I COLORI NELL’ARTE
Il colore artificiale e insignificante, che Maurice Merleau-Ponty ha definito colore-involucro, è tintura superficiale del tutto priva delle vitali risonanze dell’Anima. Al contrario, i colori meditati dell’arte risvegliano la percezione interiore, dato che hanno una natura vibrazionale ben diversa da quella che può avere un campionario di tinte.
Nell’operare artistico, i colori non restano com’erano all’interno dei tubetti, perché nella loro stesura vengono arricchiti energeticamente dall’esperienza creativa dell’artista. Da un lato il pittore utilizza i colori per dare un rivestimento tangibile alle emozioni e ai sentimenti del suo sogno lucido, dall’altro li mescola e li compone portandoli a vibrare come ali di fata che sprigionano magia, e così non sono più semplici tinture bensì effluvi di essenze viventi.
Per questo i principi della cromoterapia, per quanto validi nel senso terapeutico, non sono sufficienti a spiegare i colori dell’arte. Ed anche le teorie di Itten e di Lüscher, o di Goethe e di Schopenhauer, pur se interessanti e funzionali, sono, nel caso dell’arte, alquanto relative, come lo sono le varie cognizioni simboliche ed esoteriche dei colori.
Questo perché un colore artisticamente trasfigurato non risponde unicamente alle qualità trasmissive del cromatismo, ma soprattutto alla vita che si infonde nella materia dell’arte, com’è per le aure degli esseri viventi.
Così il colore diviene volubile, impregnato dal flusso emozionale, irrefrenabilmente simbolico e al contempo sfuggevole ai codici dell’interpretazione. Può essere letto solo mediante l’intuizione, che ne approfondisce i misteri anziché esaurirli. Ne consegue che il colore deve essere elaborato ed impresso dall’artista con consapevolezza e intensa partecipazione.
La ricchezza cromatica è generalmente sintomo di vivacità esistenziale, tanto che lo spegnersi dei colori nell’espressione creativa, in particolare nel disegno e nella pittura, rivela spesso una rinuncia, o un’incapacità, a vivere e ad evolvere.
Ad esempio, i disegni realizzati nelle sessioni di arteterapia da bambini che sono stati vittime di abuso, da persone affette da depressione e da chi ha tentato il suicidio, risultano appesantiti dal nero o da tinte molto scure.
Si potrebbe riflettere sul fatto che l’arte contemporanea è drammaticamente povera di colori, mentre la pittura dell’inizio del ‘900 sancì la sua rivoluzione interiore con una sovrabbondanza di tinte accese che i benpensanti trovavano intollerabile, giacché esortava a superare le costrizioni che venivano imposte. I pittori cromaticamente più vitali vennero sprezzantemente chiamati “coloristi” e fauves (belve).
Si può vedere che coloro che avversano il caleidoscopio dei colori sono nemici della spontaneità celebrativa, della vita e dell’innovazione, siano essi giudici della morale, servi in divisa o intellettuali trincerati nelle loro asfittiche teorie.
I colori “puri” e molto vividi, in particolare quando la composizione pittorica accosta tinte complementari, sprigionano e trasmettono i poteri della visione.
Queste caratteristiche cromatiche sono generalmente osservabili nell’arte popolare, testimoniando cognizioni energetiche e ritualità spesso dimenticate.
La pittura meditativa fluisce naturalmente con la psichedelia cromatica, dato che, soprattutto oggi, l’arte deve essere psichedelica per risvegliare l’anima narcotizzata. Un dipinto saggiamente e intensamente colorato provoca una suggestione che oltrepassa i limiti della percezione ordinaria, procurando all’osservatore una spinta energetica che proietta sul percorso ascensionale lungo il “ponte d’arcobaleno” che congiunge la Terra e il Cielo.
Nella modernità, l’arte si è affrancata dalla riproduzione mimetica, giungendo a colorare i soggetti in modo fantasioso e sincronico alle emozioni. I pittori moderni hanno rivendicato la libertà di inventare i colori del mondo secondo le loro rispondenze emozionali e intuitive, in modo da manifestare i soggetti ritratti non come copie della Natura, bensì come creazioni originali formate nel sentimento interiore.
Così il pittore rende visibile un nuovo Universo sovvertito cromaticamente, che nel senso animico risulta più vero e significativo. Seppure inizialmente, al tempo di Van Gogh e poi dei Fauves, il sovvertimento della percezione cromatica destò scalpore, ciò è diventato un dato acquisito e legittimato dell’espressione creativa.
Perciò, mentre coloriamo le nostre opere, ci viene piuttosto naturale caricarle emotivamente con tinte inconsuete che sono sempre occasione di un’avvincente comprensione simbolica.
Satvat
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.