere a memoria, come pappagallo, ma senza talismani essere inutile.»

«La melodia è anche orecchiabile. La prossima volta posso accompagnar…»

«La musica americana la rimandiamo alle calende greche, Pierpaolo» intervenne Angelo. «Il nostro agente deve rispondere a un bel po’ di domande.»

«Già, Ahmed, dicci dov’è il passaggio segreto» interrogò Francesco.

«Quale passaggio segreto?» rispose esterrefatto l’arabo. «Non vi conosco. Se siete nemici della Serenissima potete torturarmi ma non vi rivelo, niente, capito? Niente!»

«Qui è d’obbligo una bella spiegazione per questo sventurato» propose Angelo

«E un piano» fece eco Francesco.

                                                                       ***

Bussarono alla porta della catapecchia. Suor Orsola aprì. Raramente riceveva visite durante l’esilio e non appena un corteo di monache si mostrò alla soglia con il sottofondo del vulcano Stromboli, si fece mille domande, che trovarono subito una risposta per bocca di una consorella dagli occhi blu, e l’aspetto nordico.

«Decenni fa la vostra missione a Malta per la Spagna fallì. Ma lo spionaggio iberico ora al servizio del Triumvirato vi offre una nuova occasione. Ben presto Malta verrà strappata alla Serenissima e voi potrete ritornarvi. Come governatrice. Se accettate l’incarico, vi spiegheremo il nostro piano.»

CONTINUA…

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di Paolo Ninzatti

Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.

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