Thomas Babington Macaulay (Roma)

Giovedì – 3 gennaio

Debbo confessare che i racconti che mi erano pervenuti a proposito di Napoli erano tutti piuttosto inesatti. Vi è molto meno mendicità che a Roma e l’industria è molto più sviluppata.

Roma è una città di preti. Mi ha riportato alla mente quei paesi della Palestina che si ergevano a parte, per essere abitati esclusivamente dai leviti. Sembra sempre che il commercio e l’agricoltura siano tollerati come elementi sussidiari alla devozione religiosa.

Vi si permette il lavoro; perché, se non vi fosse qualcuno a lavorare, tutti quanti morirebbero; e, se tutti quanti morissero, nessuno potrebbe pregare. Ma, non appena mettete piede in Napoli, non potete fare a meno di notare uno stridente contrasto.

Esiste la stessa differenza che corre tra la domenica e il lunedì. Evidentemente, da queste parti gli affari attinenti alla vita civile costituiscono l’elemento – base; la religione è l’accessorio.

Un poeta potrebbe presentare Napoli come Marta e Roma come Maria, Un cattolico potrebbe pensare che Maria sia alquanto migliore; ma anche un cattolico, per di più se protestante, preferirà senza dubbio Marta.

Devo informarmi appieno su tutti questi problemi. Comunque, per il momento, le mie impressioni sono tutte favorevoli a Napoli.

È l’unico luogo in Italia che mi sembri possedere la stessa vitalità dei grandi porti e delle grandi città inglesi. Roma e Pisa sono morte e sepolte; Firenze non è morta, ma assopita; Napoli invece deborda di vita.

Thomas Babington Macaulay, “The life and letters”

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