Amazzoni e robot – decima puntata

Mandy si trovò di fronte la faccia nascosta di quell’essere che soltanto poche ore prima l’aveva fatta fremere di desiderio. Vide la decadenza. Vide le efferatezze degli Odinisti. I Barbari sembravano le versioni maschilizzati delle Amazzoni “Bad Girls” quelle che Ippolita soleva sconfiggere e prendere a botte. No, il maschio crudele e sanguinario non la faceva fremere di libido neanche un po’, e dopo quell’ora in cui aveva visto scorrere sangue e visto donne trattate peggio del bestiame, lei accettò e comprese, anche se non giustificò, la voglia di voler tagliare col passato.

Fece una pausa. Tolse il CD rom storico e infilò quello della storia della musica rock. Se la vista del maschio le provocava quello che lei aveva provato, il sentire quella strana musica le dava una gioia di vivere e un’euforia come quella che provava nel seguire sullo schermo le storie delle amazzoni. Un assolo di chitarra di Jimi Hendrix le aprì la mente. Bingo! Come si spiegava che nelle Storie delle Amazzoni apparivano degli elementi della storia del mondo preistorico? I castelli come quello di Bigdog, per esempio? Nella sua carrellata di lezioni di storia ne aveva visti a iosa. E guarda caso il vestiario e le armi delle amazzoni. La classica uniforme dell’amazzone: l’elmo simile a quello dei Normanni la corazza simile a quella dei Romani come la tunichetta, e i pantaloni mimetici simile a quello dei Marines Americani del XX Secolo, e stivali dei cow boys del Selvaggio West, scuri vichinghe, balestre medioevali, archi moreschi, gladi romani. Un bel misto colorato ma ispirato a qualcosa che era esistito in un lontano passato. Julia Verne doveva per forza essere a conoscenza di alcuni dettagli della Preistoria. Perché, come, si domandó Mandy. Che rabbia, ora che lei aveva scoperto la Verità e credeva che la sua sete di sapere fosse stata soddisfatta, si trovava a porsi una nuova domanda.

Improvvisamente vide davanti a se una nuova meta. Scoprire chi fosse Julia Verne.

O meglio, smascherarla.

Elementare, pensò citando quel detective inglese di cui aveva appena letto. La Reginissima Klea e Julia Verne erano la stessa persona. Le Amiche del XX Secolo avevano conservato la conoscenza della Preistoria per un paio di millenni. Anziché divulgare la Verità l’avevano tenuta segreta e ora, il fine ultimo doveva essere stato deviato. L’ennesima clonazione di Freja Venus aveva preso il potere su Borealia, usando tecniche e metodi preistorici. Al di fuori della censura imperiale aveva divulgato su Galanet le storie delle Amazzoni, una distorsione della Preistoria. Lo scopo era quello di minare l’autorità dell’Impero. Infine, con intrighi degni delle storie che lei stessa divulgava, aveva detronizzato le altre sovrane, ingrandendo il suo potere e inviando spie in seno all’Impero. Si era impadronita del segreto del Robostratego e aveva riprogrammato i suoi robot. Un paradosso: divulgando le Storie delle Amazzoni, Julia o Klea o Freja Venus che fosse aveva ispirato Mandy alla creazione del Robostratego. Rubandolo all’Impero aveva, come dire, raccolto il seminato. Mandy si sentì usata. Ingannata. Le faceva rabbia che ora avrebbe anche dovuto essere grata a una intrigante tiranna per la propria creazione. Peggio ancora, era stata una fan di una bugiarda manipolatrice, di una che aveva deviato dal fine ultimo e tradito una causa.

Improvvisamente, tra un assolo e l’altro di Jimy Hendrix la parte creativa del suo cervello formulò un piano che avrebbe cambiato le sorti dell’Umanità e al contempo sabotato i piani di Klea. No, non sarebbe rimasta nascosta in quell’angolo del Pianeta. Sarebbe stato egoistico e inumano nascondere la Verità all’Universo. Era ora che essa venisse fuori.

Ma certo! Al momento in cui questa fosse stata svelata, i valori, l’etica, la religione e tutto il resto, costruiti al tavolino dalla Grande Sorella, sarebbero crollati. Davanti alla Rivelazione, tutto ciò che era stato illegale e antimorale sarebbe diventato legale e morale: come la vera versione del Cristianesimo. Dalle catacombe al trono di San Pietro e al Potere Temporale. La guerra in corso sarebbe terminata, visto che altri valori al di là di quello gretto del Potere si sarebbero fatti avanti. La pace sarebbe tornata. Klea e Alexandra avrebbero firmato la pace: né vincitrici ne vinte. Un po’ di retorica e forse Klea sarebbe passata per una divulgatrice di verità. Le storie delle Amazzoni sarebbero diventate di uso giornaliero per tutte le donne della Galassia che avessero avuto voglia di leggerle o di vederle in ologrammi digitali. Che Klea, anziché far guerre seguitasse a scrivere e creare! Lei stessa,  Mandy, condannata per un reato che non era più tale sarebbe stata scagionata e forse si sarebbe, anche lei, guadagnata un po’ di gloria. Bene, si disse, era ora di mettersi al lavoro. Avrebbe divulgato la Verità via Galanet. Il computer della capsula di salvataggio era collegato alla Rete.

Lavorò per almeno tre ore per trasferire i dati dagli antichi CD rom su di un miniring. Dovette lavorare di cacciavite per montare un cavo link che andava dalla porta del computer preistorico sul suo mini compurer da polso.

Allorché fu sicura che tutti i dati fossero registrati sul miniring si alzò.

Simile all’eroina o all’eroe di qualche antico film che avesse preso la decisione irrevocabile, fianco a fianco al suo fedele scudiero Argo uscì dalla stanza, percorse il corridoio e arrivò alla rampa. La risalì, convinta più che mai di stare per compiere un atto storico non differente al passaggio del Rubicone.

Si ritrovò a pronunciare una frase non proprio originale ma appropriata:  «Il dado è tratto!»

FINE DELLA PRIMA PARTE

 

SECONDA PARTE

di Paolo Ninzatti

 

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