Capitolo 2. Il giorno della partenza
2° CAPITOLO
Il giorno della partenza:
“Primo mondo”
Con le primi luci dell’alba, Rillith svegliò Oscar e Hea: corsero da Karin e Leodor che, entusiasti per l’arrivo del grande giorno, erano già pronti.
Era tutto perfetto, finalmente potevano partire. C’era solo un piccolo particolare, mancava quel gran dormiglione di Baulino che, come sapeva bene Rillith, era ancora lì, sul suo albero che ronfava come un ghiro.
Rillith allora, giocosa e spiritosa come al solito, si fece spuntare un bel paio d’ali e volò in alto, in cima al maestoso albero.
Con una vocina simile a un cinguettio, si avvicinò all’orecchio del povero elfo: «Dai! Forza Baulino, il grande giorno è arrivato, i nostri amici sono qui che attendono… è ora di svegliarsiiiiiiiiiii!»
Baulino fece un grande salto per lo spavento e, goffo come al solito, cadde bruscamente giù dall’albero provocando delle enormi risate.
I piccoli amici, divertiti dalla comicità della follettina e dell’elfetto, finalmente ripresero il cammino.
Lemuria aveva una strana bellezza quella mattina, anche quell’isoletta d’un tratto sembrava magica: il cinguettare degli uccellini, l’incantato rumore del mare, il luccichio delle gocce di rugiada tra le foglie.
Non l’avevano mai vista così, di solito era sempre avvolta dalla normalità dei giorni che trascorrevano l’uno uguale all’altro.
Arrivarono così, in silenzio, alla prima misteriosa porta magica.
Oscar e Karin si resero subito conto che era nascosta sotto un enorme albero, non uno qualunque, il loro albero: quell’albero che da sempre era il loro preferito, sul quale si arrampicavano, si nascondevano e si confidavano sogni e segreti.
Anche Leodor e Hea lo notarono subito, molto spesso li seguivano nelle loro avventure e così quell’albero era diventato il loro mondo.
Chi avrebbe mai immaginato che nascondesse sul serio qualcosa di magico?
Di certo non loro che credevano di conoscere quell’albero meglio di qualsiasi altra cosa.
Baulino intervenne nei pensieri dei quattro amici asserendo: «Bisogna andare oltre le apparenze, non tutto quello che si crede di conoscere in realtà lo si conosce sul serio; la natura è piena di misteri e nasconde cose che all’uomo, superficiale, sfuggono.»
Dopo questa breve pausa piena di emozioni e ricordi, Rillith si rivolse a Oscar, gli disse di prendere la sua chiave magica per aprire la porta e disse a Hea di tenersi pronta per chiuderla subito, altrimenti nel mondo aperto ci sarebbero stati gravi cambiamenti.
Nel frattempo Baulino si rivolse a Leodor e Karin: «Allora Leodor, ascoltami! Lo scudo guerriero usalo solo in caso di pericolo, comunque non penso che in questo mondo possa servire, sono tutti amici e, come dire, abbastanza dolci e pacifici; tu, piccola Karin, tieni sempre la collana incantata con te, potrebbe servire in qualsiasi momento e per qualsiasi esigenza.
Ora forza, andate! Noi vi seguiremo ma non saremo visibili e non accennate mai a noi; se ci evocate in questo mondo fatelo in posti isolati, altrimenti il mondo sparirebbe lasciandovi intrappolati nell’oscurità senza via d’uscita.»
Oscar guardò i suoi amici e cercò conforto nei grandi occhi di Rillith che, con un bel sorriso, lo incoraggiò ad aprire la piccola porta.
Una luce immensa li accecò, Baulino e Rillith scomparvero immediatamente, Hea, prontamente, richiuse la porta.
Finito il bagliore, si ritrovarono immersi in un mondo morbido, profumato e anche un po’ “appiccicoso”.
Loro stessi sembravano diversi e i loro vestiti ormai erano del tutto rovinati e strappati.
Era, dunque, il momento della piccola Karin, che con la sua collanina si affrettò a far riavere ai suoi amici e a se stessa dei vestitini nuovi.
Ma il risultato della magia di Karin fu inaspettato: i vestitini evocati non avevano per nulla l’aspetto dei loro vestiti di tutti i giorni; erano più morbidi, di tanti colori, con varie profumazioni e nessuno tra loro ne sapeva la motivazione ma avevano qualcosa di incantevole.
«Ma che sarà mai!» esclamarono tutti insieme.
«Chissà dove siamo finiti, che profumi, che morbidezza e questi? Cosa saranno mai? Così grandi e appiccicosi. Ma a chi possiamo rivolgerci? Chiamiamo Baulino e Rillith?» chiese Karin.
Poi all’improvviso Oscar si bloccò e rivolgendosi ai suoi amici: «Ma no, ma no! Vedete, lì c’è tanta gente, potremmo chiedere dove siamo finiti e, magari, ci potranno anche portare in giro nel loro mondo per conoscerlo meglio. Seguitemi!»
Hea, Leodor e Karin seguirono Oscar e si avvicinarono a un gruppetto di piccoli omini simpatici e molto graziosi, sempre col sorriso sul viso.
Alla vista dei quattro ragazzini, un po’ spaventati ma incuriositi, i piccoli omini si rivolsero amichevolmente: «Ma voi chi siete? Da dove venite? Come mai, anzi, come avete fatto a entrare nel nostro magico mondo dei “DOLCI”?»
I quattro amici in coro esclamarono: «Veramente volevamo fare noi delle domande!»
Oscar allora iniziò: «Cosa sono tutte queste cose? Voi chi o cosa siete? Maghi, fate? Perché indossate questi cappelli strani? E i vostri vestiti? Perché le strade sono così morbide e bianche? Cosa sono tutte queste cose che ci circondano… come li avete chiamati? Dolci? Cosa sono i dolci?»
Poi Leodor lo interruppe: «Ai nostri vestiti cosa è successo? Perché siamo tutti così diversi?»
Karin e Hea, invece, osservavano tutto e tutti con massimo silenzio e attendevano con ansia di sapere tutto su quel fantastico mondo.
Gli omini, divertiti da tutte quelle domande, chiesero ai ragazzini di tranquillizzarsi; pian piano avrebbero conosciuto ogni piccolo particolare di quello strano posto ma prima avrebbero dovuto almeno presentarsi.
Fu Hea la prima a farlo: «Ciao, sono Hea, vengo dall’isola di Lemuria che si trova al di sopra del vostro mondo, ho quattordici anni, compio gli anni ad agosto. Questo ragazzino accanto a me è il mio fratellino Oscar. Dai su Oscar, tocca a te, presentati.»
«Ciao, sono Oscar ho dodici anni, a marzo, cioè tra sei mesi ne compirò tredici. Sono un ragazzino molto curioso e mi pace viaggiare, anche con la fantasia e loro sono i miei migliori amici. Ci troviamo qui, nel vostro mondo, perché volevamo conoscere posti diversi dalla nostra Lemuria; un’isoletta molto graziosa che si trova, credo, al di sopra del vostro mondo. Forse non ci crederete ma il nostro sogno era quello di conoscere altri mondi ed eccoci qui. Non so ancora se stiamo so-gnando…»
«Io sono Leodor, ho tredici anni, manca poco al mio compleanno; compio gli anni i primi giorni di ottobre. Sono molto avventuroso e nel mio mondo vado a scuola con il mio amico Oscar. Questa piccolina è la mia sorellina Karin. Dai Karin, saluta i nostri nuovi amici.»
«Ciao piccoli e teneri omini, io sono Karin, ho dieci anni; il mio compleanno è a gennaio, ora siamo, ehm… a settembre… beh! Manca tanto tempo! Io voglio conoscere tutto il vostro mondo, di cosa siete fatti? Non siete come gli esseri umani, cioè parlate e vi muovete come noi però non avete la bocca e le manine ad esempio, come le mie e la vostra pelle è bianchissima e morbidissima. Perché?»
Dopo le presentazioni dei quattro amici furono i piccoli omini bianchi a presentarsi.
Iniziò il più piccino: «Ciao, io sono Panbiscotto, ho sedici anni. Sono un morbido biscotto ripieno di panna, nato dall’impasto di zucchero a velo e panna montata per il ripieno. La panna si ottiene dal latte fresco, non so se voi di Lemuria lo conoscete, noi lo beviamo tutte le mattine perché ci fa bene. Il mio rivestimento, invece, è un biscotto cioè un impasto di farina, zucchero e burro. Dalla combinazione di tutti questi ingredienti deriva il mio nome. Il mio compito è quello di cospargere di panna le strade di DOLCILANDIA.»
Hea, Leodor, Karin e Oscar, ancora più incuriositi, si fecero tra loro mille domande e Leodor impaziente di saperne di più riprese a chiedere: «Giusto per sapere se ho capito bene, qui siamo nel mondo di Dolcilandia, tu cospargi le strade di panna e sei un biscotto ripieno alla panna. Cosa sono i dolci? Perché cospargere le strade di panna?»
Prontamente Panbiscotto rispose: «Si Leodor, giusto! Il dolce è un cibo che lascia in bocca una sensazione molto gradita, come lo zucchero. Ma tranquilli, Biancolatte potrà darvi le giuste spiegazioni. Io cospargo le strade di panna per far divertire i piccoli dolcetti su e giù per Dolcilandia e, sinceramente, mi diverto anche io. La panna è anche buona da mangiare, è soffice e, a volte, ci lasciamo avvolgere dal suo manto bianco, addormentandoci su di essa. Spero che nel nostro giro per Dolcilandia possiate provare tutto questo gusto e divertimento.»
Biancolatte, il più grande di tutta Dolcilandia, prese la parola col suo vocione da omettone saggio: «Ciao miei piccoli amici di Lemuria, sono Biancolatte e ho più di mille anni. Per voi possono sembrare tantissimi ma qui a Dolcilandia sono davvero pochi, sono il più saggio e dirigo Dolcilandia da soli seicento anni.
Il mio corpo è fatto con tantissima panna, infatti, guardate un po’, sono molto alto ma tanto tondo! Il mio nome deriva dalla combinazione della panna e del latte che sono appunto bianchissimi e anche io sono nato dalla combinazione di zucchero e latte che, mescolati tra loro, danno vita alla panna. I nostri vestiti sono semplici grembiuli blu da cuochi e i nostri cappelli da pasticcieri, anche i vostri vestiti si sono adattati al nostro mondo e si sono trasformati in biscotti, caramelle, cioccolato e bignè.
Conosco bene la vostra isoletta. Oh quanto tempo è passato, chissà lì su come stanno trascorrendo i giorni. Ma non domandate ancora, per favore, non posso dirvi altro.»
Così Biancolatte avvolse i quattro amici in un mistero ancora più profondo ma Oscar, Hea, Karin e Leodor lo ascoltavano in silenzio mentre continuava a parlare.
Biancolatte riprese a parlare di Dolcilandia: «Noi siamo i cuochi di Dolcilandia e ci occupiamo della preparazione della panna per farcire torte, gelati e biscotti. Sono cibi dolci, cioè contenenti molti zuccheri; sono buonissimi ma non si devono mangiare in enormi quantità. Presto li assaggerete e capirete di cosa sto parlando. Inoltre, il mio compito è quello di dirigere la squadra della fabbrica di panna che presto vi faremo visitare.»
Nel frattempo i quattro amici, ancora più incuriositi dalla spiegazione di Biancolatte, iniziarono ad assaggiare i dolcetti di panna appena fatti da Pannamontata. Il mistero della conoscenza dell’isola di Lemuria da parte di Biancolatte, lo lasciarono a un secondo momento, cioè a quando avrebbero potuto evocare Rillith e Baulino.
«Il loro è un gusto, come dire, incredibilmente dolce!» esclamò, con voce esterrefatta, Karin.
«È inspiegabile ciò che si prova mangiando la panna, così soffice e fresca» aggiunse Hea.
«Questo biscotto “pannoso” è un miscuglio di dolcezze, strepitoso!» proseguì Oscar, tutto sporco di panna.
«Oh! Non so che dire, sono senza parole. È meravigliosa questa sensazione zuccherosa» sospirò Leodor.
I quattro amici scoppiarono a ridere, contenti della loro prima esperienza in questo mondo così tenero e gustoso.
Il tempo trascorreva velocemente.
A Dolcilandia era già ora di pranzo ma a loro non importava affatto, soprattutto perché sapevano che non c’erano i genitori alla finestra ad attenderli ma chissà quali fantastiche avventure.
Ora era il turno della dolcissima Pannamontata, la deliziosa signorina tutta rosa che, col suo fatato sorriso, riusciva a creare dalla miscela di zucchero e latte, appunto, la panna montata.
«Ciao amici miei! Sono Pannamontata, ho quindici anni e sono interamente fatta di panna. Sono di colore rosa perché nel montarmi hanno aggiunto ai miei ingredienti del colorante del tutto naturale, ovviamente così, mentre mi mescolavano, sono nata io: piccola, rosa e zuccherosa. Il mio compito è quello di montare la panna, la quale servirà a Panbiscotto per cospargere le strade, affinché ci si possa tuffare dentro per divertimento o per golosità. Ora entriamo nella fabbrica, così potrete osservare il nostro lavoro; poi Biancolatte vi porterà in giro per Dolcilandia, affinché possiate conoscere e gustare nuovi dolci e sapori.»
La fabbrica di panna apparve agli occhi dei nostri amici come un posto affascinante e irresistibile, profumato e colorato.
Rosa, azzurro, giallo, blu, verde, bianco: tutti i colori possibili che si potevano dare alla panna per farla sembrare ogni volta diversa, a seconda degli usi.
Infatti, nel mondo di Dolcilandia, si farcivano ad esempio, i dolci per i maschietti con la panna celeste, per le femminucce si usava la panna rosa e per i più grandi quella bianca.
Le strade, ma anche alcune case fatte di panna, erano invece un arcobaleno di tanti colori.
Era un mondo a dir poco fantastico ma i nostri amici erano un po’ stanchi e dopo il bel giro nella fabbrica, dove avevano imparato ancora più cose e dove avevano conosciuto altri omini di panna, decisero che prima di continuare il giro per Dolcilandia sarebbe stato giusto mangiare e riposare un po’.
Il viaggio, le prime conoscenze, tutto lo stupore avevano messo appetito ai quattro amici e in più quella mattina si erano svegliati alle sei.
Biancolatte li fece scivolare lungo una strada pannosa e disse loro di riposare sotto un enorme lecca-lecca, cioè una caramellona gigante piantata nella strada di panna, sulla destra.
Lì non li avrebbe disturbati nessuno e avrebbero potuto riposare e mangiare. Aggiunse di aspettarlo in quel posto perché, una volta riposati, avrebbero potuto continuare il loro viaggio nella fabbrica di caramelle più importante di tutta Dolcilandia.
Leodor, Oscar, Karin e Hea, divertiti, scivolarono giù per la strada e camminarono seguendo le indicazioni del saggio Biancolatte, fermandosi sotto l’enorme lecca-lecca.
Nell’attesa risero, giocarono, mangiarono e scherzarono; ricordarono tutto ciò che avevano imparato sui dolci e ripensarono, anche, alla loro piccola Lemuria, a quando sarebbero ritornati, sperando di poter far assaggiare tutte quelle delizie ad amici e familiari.
Poi si ricordarono di Baulino e Rillith. Era proprio il momento giusto, potevano chiamarli. Allora Karin strinse la sua collanina incantata e pronunciò una frase magica: «Rillith e Baulino evochiamo perché salutarli vogliamo», in un secondo eccoli apparire sotto i loro occhi.
Rillith iniziò subito a parlare e col sorriso sulle labbra esclamò: «Eccoci piccoli amici! Prima di tutto grazie per esservi ricordati di noi e secondo…» ma Baulino la interruppe subito.
«Dai Rillith! Non polemizzare su tutto, anche se è giusto che sappiano determinate cose, ora falli sfogare, vedi come sono emozionati!»
«Sì sì Baulino, scherzavo! Sono contenta di vedere i nostri quattro amici. Tranquillo! Comunque non interrompermi quando parlo, non è buona educazione. Infatti, cari amici miei, quello che volevo dirvi era proprio questo. Non dovete interrompere mai nessuno quando parla e soprattutto non si fanno mille domande una dopo l’altra senza sosta…»
Baulino nel frattempo, da dietro, con facce buffe: «Bla, Bla, Bla!»
Tutti scoppiarono a ridere e Rillith si girò di scatto: «Ah ecco! Io cerco di insegnare loro qualcosa e tu qui che mi prendi in giro.»
«No Rillith. Dai! Volevo solo far ridere un po’ anche te. Guardati, sei tutta tesa, è normale che i nostri amici ci abbiano chiamato solo ora, avevano tanta cose da vedere e… mangiare!»
«Lo so Baulino, hai ragione ma è molto che non ci accade un’avventura del genere… ricordi l’ultima, vero? Sono passati anni e anni… voglio che tutto sia perfetto!»
«Certo piccola Rillith che ricordo, stai tranquilla però, vedrai che andrà tutto bene» concluse Baulino sorridendo a Rillith.
Così Rillith si calmò, si posò sulla piccola spalla di Hea e assaggiò un pezzetto di dolce alla panna, lo stesso Baulino, seduto accanto a tutti loro, prese un dolcetto tutto pannoso e lo mandò giù in un sol boccone.
Il tempo trascorse velocemente in allegria, parlando e scherzando.
Oscar, però, non aveva dimenticato ciò che gli aveva detto Biancolatte sulla sua Lemuria e quindi, rivolgendosi a Baulino, chiese spiegazioni. Baulino era più muto di un pesce, ovviamente sapeva tutto ma non poteva raccontare nulla a nessuno, almeno per il momento.
Poi tutti si addormentarono serenamente.
Erano ormai le cinque del pomeriggio e tutti dormivano.
Biancolatte non aveva dimenticato la promessa fatta ai quattro ragazzini e, sulla sua nuvoletta di panna, raggiunse Leodor, Karin, Hea e Oscar affinché continuassero l’avventura a Dolcilandia.
Baulino, grazie al suo udito super sviluppato, sentì l’imminente arrivo di Biancolatte e svegliò Rillith incitandola a fare una delle sue favolose magie affinché potessero immediatamente sparire. Rillith, ancora un po’ assonnata, prontamente formulò il suo incantesimo e in un secondo sparirono.
Biancolatte dolcemente svegliò i ragazzini.
«È ora di continuare il vostro viaggio! Basta dormire, il Caramelliere ci aspetta.»
Leodor si girò dall’altra parte e con voce assonnata disse: «No mamma! Ancora un po’, si sta così bene qui al calduccio…»
Lo stesso fecero Karin e Hea.
L’unico che subito si svegliò fu Oscar che decise di svegliare i suoi amici bruscamente: «Dai su! Hea, Karin, Leodor! Ma che dormiglioni, che pigroni. Ma quale mamma e mamma? Biancolatte è qui, ricordate? Le caramelle ci aspettano!»
Biancolatte sorrise.
Finalmente tutti si svegliarono.
Il viaggio poté, così, proseguire.
Attraversarono una lunga strada di panna colorata. Case di pan di spagna, scuole costruite con i biscotti; al posto degli alberi, lecca-lecca giganti, panchine fatte di gelatina, nuvole di panna e zucchero a velo.
«Questa è la nostra Dolcilandia» spiegava Biancolatte, «Ogni cosa è fatta solo ed esclusivamente con dolci e panna, più andiamo avanti più vedrete nuovi dolci e ingredienti.»
Tutto intorno profumava, tutto era soffice e meraviglioso.
Oscar, intanto, pensava che l’idea di viaggiare era stata davvero fantastica e l’essere arrivati in quel mondo era stato sensazionale.
Chissà quali altre sorprendenti avventure li aspettavano, quali altri strani mondi avrebbero visitato… sempre che non fosse solo un sogno.
Allora, Oscar, tormentato da questo pensiero, si bloccò improvvisamente.
Tutti lo guardarono e con voce smarrita si rivolse alla sorellina: «Hea, ho come l’impressione che tutto ciò sia solo frutto della mia immaginazione e, proprio perché è un sogno favoloso, non vorrei mai svegliarmi altrimenti tutto questo al mio risveglio svanirebbe. Oh Hea! Che brutto se tutto questo non dovesse essere realtà, sapere che svegliandomi non esiste altro che la nostra Lemuria.»
Hea lo confortò e, insieme a Karin e Leodor, lo incoraggiò a credere in tutto quello che stava vivendo perché era la pura realtà e presto se ne sarebbe nuovamente reso conto.
Oscar, allora, ascoltando le parole dei suoi amici e della sua sorellina, serenamente, si riavvicinò a Biancolatte e tutti insieme ripresero il cammino.
In lontananza si intravedeva un’enorme caramella, dalla quale fuoriusciva una quantità di fragranze sconosciute ai nostri amici.
«Miele, vaniglia, latte, frutta: tutti ingredienti che contribuiscono alla preparazione di caramelle, lecca-lecca, gelatine gommose e confetti» iniziò a spiegare Biancolatte.
Poi incontrarono una graziosa caramellina che si occupava della direzione della fabbrica di caramelle.
«Il suo nome è Toffee!» esclamò Biancolatte.
Lei, molto affettuosamente, si avvicinò e chiese a Biancolatte chi fossero quei suoi nuovi amici e da dove provenissero.
Biancolatte le spiegò che erano dei ragazzini dell’isola di Lemuria curiosi di conoscere Dolcilandia.
Toffee allora si presentò: «Ciao! Sono una caramellina alla mandorla e lavoro come direttrice in questa favolosa fabbrica. Il mio compito è semplice: sto attenta a tutte le caramelle, affinché svolgano il loro lavoro che, oltre a quello di preparare caramelle da mangiare, è anche quello di decorare le strade e le case di Dolcilandia. Come vi chiamate?»
Dopo essersi presentati, Leodor, Karin, Oscar e Hea chiesero a Toffee di poter fare un giro nella sua fabbrica.
Biancolatte si allontanò dal gruppo e lasciò che fosse Toffee a occuparsi, interamente, della spiegazione sulla produzione di caramelle.
Mentre camminavano per la fabbrica, Toffee fece una breve spiegazione degli ingredienti base: «Per le caramelle gommose, come per tutte le altre, usiamo ingredienti semplici e genuini come lo zucchero, il limone, il latte o il succo di frutta; gusto e fogli di gelatina dipendono da quali caramelle vogliamo ottenere. La preparazione è molto semplice e se ne occupa la nostra piccola Creamcaramel, che ora andremo a conoscere, vi farà vedere e assaggiare tutto.»
Nel frattempo, Toffee continuava a spiegare che di caramelle ne esistevano veramente tante, gommose e non, ripiene alla frutta, al miele, alla menta.
Arrivando da Creamcaramel un profumo avvolgente invase i nostri amici.
Creamcaramel soddisfò con amore le richieste di ognuno e con molta passione iniziò a spiegare la preparazione delle caramelle: «Si fanno prima ammorbidire i fogli di gelatina, in un grande recipiente, con l’acqua. In un altro pentolino si mette lo zucchero, il limone e il succo di frutta: all’ananas, all’arancia, alla fragola, alla pesca… come preferisco! Di solito produco tutti questi gusti indifferentemente. Faccio bollire il tutto per soli cinque minuti e al termine aggiungo i fogli di gelatina e mescolo fino a quando non ottengo un impasto omogeneo.»
Leodor, Oscar, Karin e Hea con molta ammirazione osservavano Creamcaramel e non vedevano l’ora di gustare quelle squisitezze.
Creamcaramel continuava a spiegare e a impegnarsi nella produzione di caramelle.
Riempiva gli stampi con quell’impasto profumatissimo che poi doveva lasciar riposare in frigo per circa due ore.
Nel frattempo Toffee faceva assaggiare tutte quelle delizie ma il giro da fare era lungo sul serio, quindi conveniva salutare Creamcaramel e ringraziarla per l’esauriente spiegazione.
A malincuore la salutarono, promettendole che non l’avrebbero dimenticata mai perché la sua bontà e dolcezza avrebbero reso Lemuria, la loro isola, un posto un po’ più delizioso dove poter abitare.
Ora, però, era il turno di Steccalecca.
Si! Il lecca-lecca che produceva era buono non solo da mangiare ma anche per decorare boschi e case e far Dolcilandia profumare.
Lui era bravo con le rime e Dolcilandia lo amava anche per questo.
Steccalecca se ne andava gironzolando canticchiando e ballando; col suo esile corpicino simile a uno stecchino.
La sua testa a forma di palla: tonda tonda, color caramello, un po’ dorata, a tratti variegata.
Si avvicinò con un salto, tutti sobbalzarono e con una risata nel mondo dei lecca-lecca si fecero trasportare.
Steccalecca iniziò a spiegare: «Con vari gusti e impasti, acqua, zucchero, marmellata o sciroppi di frutta e cocco, mescolando il tutto con gusto, faccio sciogliere lo zucchero. Poi più non mescolo e con olio di mandorla ungo la carta, una cucchiaiata calda di sciroppo faccio colare, inserisco uno stecchino prima che si raffreddi e il lecca-lecca stacco dalla carta quando si solidifica l’impasto. Varie forme posso creare: tondi, quadrati, stelle e cuori, fiori giganteschi o piccolissimi. Con la fantasia giocare e così Dolcilandia deliziare e decorare, i bambini accontentare con gusti, forme e colori farli giocare e il loro pancino saziare…»
Divertiti dalla splendida spiegazione di Steccalecca, si abbuffavano di ogni tipo di lecca-lecca.
Steccalecca si bloccò e si rivolse ai nostri amici con espressione saggia: «Fate attenzione! Anche se fatti con ingredienti genuini, tutti i dolci e le caramelle sono pieni di zuccheri ed è bene, quindi, consumarli con moderazione!»
Oscar, Karin, Leodor e Hea, smisero di mangiare e decisero di conservare qualche delizia per dopo.
Non sembrava vero a nessuno dei quattro amici: quella favolosa giornata sembrava non avere termine, il sole stava tramontando e nessuno si preoccupava.
Non avrebbero dovuto inventare scuse per i loro ritardi, non ci sarebbero stati i soliti: «A letto senza cena!» ad attenderli al loro ritorno.
Erano ancora lì, in quel favoloso mondo a parlare di balocchi e il giorno dopo non c’era scuola, niente compiti o maestre tra i banchi. Stavano imparando altro; stavano conoscendo nuove cose, cose che forse non avrebbero mai conosciuto se qualcuno gli avesse proibito di avere sogni e desideri.
Nel frattempo Toffee chiese a Steccalecca di continuare a parlare dei lecca-lecca.
«I lecca-lecca hanno vari gusti: vaniglia, anguria, mela verde, fragola, ananas, nocciola, menta, liquirizia, yogurt. Ad esempio, io sono nato dalla combinazione di tutti questi gusti ecco perché sono variegato. A questi gusti si aggiunge il glucosio o lo zucchero, la panna e l’acqua. Inoltre si possono aromatizzare con vari sciroppi o col miele, o farli addirittura ripieni con la polpa della frutta; proprio come le caramelle.»
Tutti ascoltavano in silenzio, il buffo Steccalecca era così esauriente! Ma a Oscar non sfuggiva nulla e curioso come al solito chiese: «Ehm! Ma cos’è il glucosio?»
Steccalecca rispose solo che questa spiegazione sarebbe stata rimandata perché presto avrebbero conosciuto colui che ha dato vita alla più zuccherosa invenzione di Dolcilandia e quindi era giusto lasciare a lei questo onore; piuttosto chiese ai nostri quattro amici di presentarsi visto che ancora non sa-peva né i loro nomi né da dove provenissero.
Karin, la più piccina con voce delicata, anche un po’ assonnata cominciò: «Io sono amica di Oscar e quando abbiamo dei sogni vogliamo esaudirli; veniamo da Lemuria, volevamo conoscere altri posti e per magia eccoci qua. Il mio nome è Karin.»
Poi prese la parola Oscar: «Già! Karin ha proprio ragione; facciamo di tutto per esaudire i nostri desideri e questa è la prima volta che diventano realtà. Sulla nostra isoletta non accade mai nulla e ci sentivamo un po’ tristi… Ora siamo contentissimi di essere arrivati in questo mondo e, che sia stata magia o un semplice sogno non importa, tutto è meraviglioso, le vostre delizie sono straordinariamente buone e stiamo imparando tante cose.»
Leodor e Hea si presentarono subito dopo Oscar e affermarono tutto ciò che lui aveva appena detto.
Parlando e camminando, Toffee li accompagnò da Miss Glucosio, un enorme batuffolo simile a una soffice nuvola.
Steccalecca salutò tutti e tornò, come al solito, saltando e cantando, al suo lavoro.
«Il nome di Miss Glucosio deriva dallo zucchero che si ricava dall’amido di mais, che a sua volta è ottenuto dal granturco. Attraverso un processo di macinazione si ottiene, appunto, il glucosio; uno zucchero quasi magico, finissimo che viene usato anche per rendere soffici i dolci», iniziò a spiegare Toffee.
«Quindi Miss Glucosio è fatta interamente di zucchero?» la interruppe Leodor.
A questo punto intervenne Miss Glucosio: «Ciao piccoli, si, sono fatta interamente di zucchero, quello che serve per fare i dolci ma per diventare a forma di nuvoletta serve un processo differente.»
«Ciao Miss Glucosio!» esclamarono tutti, «potresti spiegarci questo processo? Siamo curiosi e ansiosi di conoscerti meglio.»
«Al centro di un enorme macchina metallica, in un contenitore con dei fori laterali, si versa lo zucchero e, se si vuole, coloranti naturali e aromi per rendere lo zucchero di colori e sapori differenti. Il calore fonde lo zucchero, in questo caso il glucosio, che inizia a sprizzare dai fori centrali che, a contatto con l’aria fredda, ridiventa solido ma assumendo la forma di fili che vengono raccolti nella macchina metallica.»
Tutti ascoltavano con molta attenzione e osservavano Miss Glucosio mentre svolgeva il suo lavoro. La sua spiegazione, però, non era finita perché Miss Glucosio tirò fuori dal recipiente una nuvola simile a lei ma più piccola, la porse ai bambini e li invitò ad assaggiare.
«Questo è lo zucchero filato!» continuò Miss Glucosio, «una volta che lo zucchero è a forma di fili, faccio roteare delle stecche lungo il recipiente metallico per raccoglierlo. I fili di zucchero sono molto appiccicosi e si attaccano fra loro assumendo una forma simile a batuffoli di cotone, ovatta o nuvoletta dai vari colori e sapori.»
Miss Glucosio fece provare ai nostri quattro amici e a Tof-fee venne in mente un’idea: organizzare all’interno della sua fabbrica una gara!
Una sfida fra i nostri quattro amici.
Propose loro di riposare un po’, visto che il giro era stato lungo; li accompagnò in una deliziosa casetta, di panna e biscotti, all’interno decorata con caramelle, lecca-lecca, gelatine e fili di zucchero filato.
Era già sera inoltrata ormai e tutti erano stanchi…
«Finalmente un lettino!» esclamò Karin.
Toffee salutò i nostri amici e li lasciò lì a passare la notte.
Immersi in quella delizia erano soli quindi a tutti sembrò giusto chiamare Baulino e Rillith.
Karin con la sua collanina incantata disse: «Rillith e Baulino invochiamo perché con loro un po’ stare vogliamo.»
Ed eccoli riapparire!
Con molta contentezza, Baulino e Rillith, abbracciarono Karin, Leodor, Oscar e Hea.
Poi tutti si accomodarono su un enorme lettone e iniziarono a parlare: raccontarono a Rillith e Baulino la loro giornata;
questi ultimi, anche se sapevano già tutto, li fecero parlare fino a quando, stremati da questa prima lunga giornata a Dolcilandia, si addormentarono.
Passarono la notte tutti insieme ma, alle prime luci dell’alba, fu proprio quel dormiglione di Baulino a svegliarsi per primo, gli mancava il suo enorme albero dove poter ronfare con tranquillità.
Era ancora molto presto ma, maldestramente, Baulino svegliò anche Karin e Oscar, i quali si avvicinarono a Baulino e, avendo percepito il suo disagio, gli chiesero di usare la sua magia per far apparire un albero dove poter continuare a riposare almeno fino all’arrivo di Toffee.
Baulino rispose: «Si! Effettivamente potrei anche farlo ma, purtroppo, non posso usare la magia per le mie comodità. Questa è una delle tante regole fondamentali del regno degli elfi.»
Oscar si rivolse a Karin: «Perché non fai apparire tu un albero per il nostro Baulino? Lui ha fatto tanto per noi!»
Karin pronunciò le parole della formuletta sulla natura datale da Rillith, stringendo la sua collanina incantata: «L’albero più bello deve apparire per far Baulino riposare, prima che il sole del tutto ci venga a svegliare.»
Un bell’albero verde e tutto fiorito apparve nella casetta, Baulino ringraziò Karin e poi ritornarono tutti a dormire.
Il momento della gara si stava avvicinando ed era meglio riposare un altro po’.
“Quando il sole arriverà nel punto più alto e quindi sarà mezzogiorno”, come ha detto Toffee, “la gara avrà inizio.”
Alle dieci erano già tutti svegli ma proprio tutti… ah no…
«Baulino!» esclamarono tutti in coro.
«Dai sono le dieci, prima di salutarci sarebbe bello passare un’altra oretta insieme. Su non fare il pigrone!» affermò Leodor.
Baulino, ancora assonnato, scese dall’albero che subito scomparve.
Rillith propose di non restare in casa, quell’oretta sarebbe stata bella e intensa se la si fosse passata in giro per Dolcilandia.
Chiese a Karin di rimpicciolire Baulino, in questo modo anche lui piccolo come Rillith sarebbe potuto entrare in uno dei taschini dei ragazzini e così girare senza essere visto da nessuno.
Per fare questo, Karin, avrebbe avuto bisogno della collaborazione di tutti, quindi, ognuno di loro avrebbe dovuto avere lo stesso desiderio e insieme avrebbero dovuto pronunciare la parola magica.
Tutti, in cerchio, avrebbero dovuto tenere stretta la chiave magica, l’anello fatato, lo scudo guerriero e la collanina incantata.
Insieme a Rillith, allora, pronunciarono l’incantesimo:
«Baulino piccolo vogliamo farlo diventare e nel taschino farlo entrare.»
In un batter d’occhio l’altissimo elfo diventò piccino piccino e agli occhi di tutti sembrò ancora più buffo.
Tutto questo provocò divertimento e il piccolo Baulino un po’ indignato si posizionò nel taschino di Oscar.
Rillith decise di stare con la dolce Karin.
Tutti insieme uscirono dalla casetta e girarono per le strade di Dolcilandia.
Colori, profumi, omini di panna, bambini di biscotto, lecca-lecca uguali al loro amico Steccalecca ma dalle svariate forme, caramelline e confettini come bambine… tutta Dolcilandia era un mondo fantastico!
C’erano enormi parchi dove si studiava e giocava tutti insieme, dove le famiglie passavano le loro giornate: al posto dell’erba tanta panna color verde, le caramelle la decoravano come fossero fiori, le panchine, le altalene, gli scivoli fatti di gelatina, i lecca-lecca fungevano da alberi, lo zucchero filato da nuvole.
Si divertirono un mondo, Baulino e Rillith compresi.
Il tempo volò in fretta, era già ora di raggiungere la fabbrica di Toffee perché si dovevano iniziare i preparativi per la tanto attesa gara.
Salutarono in fretta Rillith e Baulino, anche perché l’incantesimo stava per giungere al termine e si incamminarono lungo la strada che li avrebbe condotti alla fabbrica di caramelle.
Toffee, però, aveva già terminato i preparativi e all’arrivo di Oscar, Leodor, Hea e Karin si affrettò ad assegnare a ognuno di loro una ricetta da portare a termine entro un tempo prestabilito.
Gli spettatori continuavano ad arrivare, curiosi di assistere alla creazione di nuove e gustose ricette.
Leodor avrebbe dovuto preparare caramelle di ogni tipo, gusto e forma.
Karin, invece, piccoli confettini rosa e azzurri alla mandorla.
Oscar si sarebbe dovuto impegnare nella preparazione di giganti lecca-lecca a forma di stella, cuori e fiori, al gusto di arancia, fragola e yogurt.
Infine, Hea avrebbe dovuto preparare dello zucchero filato al sapore di vaniglia, cocco e latte usando le giuste dosi di zucchero e aromi.
Tutto era pronto, loro erano molto emozionati, per la prima volta sarebbero stati i protagonisti di una vera e propria gara, non potevano deludere nessuno.
C’era proprio tutta Dolcilandia che li guardava e attendeva le loro squisitezze.
C’erano Biancolatte, Panbiscotto e Pannamontata con tutta la loro fabbrica, c’erano Miss Glucosio, Steccalecca e Creamcaramel, anche la fabbrica del caramelliere era al completo. Tra conoscenti e non, tra caramelle e dolci, vari abitanti e lavoratori di tante altre fabbriche, Dolcilandia era al completo quella mattina unita da uno spirito di festa e armonia.
Ovviamente loro, e solo loro, sapevano che anche Rillith e Baulino erano lì a sostenerli e fare il tifo.
Questo li confortava e dava loro la giusta carica per portare a termine quelle ricette.
Ora che era tutto pronto e che tutti i posti erano occupati, Toffee annunciò l’inizio della gara.
«Miei cari amici! Siamo tutti qui oggi per assistere alla gara dei nostri nuovi ospiti. Oscar, Leodor, Karin e Hea ci delizieranno con le loro dolcezze. Che la gara abbia inizio e non finisca prima o dopo il mio STOP!»
Era un vero e proprio spettacolo fatto di profumi, forme e colori.
Gli abitanti di Dolcilandia, inoltre, erano intrattenuti da vari balletti e canti fatti dai dolcetti: piccoli bignè e tortine danzavano e cantavano insieme e nel frattempo i quattro caramellieri, improvvisati, finivano di cercare e preparare tutti gli ingredienti che servivano per la preparazione di caramelle e zuccherosità varie.
Ora che avevano tutto potevano finalmente impastare i vari ingredienti.
Di certo era uno spettacolo unico e non si poteva per nulla dire che l’ordine era uno degli ingredienti preferiti ma tutti con molta attenzione si godevano quella divertente e magica gara.
Oscar e Leodor erano alle prese con fogli di gelatina, acqua, zucchero, marmellate e succhi vari per le caramelle e i lecca-lecca.
Erano concentratissimi nell’organizzazione del loro lavoro ma molto confusi perché frettolosi.
Karin e Hea erano più organizzate e con calma mescolavano tra loro gli ingredienti con la consapevolezza che il risultato sarebbe stato ottimo se fatto con tranquillità.
Ogni tanto volavano un po’ di fili di zucchero che, con le loro colorazioni e profumazioni, divertivano il pubblico, soprattutto i più piccini.
Quelle nuvolette zuccherose erano davvero suggestive e unite alla granatina di mandorle, che ogni tanto Karin lasciava cadere, la gara non era solo avvincente ma anche più divertente.
Il pubblico era sommerso interamente dal profumo di mandorle, yogurt, fragola, vaniglia e tutte queste fragranze trasportarono così tanto gli spettatori da far loro finalmente ricordare l’importanza del loro mondo e della sua armonia.
Tutti quegli aromi che da sempre si diffondevano a Dolcilandia avevano perso un po’ della loro magia perché consumati dalla quotidianità della vita.
Quel giorno tutto era diverso, tutto sembrava nuovo, tutto ritornò a essere una sorpresa e una novità per tutta Dolcilandia.
I nostri quattro amici erano riusciti a impressionare il pubblico sia con la loro destrezza sia con la loro allegria e complicità nel produrre caramelle.
Toffee riuscì nel suo intento e il risultato fu strabiliante!
Ovviamente non mancarono imprevisti, qualche caramella mal riuscita, con forme strane o qualche lecca-lecca troppo zuccheroso, confetti bicolore e zucchero filato non troppo batuffoloso e non appiccicoso.
Toffee, da bravo giudice di gara, ogni tanto si avvicinava ai nostri quattro amici per dar loro qualche piccolo consiglio e, divertita da quello spettacolo quasi interminabile, sorrideva tra sé e sé.
Ormai si era creata una complicità e un’ammirazione reciproca.
Anche Baulino e Rillith erano sorpresi da tutto ciò e anche se avevano viaggiato tanto e conosciuto tanta gente, sentivano che stava nascendo qualcosa di speciale tra loro e i quattro amici e anche loro erano divertiti da quella indimenticabile gara.
Mancava poco alla fine della gara, tutti avevano quasi terminato e con gran meraviglia era tutto in ordine.
Allo “STOP!” di Toffee tutti i preparativi si fermarono.
Caramelle, confetti, lecca-lecca e zucchero filato erano pronti per essere mangiati da tutta Dolcilandia e per decorare strade e case così da divertire tutti gli abitanti con nuovi ornamenti.
Fu un mirabile spettacolo dall’inizio alla fine, coronato da balli tipici di Dolcilandia, giochi, corse sulle strade di panna e canti.
Il tipico canto di Dolcilandia era in realtà una leggenda tramandata da antichi umani abitanti di una piccola e lontana cittadina.
La gara ebbe un successo clamoroso, non ci fu un vincitore o un vinto. In realtà avevano vinto tutti.
Toffee creò solo l’occasione per far rivivere a Dolcilandia un’aria di festa, dove poter riscoprire ancora una volta il valore dell’amicizia e dello stare bene insieme. Questo poté farlo solo grazie all’armonia che aveva visto in quei quattro ragazzini.
Fu una lezione chiara a Hea, Karin, Leodor e Oscar che si aspettavano dei premi.
Toffee spiegò loro che il premio lo avevano vinto tutti: «Avete regalato una nuova speranza al nostro mondo. Sapete, è da tempo che non viviamo così in armonia. Non abbiamo tempo libero e ci chiudiamo nel nostro “da farsi” non capendo quanto sia importante passare dei momenti come questo, tutti insieme.»
Oscar intervenne: «Scusami Toffee se ti interrompo, ho capito cosa vuoi insegnarci. A volte donare un sorriso è più importante di qualsiasi ricompensa. Il vostro regalo è stato quello di renderci protagonisti del vostro mondo. Sono sicuro che non avremmo potuto vincere un premio più bello.»
Allora in tutta Dolcilandia, commossa dalle parole del piccolo Oscar e dagli occhietti sinceri di Leodor, Karin e Hea, si levò un applauso maestoso per ringraziare i loro nuovi amici. Di nascosto, anche Baulino e Rillith che osservavano tutto erano commossi ma allo stesso tempo contenti di tutto quello che stavano imparando i piccoli ragazzini di Lemuria.
La giornata passò in fretta e tutti stremati ma divertiti ritornarono nelle proprie casette.
Leodor, Oscar, Karin e Hea chiesero a Biancolatte e Toffee se potevano riposare nella casetta di panna e biscotti.
«Ma certamente» rispose Toffee.
I quattro amici si diressero verso la casetta. Una volta arrivati, evocarono subito Baulino e Rillith.
«È ora di mangiare qualcosa di sano» sostenne Rillith.
«Non potete nutrirvi solo di caramelle e dolci» continuò Baulino.
«Per quanto siano buoni, delle vere delizie, potrebbero fare male al pancino e inoltre contengono molti zuccheri e il nostro organismo non può assumerne quantità abbondanti» as-serì Rillith.
«I dolci si mangiano ma nelle giuste quantità» esclamarono Rillith e Baulino.
«Allora gli abitanti di Dolcilandia?» risposero in coro.
«Bè loro sono fatti interamente di zuccheri, quindi il loro nutrimento è diverso dal nostro e, loro possono assumere una quantità di dolci molto più abbondante rispetto a noi» proseguì Rillith.
«Forza Karin! Prendi la tua collanina incantata e ripeti dopo di me: “Carne, pesce, frutta, bacche e verdure, pane e acqua per nutrirci fai apparire, affinché il nostro corpicino possiamo nutrire.”»
Karin, con tutta la sua grinta, ripeté la formula magica e subito apparvero verdure di ogni tipo, carne e pesce, bacche e fiori, acqua e pane e c’era così tanto cibo da sfamare sul serio tutti.
In allegria e ricordando la giornata, tutti insieme iniziarono a mangiare e dopo lunghe chiacchierate e tra un assaggio e l’altro, stremati dall’interminabile giornata, si addormentarono.
Solo Oscar era ancora sveglio a chiedersi cosa stesse succedendo a Lemuria, infondo la sua casetta e i suoi genitori gli mancavano. Rillith era lì accanto a lui a rasserenarlo.
«I tuoi genitori ancora dormono e a Lemuria il tempo non passa. Stai tranquillo abbiamo pensato a tutto e comunque al termine di questo mondo rivedrai la tua Lemuria. Se però hai dubbi, possiamo tornare ora a casa e terminare qui il nostro viaggio» affermò Rillith.
«No, no Rillith! Voglio viaggiare e conoscere altre cose. Questo non è solo il mio desiderio ma quello di tutti. Ho avuto il coraggio di proporre questo viaggio oltre Lemuria e ora non voglio e non posso deludere nessuno, neanche me stesso. Siamo arrivati fin qui e continuerò anche per i miei amici; in fondo è così divertente ed educativo, sto imparando veramente tante cose. Ad esempio qual è il vero valore dell’amicizia, dello stare bene tutti insieme in qualsiasi posto si viva.
Alla fine, al nostro ritorno, tutto tornerà come prima. Lemuria è sempre lì e quindi vorrei vedere quante più cose possibili, è stato solo un momento di nostalgia, in fondo i rimproveri per le mie marachelle un po’ mi mancano ma, tutto sommato, qui si sta benissimo, anzi grazie Rillith e grazie anche a te Baulino, lo so che mi senti anche se sei mezzo addormentato sulla cima del tuo nuovo albero» asserì con fierezza Oscar.
Poi Rillith dolcemente si addormentò sul lettone di panna vicino ai suoi quattro amici; anche Baulino, che tanto aveva desiderato un albero su cui dormire serenamente e che, grazie a Karin, lo aveva ottenuto con molta semplicità, quella magica notte decise di scendere dalla sua cima per riposare vicino ai suoi amici, i quali molto dolcemente lo guardarono rivolgendogli un tenero sorriso, poi subito tutti si addormentarono in sicurezza e contentezza.
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