Capitolo 25. Il battito tagliente

CAPITOLO 25°

Il battito tagliente

Il fabbro era un dolce vecchietto. Era scarno e presentava bruciature profonde alle mani e alle braccia provocate dal fuoco che gli serviva per forgiare le sue preziose spade.
Aveva capelli bianchi e una folta barba, bianca anch’essa, che gli copriva le rughe che attraversavano il suo viso.
I suoi occhi grigi erano consumati dal dolore di tutto ciò che aveva vissuto.

Shingen lo osservava, lo scrutava in ogni suo movimento mentre con voce bassa gli raccontava la storia di Elrinhien.
Per un momento ebbe l’impressione che, quel saggio fabbro avesse qualcosa di familiare ma fu solo un attimo, anche perché pensava che non ci sarebbe potuto essere nulla di così tanto familiare in quel vecchietto dal temperamento tanto forte e che non aveva mai visto in vita sua.

«Elrinhien è un’antica spada. Il suo nome deriva dal materiale con cui è stata modellata e possiede poteri che vanno ben oltre la nostra immaginazione. Negli anni ho perfezionato la mia tecnica di spadaio, non solo per il gusto di provare materiali nuovi oltre il bronzo e il ferro ma per potermi adattare al tipo di forgiatura che questo nuovo materiale richiedeva.»

«Da quanti anni fa questo mestiere?»

«Ricordo che avevo tre anni la prima volta che mio padre, in accordo con mio nonno, entrambi maestri artigiani, mi portarono nella loro fucina, a Moromi, dove osservai il loro lavoro. Erano abili fabbri e forgiavano una spada dopo l’altra con destrezza. Io li osservavo con ammirazione. Mio padre mi disse che sarebbe stato bello se anche io mi fossi appassionato a questo lavoro, così da mandare avanti la tradizione. Io fui contento quando mi disse quelle parole e da quel giorno lo seguii sempre con molta dedizione. Imparai moltissimo da quei formidabili maestri e non solo a forgiare una spada ma anche cosa si nascondeva nell’antica arte del maneggiarla.»

«Cosa si nasconde, maestro, dietro il maneggiare una spada?»

«Ti ho spiegato prima, Shingen, che la spada assume la personalità del proprio forgiatore quindi è come se avesse una sua vita occulta. Affinché il guerriero possa fondersi del tutto con l’animo della spada deve essere senza pensieri e libero da ogni comando esterno. Il guerriero deve avere sempre una mente dinamica, flessibile e capace di agire senza lasciarsi impedire da ostacoli che gli sarebbero fatali. Affinché tutto ciò avvenga, e si vada al di là della semplice tecnica di spadaccino, è essenziale il possesso di una grande e forte energia vitale. La spada deve divenire l’estensione della nostra mente, deve essere un tutt’uno con chi la sguaina.»

Shingen lo ascoltava cercando di apprendere quanto più possibile da quegli insegnamenti, sapeva che gli sarebbero stati utili ai fine del suo futuro addestramento.
Poi, curioso come non mai, domandò:
«A che età ha forgiato la sua prima spada?»

«All’età di dieci anni. Mio padre decise che era giunto il momento di farmi mettere in pratica ciò che avevo imparato e mi lasciarono solo e libero di forgiare la mia prima spada. Loro mi osservavano in silenzio. Il loro sguardo sul mio lavoro mi dava la giusta carica. Forgiai una spada semplice e la custodii con orgoglio e affetto, ancora oggi è qui con me a ricordarmi quei giorni sereni trascorsi con le persone che più amavo al mondo, con due maestri non solo spadai ma di vita.

È una spada che possiede gli antichi valori e poteri di due maestri formidabili grazie ai quali sono divenuto ciò che sono oggi: un abile forgiatore ma con antichi valori, sono divenuto un uomo saggio e con tecnica di forgiatura fuori dal comune e questo non lo dico io ma me lo hanno dimostrato i miei allievi attraverso la loro riconoscenza, attraverso i grandi guerrieri di vita che sono divenuti e hanno saputo tramandare tutto ciò a chi è venuto dopo di loro.

Purtroppo l’unico sbaglio l’ho fatto proprio con la persona a cui tenevo più di ogni altra cosa al mondo, mio figlio.»

«È comunque bello avere tutti questi ricordi. Io ricordo poco di mio padre, della mia famiglia, di mio nonno…» disse Shingen, tralasciando l’ultima frase del suo maestro, come a volerlo distogliere da quel triste pensiero.

«Tuo padre era un uomo forte Shingen, amava te e la famiglia più di ogni altra cosa al mondo. Tuo nonno, un uomo saggio, avrebbe voluto insegnarti tante cose e chissà se non ne avrà l’opportunità…»
Shingen lo guardò, senza dire e chiedere nulla, gli fece un triste sorriso, si strinse nelle spalle mettendogli una mano sulla sua fragile e magra schiena. Poi esordì:

«Maestro, mi continui a parlare di Erlinhien.»
«Il mio vecchio nonno, prima di lasciarci, mi diede in regalo del materiale che aveva trovato nella foresta di Eracad, nei pressi del fiume Nagi. Lui si recava spesso a Eracad per pregare, affinché potesse raggiungere un alto livello di conoscenza della via della spada chiedendo aiuto agli Dei.

Quel giorno, ti parlo esattamente di quando mio nonno aveva solo vent’anni e quindi nel lontano 1335, qualcosa distolse la sua preghiera. Un forte luccichio lo investì e avvicinandosi al fiume vide uno strano oggetto. Lo raccolse e una strana sensazione lo pervase. Quell’oggetto lo custodì accuratamente, per lui fu un segno degli Dei, un segno che sarebbe avvenuto qualcosa di formidabile nella sua vita: sarebbe nato qualcuno che avrebbe appreso cosa si celava dietro quel misterioso materiale.

Dovette aspettare la mia nascita per capire che gli Dei gli avevano indicato sul serio la via della spada. Io nacqui nel 1410, mio nonno aveva già settantacinque anni ma la mia nascita gli fu di grande aiuto nel suo lavoro. E da allora fu segnato il mio destino. Mio nonno ci lasciò quando io ero ancora un ragazzino, avevo poco più di quindici anni.

Mi diede in regalo quel prezioso materiale e mi disse che gli Dei lo avevano consegnato a lui per farlo arrivare al più grande maestro di tutti i tempi, cioè io. Mi disse che avrei potuto forgiarlo quando sarei stato davvero pronto per farlo divenire una potente e unica spada.

Era ed è un materiale prezioso, passarono molti anni prima che io potessi sentirmi pronto. Fu lui a dirmi di forgiare Elrinhien.»

«Quindi hai già forgiato Elrinhien. Perché non mi hai consegnato la prima che modellasti?»
«Sì, usai questo materiale quando ero già adulto, dopo anni di addestramento, avevo circa trentotto anni. Fu allora che mi sentii pronto per forgiare quella che sarebbe dovuta essere la spada più potente del mondo, paragonabile alla Tsumugari.»

In quel momento Shingen capì il motivo profondo per il quale Taro, prima della forgiatura della sua Elrinhien, gli aveva raccontato la leggenda del dio Haya Susanoo.
«E in tutti quegli anni, prima di arrivare a Elrinhien, come ha trascorso il tempo?»
«Allenandomi, addestrandomi e confidando nel culto degli Dei affinché mi potessero infondere saggezza e tenacia.»

«Lei ha usato Elrinhien?»

«No Shingen, la conservai proteggendola da chi non avrebbe potuto conoscere il suo alto valore perché speravo nell’arrivo di un mio successore e confidavo nella sua completa disposizione ai miei insegnamenti, così da preservare la tradizione di padre in figlio, come è avvenuto per secoli nella mia famiglia.»

«È riuscito nel suo intento?»

«No. Purtroppo, nonostante i miei sacrifici e le mie speranze, l’arrivo di un testardo avventuriero, proprio come te, mi costrinse a rispolverarla e riaffilarla prima del tempo, senza nessun tipo di addestramento fisico-mentale. Purtroppo, infatti, chi impugnò per la prima volta Elrinhien incontrò un degno combattente e ora quella spada giace con lui già da molti anni. Ecco perché ci tengo ad allenarti Shingen…»

«Io mi allenerò, non posso fallire, seguirò i suoi insegnamenti… Ma questo materiale cos’è?»

«Io non so dirlo con certezza. Quando me lo consegnò non aveva una forma ben definita, forse una zanna, un artiglio o semplicemente un osso. Le mie apparecchiature non sono così sofisticate da potermi permettere di eseguire un’analisi accurata dei materiali che forgio ma ho capito subito che si trat-tava di un materiale importante e unico nel suo genere.

Mio nonno mi disse che la sua durezza, la sua resistenza, la sua duttilità e capacità di adattarsi a qualsiasi uso, gli fecero venire in mente di utilizzarlo come materiale primario per forgiare una spada ma lo volle conservare per colui che sarebbe divenuto il più autentico tra tutti gli spadai, cioè per me.

Mi dicevano che ero un bravo fabbro e che sarei potuto divenire il più famoso di tutti i tempi, volevano già da piccolo farmi portare avanti la loro fucina a Moromi da solo ma io volli continuare la tradizione e avere ancora loro al mio fianco come maestri… lavorammo tutti e tre insieme, poi mio nonno ci lasciò nel 1415, alla veneranda età di cento anni.

Io e mio padre lavorammo a Moromi per altri cinque anni, quando l’improvviso crollo del ponte dello stretto di Berunia, che univa Aleran con Moromi, ci impedì il passaggio da una città all’altra.
Ci siamo dovuti abituare all’idea che non saremmo potuti più ritornare in quella fucina: quel ponte era l’unica via per arrivare in quella piccola città che si trova nella bocca di un vulcano ormai spento da millenni, il ponte conduceva direttamente all’interno di essa.

Mio padre mi aiutò a costruire questa fucina, la finimmo in meno di un anno e nel 1418 mi lasciò continuare solo e, da allora, il maestro sono io.»
«Lei ha usato un piccolo pezzettino di questo materiale per forgiare questa maestosa spada, credo che lei sia sul serio il più autentico tra tutti gli spadai, suo nonno e suo padre sono stati degli ottimi maestri.»

«Sì Shingen, un piccolo pezzettino di questo incredibile materiale mi è bastato per modellare la “tua” Elrinhien, in tutta la sua lunghezza e maestosità. La prima che forgiai, come ti ho già detto, ora è sepolta chissà dove…»
«Come fa ad essere certo che la sua spada è sepolta?» lo interruppe Shingen.
«Mio figlio mi disse che aveva intenzione di partire. Decisi di regalargli Elrinhien ma lui non volle ascoltarmi, non volle seguire i miei insegnamenti. Tu me lo ricordi parecchio… entrambi testardi. Tu, però, ora sei seduto accanto a me ad ascoltarmi, lui andò via senza nessun tipo di addestramento. Era un uomo forte e coraggioso ma non fece mai più ritorno e… mi lasciò un grande dolore.

Lui non volle mandare avanti la tradizione di famiglia, non voleva essere un artigiano spadaio, voleva essere solo un guerriero.
Non dimenticherò mai le sue dure parole “Io sono diverso da voi umili spadai, voglio il meglio per la mia famiglia e di certo non mi arricchirò facendo l’artigiano in questa piccola città”.»

«Tuo figlio? Quell’uomo che venne sconfitto era tuo figlio e non ti ha voluto ascoltare? Per dove partì? Come mai non fece più rientro?»

Taro si incupì in volto e i suoi occhi si rattristirono.
Shingen capì che quelle domande non avrebbero mai avuto risposta, allora aspettò in silenzio e col capo chino che il suo maestro riprendesse a parlare.

«Ascoltami sempre Shingen, io… bè io non voglio perdere il mio nuovo allievo, chissà forse un giorno porterai tu avanti la tradizione…»
«Non vuole perdermi? Tradizione? Io la ascolterò sempre e cercherò di non deluderla mai, maestro ma ora che ho capito tutto possiamo iniziare il mio addestramento?»

Il vecchietto gli sorrise e disse:
«Non sei più interessato a Elrinhien?»
«Sì certo, credevo mi avesse già raccontato tutto sulla mia spada.»
«Invece no Shingen, voglio raccontarti dell’altro. Sai, la prima che forgiai era un po’ diversa nella forma e leggermente più corta, solo settanta centimetri, l’elsa aveva una forma semplice e si portava appesa in orizzontale a una cintura posta sul fianco.

La tua spada è lunga centoquindici centimetri, quindi è molto più pesante, dovresti portarla a tracolla sulla schiena, con l’elsa sulla spalla sinistra e allacciarla al fianco destro, inoltre, dovresti affrontare il tuo viaggio a cavallo altrimenti rischi di non arrivare neanche al fiume Rely.

L’elsa della tua Elrinhien, inoltre, ho voluto renderla particolare, rappresenta due artigli; l’impugnatura, invece, come se fosse il possente corpo di due misteriose creature che intrecciandosi terminano nel pomolo dove le loro code, intrecciate anch’esse, sorreggono un arcano oggetto.
Il suo nome significa Battito Tagliente, Elrinhien è un vocabolo di una lingua antica che veniva parlata nell’antica foresta di Eracad.

Quel materiale pulsava tra le mie mani come se fosse vivo, come se avesse un’anima, un cuore ma non so assolutamente, ancora oggi, di che natura sia.
Quando mio nonno me lo consegnò, io lo strinsi procurandomi una profonda ferita di cui porto ancora oggi la cicatrice.
Da allora non aspettavo altro che poterlo forgiare ma sarebbe stato un grave errore, ero troppo piccolo e inesperto.

Quando lo plasmai per la prima volta sentivo una forte energia provenire da questo materiale e ne restai stupito ma quella fu anche l’ultima volta perché mi lasciò un grande dolore; decisi di conservarlo solo perché era legato al ricordo della mia famiglia, poi sei arrivato tu e per la tua nobile impresa mi è sembrato giusto onorarti di questo meraviglioso dono, inoltre sei disposto ad ascoltarmi e questo mi rende fiero perché significa che ho ancora qualcosa da poter insegnare a qualcuno. Diventerai un grande guerriero Shingen, ma non credere sia facile la vita dei guerrieri. Devi avere rispetto per la vita e non solo per la tua ma soprattutto per quella altrui.

Il vero guerriero è colui che difende il bene e non fa del male solo perché impugna una spada.
Il vero eroe è colui che ragiona con il cuore prima ancora che con la sua arma.
Ricorda Shingen, devi rispettare semplici ma importantissime regole, devi avere senso del dovere, risolutezza, generosità, fermezza d’animo, magnanimità e umanità.»

Shingen, dopo le parole del suo maestro, venne invaso da un senso di fierezza; come se lui fosse stato scelto, come si pensava in passato, dagli dei, per portare a termine il più alto dei compiti ma ancora non capiva o meglio ignorava del tutto di cosa si trattasse.

«Ora è molto tardi Shingen, conviene riposare, gli allenamenti li inizieremo domani mattina all’alba.»
«Maestro dove riposo?»
«Vieni con me, io e mia moglie ti accoglieremo nella nostra umile dimora.»

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di Annalisa Vozza

 

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