Cosplayer

 

COSPLAYER

L’ispettore Arduini fissò a lungo l’uomo in costume seduto di fronte alla sua scrivania, poi sospirò.

Colpa sua.

Aveva di nuovo lasciato la finestra aperta, e quando lo fai non puoi mai sapere cosa potrà entrare. Una volta si era intrufolato un gatto randagio, e quella bestiaccia aveva fatto la pipì dappertutto, prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza.

Ci erano volute due settimane prima che il suo ufficio smettesse di puzzare. E l’anno prima era stata la volta del piccione. Quel volatile aveva continuato a sbattere ovunque mentre lui, Alfano e altri due agenti tentavano inutilmente di indirizzarlo verso la finestra con un paio di scope prese dallo sgabuzzino dell’addetta alle pulizie.

Alla fine, il pennuto aveva terminato il tour schiantandosi contro lo stipite della porta, piombando a terra stecchito. Ancora oggi ne parlavano, ogni tanto: “Oh, te la ricordi quella volta del piccione? Madò, che casino!”

E adesso questo.

Se almeno avesse avuto un condizionatore nuovo in ufficio… ma con i tagli al bilancio degli ultimi anni, era tanto se ancora ce l’aveva, un ufficio.

Si passò una mano sulla faccia, si stropicciò gli occhi, e infine si accomodò sulla propria sedia.

Unì le mani, si sporse un poco verso il tizio al di là della scrivania, e infine disse:

-E tu chi cazzo sei?-

L’uomo in costume gli sorrise. Non riusciva a vedergli gli occhi, erano coperti da una specie di visiera a specchio. Si augurò per lui che fosse infrangibile.

-Io sono il Demone, ispettore Arduini.-

Il Demone. Beh, aveva sentito di peggio. In Italia ormai i super eroi erano presenti da decenni, e i nomi migliori erano già stati opzionati da un pezzo. Notò una piccola -D- stilizzata su di una piastra del costume più o meno all’altezza della spalla, dove di solito si trovava il coccodrillo della Lacoste, insomma.

Costume classico e funzionale. Piastre protettive in materiale sintetico sopra ad una tuta aderente, guanti rinforzati sulle nocche e sulle dita, protezioni a gomiti, ginocchia e stinchi, cintura multitasche, collare e casco protettivo.

Però…

-Okay, il Demone, e che vuoi da me?- chiese.

-Demone, non il Demone. Senza l’articolo.-

-Lo so, ero sarcastico. E dunque?-

Il Demone senza l’articolo si alzò, con un unico movimento fluido.

-Sono nuovo, in giro da poco, e ho pensato che sarebbe stato educato presentarsi.-

-Entrando di nascosto dalla finestra?-

-Non fanno tutti così?-

-Giusto. Vabbè, piacere. E adesso?- domandò Arduini, stravaccandosi lungo sullo schienale.

L’uomo in costume restò lì un po’, come se non sapesse più cosa dire. Evidentemente il dialogo non stava prendendo la direzione che voleva lui.

-So che lei collabora spesso con gli eroi in costume…- azzardò.

-Oddìo, spesso è una parola grossa. Diciamo che a volte capita.- minimizzò Arduini.

-Bene. Volevo dirle che in caso ci fosse bisogno, ora può contare su di me.-

Arduini lo squadrò. Qualcosa non andava, l’aveva intuito subito, ma cosa…

Poi capì.

-Okay, chi ti ha mandato?- domandò a bruciapelo.

-Eh?!?- replicò l’altro. Il tono era sincero, e anche quel poco che si vedeva del viso esprimeva una viva perplessità.

Male, molto male. Si fosse trattato di uno scherzo, vabbè, niente di grave. Ci si faceva una bella risata, e si metteva in archivio un’eventuale piccola vendetta contro il mandante, magari facendo passare un po’ di tempo in modo che non se l’aspettasse. Ma la cosa, purtroppo, era ben più complicata.

-In che senso chi mi manda?- chiese il Demone, visto che l’altro aveva smesso di parlare.

-No, no, niente, lo domando sempre.- mentì -Non si sa mai, capisci…-

-Oh, sì, certo. Lei non mi conosce.- annuì, sollevato.

-Va bene. Allora, mi stavi dicendo che vorresti mettere le tue capacità al servizio della legge, giusto?- domandò con tono informale.

-Esatto.-

-Bene. Che poteri hai?-

-Sono un Ninja.- rispose lui, incrociando le braccia.

-E invece no.- replicò Arduini, tranquillo.

Il Demone si bloccò, interdetto.

-Come, no?-

-Nel senso di no, che non sei un ninja.-

-Certo che sono un Ninja!- esclamò l’altro, deciso.

Arduini inspirò a fondo.

-Allora, intendiamoci: se per ninja tu intendi dire che hai studiato il ninjatsu, che sai tirare gli shuriken e praticare l’arte dell’invisibilità e tutta quella roba giapponese lì, allora non ho niente da ridire. Per quello che ne so potresti pure essere un ninja, katana e tutto il resto. Ma se con quella parola intendi un Gene S con straordinarie capacità fisiche e un controllo sovrumano dei riflessi, allora no, col cacchio che lo sei.-

-Certo che lo sono.- affermò lui, con voce ferma ma priva di emozione.

-No. Tu non sei un super eroe. Tu sei un cosplayer.-

Il Demone si irrigidì, visibilmente offeso.

-Io non sono un cazzo di cosplayer!-

-Mi dispiace, è così che chiamiamo quelli come te. Senza offesa.-

L’altro non rispose, pur sostenendo il suo sguardo. O forse no, con quella visiera era difficile dirlo.

-Come immaginavo…- mormorò Arduini -Siediti.-

Il Demone non si mosse.

-Dai, cazzo, siediti. Non fare il cretino.- insistette, indicandogli la sedia.

L’altro si accomodò, col respiro pesante.

-Non te la prendere, non è colpa tua. E’ che dopo un po’ salta all’occhio. Ti manca la postura, l’atteggiamento.-

-Cioè?-

-Eh, cioè…Voglio dire che i Gene S, quelli veri, trasudano sicurezza ai limiti della tracotanza. Non è che lo fanno apposta, è una cosa che deriva dal fatto di essere intimamente coscienti della propria superiorità. E non è una cosa così, tanto per dire, i Gene S sono superiori a noi.- concluse calcando un poco il tono sul -noi-, indicando sé stesso e il tizio in costume.

Il Demone non proferiva parola. Stava lì, zitto imbronciato, teso come il tirante di un ponte.

Arduini sospirò ancora, a fondo. Cazzo, ma perché proprio a lui?

-Ascolta, non si può fare, e basta. Un super eroe senza super poteri? E che minchia mi significa? E’ come uno che vuol fare il fantino senza il cavallo. E’ una frase che contiene in sé stessa la propria negazione, cazzo! Tu non sei un super eroe! Al limite puoi essere un eroe e basta, guarda che non è mica poco! Vuoi salvare delle vite? Vai a fare il vigile del fuoco, o il volontario della Croce Rossa! Vai… vai ad aiutare le associazioni umanitarie in Africa, che ne so. Vuoi per forza pattugliare le strade? Fatti assumere in Polizia, o iscriviti ai Guardian Angel! Insomma, fai quello che vuoi, ci sono mille opportunità! Ma una cosa, una soltanto non la puoi fare: non puoi fare il super eroe, cazzo!-

-E perché? Perché non posso?!?- rispose lui, animatamente.

-Perché così ti farai ammazzare, coglione!- sbottò Arduini.

Per tutta risposta, il Demone trafficò un attimo in una tasca della cintura, e ne tirò fuori un iphone. Armeggiò un poco sullo schermo e poi lo poggiò sulla scrivania girato verso l’ispettore. Sul display campeggiava un video caricato su youtube che mostrava le riprese della telecamera di sicurezza di una gioielleria.

Due uomini a volto coperto stavano compiendo una rapina, quando all’improvviso in mezzo a loro si catapultò un uomo in costume che con pochi colpi ben piazzati ebbe ragione di loro, riducendoli all’impotenza. La qualità del video non era gran che, ma vi si poteva riconoscere facilmente il costume del Demone.

-Allora?- domandò lui, indicando lo schermo.

-Allora cosa?- replicò Arduini.

-Cosa ne pensa?-

-L’altro giorno ho visto un video di una tizia che si inquadrava le tette mentre correva sulla spiaggia, e aveva dieci volte più visualizzazioni di te…-

-La vuole smettere di prendermi in giro?- sbottò il Demone, irritato.

-Cosa vuoi che ti dica? Una bella azione. Internet è pieno di scene così, con gente che sventa una rapina con decisione. E senza costumi addosso.-

-Ce ne sono altri cinque così.-

-Tutti su di te?-

-Certo.-

L’ispettore fece scorrere la barra di ricerca laterale col pollice e individuò i video che cercava. Gli diede una scorsa veloce, e poi restituì il telefono al Demone.

-Sono tutte le tue azioni?-

-No. Ho sventato uno stupro, sedato una rissa per strada e messo in fuga quattro ladri d’auto.-

-Ah. E come mai non ne so niente?-

-E’ successo a Savona. Operavo lì.-

Operava, lui. Già…

-E  adesso hai deciso di spostarti nel capoluogo, eh?-

-Sì. Dove c’è maggior bisogno di me.-

-Lo sai che qui c’è già il Falco Notturno, vero?-

-Sì. In effetti speravo di incontrarlo.-

-Lo spero anch’io. Così ti farà lo stesso discorso mio, e magari a lui darai retta.-

Il Demone si alzò di scatto.

-Va bene, ho capito. Ho sbagliato a venire qui.-

-Ma dove vai? Torna qui!- lo rimbrottò Arduini -Non fare il bambino!-

-E’ un mese che lo faccio!- si inalberò lui -Ha visto i video! Non sono un montato che crede di essere chissà chi! So come devo muovermi, che precauzioni prendere! Sono entrato passando dai tetti, pensa che può farlo chiunque?-

-No, non lo penso. Freeclimbig o parcour?-

-Entrambi.-

Arduini lo invitò a tornare a sedersi, con un gesto della mano. Il Demone esitò per un attimo, poi si accomodò.

-Senti- ricominciò l’ispettore, con aria paziente -Vuoi che ti dica che sei in gamba? Te lo dico. Sei in gamba, ma veramente in gamba. Quanti sono, otto, nove crimini sventati in un mese?-

-Dieci.-

-Dieci. Bravissimo. Ti faccio i miei sinceri complimenti, e stavolta non sono sarcastico. Ma la tua posizione è quella di un giocatore d’azzardo. Stai giocando alla roulette russa, per cui dammi retta: ritirati mentre stai ancora vincendo.-

-Ma io…- fece per dire il Demone, ma Arduini lo zittì con un gesto secco.

-Questa cosa può finire in un modo solo: la tua morte. Magari non oggi o domani, magari tra un mese, o perfino tra un anno. Ma alla fine succederà. Un giorno ti troverai qualcuno che ti punta una pistola da dieci metri di distanza, e quando farà fuoco, tu che farai? Volerai via? Schiverai i proiettili? Li fermerai a mezz’aria? O ti rimbalzeranno addosso? No. Tutto quello che accadrà, sarà che tu ti ritroverai con un buco grosso così in mezzo al petto. E questa non è una previsione, è una certezza.- concluse, categorico.

-Questo lo dice lei.-

-No, questo lo dice la matematica.- replicò lapidario Arduini.

Il Demone poggiò i gomiti sulle ginocchia e intrecciò le mani, la bocca ridotta ad una fessura.

-Va bene…- mormorò -Allora non dovrei neanche andare in moto. O fare freeclimbing. O attraversare la strada, giusto?-

-Oh cazzo!- sbottò Arduini, picchiando i palmi sulla scrivania -Tu vuoi affrontare a mani nude criminali armati! Vuoi sapere se è pericoloso come guidare in autostrada? No, è pericoloso come voler fare la lotta libera con un gorilla! Non fare esempi del…-

-Sono affari miei!- lo interruppe -La vita è la mia, e se voglio fare il wrestling con gli orsi o che cazzo ne so io, non devo certo chiedere il permesso a lei!-

-E’ qui che ti sbagli! E vuoi sapere il perché?-

L’ispettore si alzò di scatto dalla sedia e impugnò con forza una delle ante della finestra aperta.

-Allora, effrazione!- iniziò -Scalata abusiva di un edificio pubblico, e stai circolando in un ufficio di polizia a volto coperto. Devo aggiungere altro? Ah, sì, hai appena confessato di essere un vigilante, il che è un reato! Potrei chiamare due agenti e farti arrestare, al che tu avresti solo due scelte: o fare resistenza all’arresto, che è un altro reato, o scappare buttandoti dalla finestra, ma non credo che tu sia così pazzo!- terminò, quasi senza fiato.

Il Demone lo fissò, incredulo.

-Non ci avevi pensato, eh?- gli domandò lui, con un sorriso storto sulla faccia -Capisci, qui sta il problema! Tutto quello che fanno i super eroi, in media, è un reato! Ma noi ci passiamo sopra e facciamo finta di niente, perché quella gente ci fornisce un servizio enorme, e gratis. E non parlo solo di come tengono sotto la criminalità comune, ma intendo il fatto che ci difendono da quelli come loro, i Gene S cattivi, i supercriminali. Gente contro cui la polizia, i carabinieri e l’esercito non possono fare un cazzo! E allora sopportiamo le identità segrete, i danni alla proprietà e tutto il resto.-

-Quindi si tratta solo di questo?- replicò il Demone con rabbia -Loro sì e noi no? E’ tutta una questione di due pesi e due misure? Chi ha il Gene S può fare quello che gli pare, mentre noi poveri cristi qualunque dobbiamo starcene zitti e muti?!?-

-Qui non si tratta di fare distinzioni!- sibilò Arduini, esasperato -Si tratta di tracciare una precisa linea di demarcazione! Okay, ti faccio un esempio, mettiamo che io ti dica va bene, fai pure. Hai la mia benedizione, usufruisci pure dei privilegi del super eroe. Cosa succederà quando finirai ammazzato? E ci finirai, questo lo sappiamo tutti e due… Allora?-

L’uomo in costume lo fissò un istante, perplesso.

-In che senso?-

-Quali saranno le conseguenze di tutto questo?-

-Io… Non lo so. Che io sarò morto e lei potrà venire sulla mia tomba a dirmi te l’avevo detto?-

-Questo è sicuro, ma non è quello il problema. Quando morirai e si scoprirà che non eri un Gene S e io ti ho lasciato campo libero, scoppierà il caos! Avremo creato un precedente, e a quel punto qualsiasi imbecille che abbia una cintura nera di kung fu penserà di poter fare l’eroe in costume! Esaltati, ragazzini, idioti a cui piace menare le mani si metterebbero una mascherina in faccia e andrebbero in giro a farsi ammazzare! E a quel punto, perché limitarsi? Prima o poi qualcuno si farebbe furbo e comincerebbe a fare il super eroe armato di pistola o di fucile automatico, e qui diventerebbe il far west!-

Il demone si alzò con i pugni serrati, esasperato.

-Capisco. Quindi adesso cosa succede? Mi farà arrestare, per dare un esempio?-

-No.- replicò Arduini, con voce stanca -No, non ti faccio arrestare. Vedilo come un segno di rispetto per il lavoro che hai portato avanti fino ad ora. Ma la tua bella avventura finisce qui, adesso. Ti resteranno dei bei ricordi, e la consapevolezza di aver dato il tuo contributo, però adesso basta, va bene?-

Il Demone non rispose.

-Va bene?- rimarcò lui -O così, o l’arresto, scegli.-

Seguì un silenzio immobile, gravoso, quasi denso.

-Va bene.- mormorò infine il Demone, con voce impercettibile.

-Oooh!- sospirò l’ispettore soddisfatto, alzando le mani al cielo -Adesso- aggiunse accomodandosi nuovamente dietro la scrivania -Levati la maschera.-

-Cosa?- trasecolò lui.

-La maschera, il casco. Toglilo. Fa parte degli accordi.-

-No! La mia identità segreta…-

-La tua identità segreta resterà tra noi due. L’ultima cosa che voglio è che uno di quelli che hai preso a calci venga a cercarti a casa tua. Però ho bisogno di sapere chi sei, nel caso che il Demone salti fuori di nuovo tra un mesetto o due, magari con un altro nome e un altro costume…-

Arduini lo fissò a lungo, con un’espressione che non accettava compromessi o tentennamenti. Infine, il Demone portò le mani al collo, sganciò un paio di cinghie di sicurezza e si sfilò il casco.

Aveva più o meno venticinque anni, i capelli chiari tagliati corti e gli occhi scuri. E in quegli occhi, lo sguardo di chi aveva un sogno a cui era stato costretto a rinunciare.

Sentì un groppo salirgli in gola. Che peccato. Ma era meglio così, per tutti.

-Hai un documento con te?-

-No…- rispose lui, imbarazzato.

-Allora scrivi qui nome, cognome e indirizzo.- disse Arduini allungandogli carta e penna.

Il Demone eseguì, senza commentare.

L’ispettore prese il foglio, digitò il nome su Facebook, e come previsto trovò una pagina corrispondente, con tanto di foto sull’immagine del profilo. Volto, nome e indirizzo combaciavano. A volte era più veloce fare così che cercare nel sito dell’anagrafe.

-Bene.- concluse.

Osservò il tizio davanti a lui. Aveva l’aria distrutta.

-Ascolta, dammi retta. Puoi fare del bene anche senza quel costume addosso. Il mondo è pieno di persone che si danno da fare per il prossimo. Non è la fine di tutto, devi solo trovare un’altra strada.-

L’altro annuì, poco convinto.

-Posso andare adesso?- domandò.

-Sì, ma passa dalla porta, che se mi voli giù dal cornicione mi fai passare un guaio.-

Il ragazzo accennò un sorriso spento, a mezza bocca.

Si fermò un attimo sulla soglia dell’ufficio, per poi voltarsi verso di lui, mostrando il casco con un gesto interrogativo.

-Sì, mettilo.- concesse Arduini -E’ meglio, non sia mai che magari incroci qualcuno che ti conosce.-

Lui indossò la maschera, e tornò nuovamente ad essere il Demone. Aprì la porta, salutò con un gesto e si avviò nel corridoio, con passo sicuro.

Dopo neanche due metri, venne fermato dalla voce dell’agente Alfano.

-Uè, giovane! E dove ti credi di essere, al carnevale di Viareggio?- gli gridò da dietro il suo banchetto.

-Ma io…- accennò il Demone.

-Ma io che? Vedi che non si può girare con la faccia coperta qua dentro, hai capito? Levati quell’affare dalla testa!- insistette, dirigendosi verso di lui.

-Lascia stare Alfano.- disse Arduini affacciandosi dal suo ufficio -E’ un amico di mio figlio. La prossima settimana vanno insieme a fare i cosplayer a una fiera di fumetti, e mi voleva far vedere il costume.-

-Ah.- accennò Alfano, perplesso -E gli lasciamo tenere il casco?-

-Lo usa per la moto, ce l’ha qui fuori! Dai, non fare il fiscale…-

Alfano alzò le spalle, ubbidiente.

-Vabbè… Hai capito, Goldrake?- disse rivolto al Demone -Per stavolta passi. Circolare!-

Il Demone non se lo fece dire due volte e infilò le scale di volata.

-Il cosplayer, eh?- chiese rivolto all’ispettore.

-Eh, già.-

-Ai tempi miei alla sua età correvamo dietro alle femmine, altro che costumini!- sentenziò Alfano.

-Dì un po’, ma tu le hai viste mai le ragazze che vanno a fare le cosplayer alle fiere?-

-Io? no.-

-E allora fatti un giro su internet a dare un’occhiata, che poi capisci…-

Alfano fece per tornare al suo banchetto con aria dubbiosa, poi si fermò, si grattò un poco la testa, e si voltò verso Arduini.

-Scusi ispettore, ma… Quando è entrato quello? Io sto qua da tre ore e non ho visto passare nessuno!-

-Bravo! E me lo vieni pure a dire?- lo rimbrottò lui -Complimenti, eh! Qua si dorme, invece di lavorare!-

-Ma veramente, signor ispettore…-

-Ma che veramente e veramente! Invece di stare sempre a fare le parole incrociate, vedi di tenere gli occhi aperti, che qui entra e esce chi gli pare! Sveglia, Alfano, sveglia!- concluse Arduini, rientrando in ufficio sbattendo la porta.

Dalla finestra aperta, sentì il rombo di una motocicletta. Si sporse e fece in tempo a vedere il Demone allontanarsi.

Aveva indovinato, era arrivato in moto. D’altronde, i Ninja si muovevano sempre in moto.

Lo guardò sfrecciare veloce lungo il viale, per poi sparire nell’oscurità, probabilmente per sempre.

Almeno indossava il casco, pensò.

Poi richiuse la finestra, nonostante il caldo.

 

Racconto ambientato nell’universo narrativo del romanzo Tutte le morti di Monica, dello stesso autore.

di Lucio Alberto Leoni

 

 

 

 

 

 

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