Beowulf

Il poema di “Beowulf” risale all’VIII sec. d.C. ed è uno dei primi esempi di epica medievale. Per me la lettura di questa leggenda significò accedere ad un mondo sino ad allora sconosciuto: quello della mitologia nordica, che non era contemplata dai programmi dei miei studi classici.

Ricordo ancora le notti in cui, dopo l’esame di maturità, divoravo le pagine del libro che mi avrebbe condotto in un’atmosfera di sogno affascinante come poche; oltre quella storia c’erano tanti altri personaggi ad attendermi: da Re Artù a Sigfrido, da Cu Chulainn a Finn Mac Cumaill.

Ma di loro vi racconterò un’altra volta… per ora vi basti sapere che, all’epoca, leggevo di nascosto per non farmi scoprire da mia madre, che vigilava affinché non leggessi di notte per non compromettere una già avanzante miopia; ignorava, forse, che quella smania di leggere era frutto di una vivacità intellettuale che lei stessa aveva contribuito a far germogliare.

A distanza di anni, ringrazio ancora mia madre per il dono più prezioso che potesse farmi: la curiosità.

         Tanto tempo fa, in una regione fredda ed inospitale chiamata Danmörk, a lungo regnò sugli Scyldingas il potente Hrodgar, famoso tra i popoli e amato dai suoi sudditi.

 

  Arrisero allora, a Hrodgar,
grandi successi militari,
segni di prestigio in guerra,
tanto che amici e parenti gli ubbidivano lieti,
mentre i giovani si facevano un seguito,
grande e forte.
Gli venne in mente la voglia di ordinarsi
una reggia di corte, di costruire un’immensa
casa per l’idromele, da parlarne in eterno[1].

 

         Venne così costruita una reggia, cui venne dato nome “il Cervo”; tanto largo potere aveva tale parola a quei tempi.

         La corte visse felicemente per anni tra gioie, banchetti e musiche, sino a quando un Nemico Infernale non interruppe quel periodo di pace e prosperità.

 

Aveva nome Grendel,
quell’Orco feroce: infame vagabondo
della marca, infestava putrescenti acquitrini,
terraferma e paludi. Per un certo periodo
quel personaggio nefasto si tenne nella regione
della razza dei mostri, da che il Signore
l’aveva proscritto con la razza di Caino[2].

 

         La Creatura immonda, infatti, discendeva direttamente dalla stirpe di Caino il fratricida, razza degenerata e maledetta dalla divinità; ogni notte funestava la reggia di Hrodgar facendo strage dei vassalli e dei guerrieri che abitavano la corte.

Per dodici inverni la regione del Danmörk subì le angherie dell’Orco Grendel, causando lutti e lacrime amare, sino a quando dal mare non giunse il principe Bēowulf, figlio di Hygelac, dalla terra dei Geati, che si presentò a Hrodgar offrendo il suo valore e il suo coraggio per sconfiggere il Nemico Infernale.

         Quella notte Bēowulf si stese sul pavimento della corte in attesa dell’arrivo del mostro che infestava (oscuro viandante dell’Ombra) le notti del Danmörk; quando il perfido Grendel, dagli occhi iniettati di fuoco e di sangue, giunse dalle paludi nebbiose nella reggia del Cervo, il figlio di Hygelac lo attaccò a mani nude ingaggiando una furiosa lotta corpo a corpo.

 

Si aprì una piaga, sul corpo del Mostro spaventoso:
gli apparve sulla spalla una vasta ferita[3].

 

         L’Orco Grendel fuggì urlando per il dolore e trovando rifugio nel suo covo senza gioia, solo per trovarvi la morte ormai dissanguato.

         Bēowulf affisse come trofeo il braccio sotto la volta del tetto della reggia.

         Il giorno dopo tutta la corte del Cervo celebrò l’impresa del figlio di Hygelac. Nei giorni successivi venne servita carne in abbondanza e versato idromele; i bardi, oltre a cantare le imprese dei grandi del passato, dedicarono i loro versi anche alle imprese del giovane guerriero che aveva osato opporsi a Grendel.

         Ma era destino che la gioia e la serenità non dovessero durare a lungo nella reggia del re Hrodgar: erano trascorse solo alcune notti dalla grande vittoria di Bēowulf sul terribile Orco, quando giunse la madre di Grendel a funestare i sogni degli Scyldingas, seminando ancora morte e disperazione.

         Bēowulf non si rassegnò e raggiunse la tana dei Cainidi seguendo le tracce di sangue che la madre di Grendel lasciava prima di immergersi nuovamente nella palude mefitica che aveva eletto come sua dimora.

         Il figlio di Hygelac si tuffò in acqua e si immerse nei flutti, lottando contro il freddo gelido e la mancanza d’aria, alla ricerca della tana del nuovo Nemico. Gli dei proteggevano il coraggio di quel giovane guerriero, che riuscì a riemergere appena in tempo per scoprire la tana della scellerata stirpe di Caino.

         Bēowulf brandì la sua spada e affrontò ancora una volta le forze del Caos nella immane ed eterna lotta per la salvaguardia dell’ordine cosmico. La madre di Grendel era dotata di forza sovrumana e di tutte le subdole armi del Maligno, ma infine fu la lama del valoroso principe dei Geati ad avere la meglio.

         Il figlio di Hygelac tornò alla corte del Cervo, mostrando la testa dell’Orchessa come trofeo; presso gli Scyldingas ancora una volta vennero celebrate le gesta del grande guerriero giunto dal mare a salvare il futuro del Danmörk. Bēowulf venne congedato con tutti gli onori e ricordato nelle saghe dei popoli del Nord come uno dei più grandi eroi mai vissuti.

         Ritornato nella sua madrepatria, altre imprese attendevano il valente e coraggioso Bēowulf; succeduto al padre sul trono del Götaland, egli regnò con saggezza e giustizia, reggendo le sorti del suo popolo.

         Quando la vecchiaia si approssimò a lambire anche la forza e il valore di quel grande re, un drago dal soffio mortale solcò i cieli della terra dei Geati, seminando morte e distruzione.

         Re Bēowulf avanzò con virile e cupa rassegnazione verso quel nuovo nemico, accompagnato dai fidati guerrieri della sua guardia personale, che per anni lo avevano aiutato a mantenere l’ordine nel suo regno.

         Di fronte alle spaventose fauci del drago, a ben pochi resse il cuore ed il coraggio per tenere testa a quel demone malvagio. Solo uno dei suoi guerrieri, Wiglaf figlio di Weohstan, nipote del re, ebbe la forza di rimanergli a fianco reggendogli lo scudo mentre affrontava quel terribile mostro.

Alzò la mano,
il signore dei Geati, colpì l’Orrore lucente
con la spada ancestrale,
[…]
Sollevò il pugnale mortale, amaro,
affilato in battaglia, che aveva sulla cotta,
squarciò… il ventre del serpente[4].

 

         Le esalazioni venefiche del drago furono però fatali per Re Bēowulf, la cui anima dipartì, diretta al giudizio di chi è fermo nel giusto.

         Il popolo dei Geati eresse per lui un tumulo degno di un grande re; i poeti lo cantarono e lo celebrarono come è giusto celebrare un sovrano e un amico. Tutti dissero che era stato

 

fra tutti i re del mondo,
il più generoso con i suoi
e il più cortese degli uomini,
il più gentile con la sua gente,
il più smanioso di gloria[5].

 

[1]     Anonimo, Beowulf, Torino, Einaudi, 1995, vv. 63.68.
[2]     Anonimo, Beowulf, ibidem, vv. 101-107.
[3]     Anonimo, Beowulf, ibidem, vv. 815-816.
[4]     Anonimo, Beowulf, ibidem, vv. 2575-2577, 2703-2705.
[5]     Anonimo, Beowulf, ibidem, vv. 3180-3182.

di Daniele Bello

Gennaio 24, 2017

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