Atticus
Atticus era sempre stato attirato dalla vita di corte del faraone. Non passava giorno che non tentasse di entrare nel palazzo, voleva a tutti i costi entrare nelle grazie del sovrano, il dio in terra. Tutte le volte le guardie lo cacciavano a pedate, ma lui il giorno dopo ritornava a tentare. Dopo innumerevoli tentativi ormai le guardie lo conoscevano e sembravano più disposte a tollerare la sua presenza.
Quando capitava che il Faraone usciva per recarsi nei templi a pregare, lui seguiva il corteo con discrezione, ma ogni volta sempre più vicino. Alla fine avvertito dal capo delle guardie che c’era questo ragazzo che continuava a girare intorno al palazzo il faraone incuriosito lo fece prelevare per condurlo davanti a lui.
“Allora mio giovane suddito, cosa ti spinge a tentare di entrare nel palazzo? Sai che solo per aver tentato anche solo una volta dovresti morire? Tu, mi dicono, hai tentato non so quante volte e anche quando sono fuori mi segui, vuoi dirmi che intenzioni hai?”
“Oh mio re , mia luce, mia vita , immenso faraone, dio di tutti noi, io anelo ad essere il tuo schiavo più fedele, tanto fedele da morire con te e sepolto insieme al tuo corpo quando la madre celeste ti chiamerà a sé”
“Ti rendi conto di cosa chiedi ragazzo, niente di meno che essere sepolto nella piramide con me, il faraone. Ti sembra una richiesta possibile? Con me non può venire nessuno, nemmeno la mia sposa. Il faraone deve restare da solo, e poi sai come funziona no? Gli organi divisi dal corpo e messi nei contenitori. Non pretenderai che sezionino anche te, alla stregua di un regnante. Ascolta la parola del tuo sovrano, torna a casa e dimentica questa follia. Voglio essere generoso, non ti faccio uccidere dalle mie guardie come meriteresti”
“Mio sovrano, non oserei mai, chiedere quello che tu dici, io non sono niente meno di un granello di sabbia del deserto, solo vorrei starti accanto anche nel viaggio verso le stelle, potrei esserti utile, potete mettermi in un angolo della tomba come un utensile, un ornamento, non importa come, basta che sia insieme a te oh! luce del cielo, stella luminosa che illumini le nostre misere esistenze”.
“Basta adesso ragazzo, hai parlato troppo e non intendo perdere altro tempo con le tue fantasticherie. Vai a casa prima che mi penta di questo atto di bontà”.
Il ragazzo calò il capo e si avviò verso l’uscita, in cuor suo però non demordeva. Doveva trovare un altro modo per realizzare il suo intento. Doveva riuscire e per farlo avrebbe corso qualunque rischio, era solo questione di tempo.
Capitò, nella stagione delle piene del Nilo che, il Faraone, in visita a dei villaggi che avevano avuto problemi con la piena del fiume, si ammalasse. Era preda di una violenta febbre, si stava indebolendo sempre di più, i medici di corte non sapevano fare altro che fargli dei salassi e pregare le divinità che salvassero la vita del loro signore e padrone.
Il giovane Atticus venne a sapere di questo e immediatamente corse a palazzo recando con sé una sacca piena di strane erbe. Suo nonno, uomo di enormi capacità, era quello che teneva in salute l’intero suo villaggio, e gli aveva dato e spiegato come usare delle piante con le quali era sicuro di poter salvare il faraone.
Atticus riuscì ad entrare da una porticina segreta che un suo zio, che aveva partecipato alla costruzione del palazzo conosceva bene. Evitando le guardie che stazionavano fuori la porta entrò nella camera dove si trovava il faraone. Gli fece bere subito un paio di sorsi di una mistura preparata dal nonno e poi si accucciò accanto al letto.
Dopo un paio di ore il faraone stordito, ma in grado di aprire gli occhi lo vide per terra, si adombrò temendo per la sua vita, quello strano ragazzo era lì e si chiedeva come aveva fatto a entrare senza essere visto.
“Ragazzo come sei entrato, cosa hai intenzione di fare, vuoi approfittare che sono malato per uccidermi?”
“Cosa dite mio signore, se sono qua è per salvarvi la vita; i vostri medici non hanno fatto molto mi sembra, in pratica si sono affidati agli Dei, se fosse stato per loro davvero potevate morire. Se adesso siete sveglio e perché vi ho dato io una medicina e se ne prenderete ancora sarete guarito nel giro di pochi giorni”.
Il faraone, messo difronte all’evidenza, non poté ribattere, sorrise e si distese, era sveglio, ma ancor debilitato, voleva riposare. Per evitare che il ragazzo fosse scoperto e lui in stato d’incoscienza non poteva salvarlo, lo fece nascondere sotto il letto, poi chiamò le guardie.
“Sentite voi due, come vedete sono ancora vivo e desidero per le prossime ore non essere disturbato da nessuno, compresi quei ciarlatani dei dottori, chiunque si avvicini alla porta deve essere cacciato, qui non deve entrare nessuno a meno che io non vi chiami, intesi? Se pensate di non farcela rivolgetevi al vostro superiore e riferite le mie parole. Se ritiene che due di voi sono pochi che ne mettesse altri. Io adesso devo dormire e devo essere sicuro che nessuno mi disturbi, se qualcuno entra qua dentro voi e i vostri compagni sarete morti prima che vi rendiate conto”.
I due soldati si allontanarono veloci con gli occhi bassi, il faraone stava tornando in salute e padrone come sempre. Andate via le guardie Atticus uscì da sotto il letto e si mise a disposizione del suo re. Nel pomeriggio dello stesso giorno gli fece bere un’altra dose di pozione e attese che facesse effetto.
Come il ragazzo aveva promesso in pochi giorni il faraone era tornato quello di sempre. Era sempre al potere più dispotico che mai. La sua presenza a corte non era più necessaria e il re lo fece andar via di nascosto, era grato per aver avuto salva la vita ad opera di quel giovane ostinato. Gli promise che avrebbe tenuto in considerazione la sua richiesta se fosse stato possibile.
Il tempo passò veloce e il faraone ormai anziano sentì che per lui il momento di lasciare questa terra era arrivato. Fece cercare e condurre a palazzo il giovane Atticus che intanto era cresciuto, si era sposato e aveva due figli, dei quali era molto fiero.
“Allora mio giovane amico, eccoci arrivati alla fine del viaggio, come vedi non mi sono dimenticato di te e di quello che hai fatto per me. Una promessa è una promessa e specie io che sono il Faraone devo mantenerla. Sei pronto a seguirmi nella piramide? Ho predisposto le cose in modo da farti mettere al mio fianco, ma in basso sotto il sarcofago, come un alleato, una persona degna di tale onore, che dici sei sicuro di volerlo fare? Io sono propenso a mantenere la promessa, ma tu sei ancora sicuro di volere chiedere la stessa cosa? Pensaci!”
Atticus prese atto delle parole del faraone, ora a distanza di anni e con due figli di cui doveva curarsi non era più certo di volersi sacrificare, solo non voleva perdere la faccia difronte al suo re che dalle parole che aveva detto gli stava lasciando una opportunità per rifiutare.
“Oh immenso signore del cielo e delle acque, padre di noi tutti, dalle tue parole sgorga limpida una sorgente di verità nascoste agli altri, ma per tua benevola concessione a me molto chiare, ebbene hai letto nel mio cuore e il dubbio che alberga in questa mente: da una parte devo mantenere la mia promessa di restare con te fino alla fine e anche oltre, dall’altra sento la necessità di adoperarmi per salvare quante più vite possibile. Nel tempo ho affinato le arti mediche e devo dire che i risultati sono molto soddisfacenti.”
“Lo so Atticus, lo so bene, per questo ti ho posto la domanda, la scelta è tua e solo tua, io non posso imporre niente, sono tuo debitore della vita e lascio a te il compito di valutare cosa è meglio.”
“Avete ragione, mio re, se fosse possibile credo che sarei più utile da vivo per curare chi non può sostenere le spese di medici affermati. Con le mie conoscenze mediche il popolo d’Egitto sarà in buone mani.”
“Ebbene che così sia – esclamò il faraone anche per mettere fine a quella discussione – tu sarai il medico di corte in primo e se ti resta tempo potrai curare chi vuoi. Inutile sprecare una risorsa come la tua per restare chiuso in un mausoleo per l’eternità.”
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