ERACLE le ultime imprese (3 di 3)

Le ultime imprese di Eracle (i “Parerga”)

Al termine delle sue dodici fatiche, Eracle aveva così riconquistato la sua libertà e acquisito il titolo di “Callinico” (“dalla bella vittoria”).

L’eroe decise allora di trovarsi una nuova compagna e si invaghì di Iole, figlia di Eurito, re di Ecalia (suo maestro di tiro con l’arco in gioventù). Il rinomato arciere offriva la figlia in sposa a chi lo avesse superato nella sua specialità.

Eracle partecipò alla contesa e sconfisse il suo antico maestro nel tiro con l’arco; Eurito cercò tuttavia di impedire il matrimonio tra la sua adorata figlia e un uomo che non aveva esitato ad uccidere la propria moglie.

Tra i figli del re il solo Ifito prese le parti dell’eroe, da lui grandemente stimato; dal canto suo Eracle, quando si vide negare la sposa regolarmente conquistata, andò su tutte le furie.

Accadde intanto che certi buoi appartenenti ad Eurito venissero rubati; il re di Ecalia fece credere a tutti che il furto fosse stato commesso dall’Alcide per screditarlo: Ifito non accettò nemmeno allora l’ipotesi che l’amico potesse aver compiuto un’azione così meschina: unitosi ad Eracle, si mise sulle tracce del vero responsabile dell’azione.

Durante il viaggio, però, Eracle venne nuovamente posseduto dal flagello della collera, la maledizione lanciatagli dalla matrigna Hera, e fece pagare al giovane lo sgarbo di Eurito scagliandolo giù da una torre. Quando ritornò in sé e si accorse di aver ucciso un amico, l’Alcide cadde in una profonda prostrazione.

Eracle aveva commesso uno degli atti più spregevoli, secondo la morale ellenica, avendo ucciso un ospite ed un amico. Nessuno voleva compiere per lui il rito di purificazione tanto che l’Alcide decise di andare a Delfi per avere la punizione per il suo delitto.

La Pizia (la sacerdotessa di Apollo), tuttavia, non aveva alcuna intenzione di riceverlo e di ascoltarlo: di nuovo in preda alla rabbia, Eracle riportò lo scompiglio nel tempio, impadronendosi del tripode sacro ad Apollo e minacciando di compiere il rito da sé.

Lo stesso dio Apollo scese giù dall’Olimpo e decise di affrontare Eracle. Lo scontro fu tanto cruento, che Zeus fu costretto ad intervenire, separando i duellanti e imponendo alla Pizia di riferire a Eracle come potesse purificarsi dall’omicidio di Ifito e dalla profanazione dell’oracolo.

Sotto la guida di Hermes, Eracle si imbarcò verso l’Asia e si fece vendere come schiavo; venne acquistato per tre talenti da Onfale, regina della Lidia. Ella capì ben presto di che schiatta fosse il figlio di Alcmena e pensò di utilizzarlo come compagno di vita invece che come servitore.

Sotto il suo comando, Eracle liberò la regione dai Cercopi, dei ladri che potevano anche assumere l’aspetto di scimmie e che importunavano i viandanti della zona; l’eroe riuscì a catturarli e a legarli con i piedi ad un bastone, trascinandoli come secchi; ma i due si mostrarono talmente bizzarri e simpatici (facendo anche sconce allusioni al fondoschiena abbronzato dell’Alcide), che Eracle alla fine li liberò sorridendo[1].

Durante la sua schiavitù presso Onfale, Eracle uccise anche il brigante Sileo, che catturava i viaggiatori e li uccideva dopo averli obbligati a lavorare nella sua vigna; stessa sorte toccò a Litierse della Frigia, detto il “mietitore” per la sua trista fama di tagliatore di teste.

Il lusso e gli agi della vita orientale riuscirono in qualche modo a rammollire l’eroe, che divenne il passatempo preferito di Onfale; la regina era solita giocare con la clava e la pelle di leone di Eracle e si divertiva a vestirlo con abiti femminili e ad impiegarlo nella filatura della lana.

Dopo tre anni trascorsi in questo modo, l’Alcide decise di dire addio a questa vita così poco adatta a un eroe come lui e lasciò per sempre Onfale e la sua corte.

Eracle decise di vendicarsi su coloro che, durante la schiavitù presso Euristeo, avevano trasgredito i patti stabiliti. A Tirinto, l’eroe radunò un drappello di compagni eroici (tra i quali figuravano Iolao, Peleo e Telamone) per muovere guerra contro Laomedonte, il re troiano che non aveva voluto riconoscere all’eroe il giusto compenso per aver salvato la figlia Esione.

L’esercito di Eracle sconfisse il re di Troia e trucidò il sovrano e i suoi figli maschi, risparmiando solo Esione e il piccolo Podarce, che venne riscattato dalla sorella[2].

Esione andò in sposa a Telamone e dalla loro unione nacque Teucro, destinato a diventare un valoroso guerriero ed un abile arciere. Podarce, invece, decise di cambiare il suo nome in Priamo (che significa appunto “il riscattato”) e rifondò la città di Troia, portandola all’antico splendore.

La vendetta personale dell’eroe non era ancora conclusa; vi era infatti un altro fedifrago da punire: Augia. Questi venne sconfitto ed ucciso insieme a tutto il suo esercito e ad i suoi alleati (tra cui il fratello Attore); i suoi domini vennero ceduti al figlio Fileo, l’unico che aveva difeso Eracle in presenza del padre.

Eracle invase anche il territorio dell’Elide per vendicarsi di Neleo, re di Pilo, che aveva tentato di sottrargli i buoi di Gerione e – si narra – non aveva voluto purificarlo dopo l’uccisione di Ifito. Il sovrano venne ucciso insieme ai suoi figli: unico sopravvissuto della famiglia reale fu Nestore, che si trovava lontano dalla propria patria ed ereditò quindi il regno paterno.

Stessa sorte toccò ad Ippocoonte, re di Sparta; Eracle lo sconfisse e mise sul trono il fratello Tindaro, destinato a divenire il padre adottivo di Elena (la donna che fu l’origine della famosa guerra di Troia).

Durante queste imprese, Eracle si invaghì della sacerdotessa Auge, figlia del suo compagno ed alleato Cefeo, dalla quale ebbe Telefo, futuro re della Misia.

Eracle giunse quindi in Calidonia, una regione dell’Etolia per riferire a Deianira, figlia del re Oineo, il messaggio che il fratello Meleagro le inviava dal regno dei morti. Eracle, che già sapeva della bellezza della fanciulla, si innamorò di lei e la portò con sé come sposa, dopo un’ardua contesa con un rivale, il dio fluviale Acheloo.

I due decisero di trasferirsi a Trachis, in Tessaglia, per vivere lì insieme. Giunti di fronte ad un corso d’acqua in piena, Eracle e la sua nuova moglie incontrarono il centauro Nesso, che si offrì di traghettarli sulla riva opposta portandoli sulla schiena.

Eracle, dopo aver gettato sull’altra riva la clava e la pelle di leone, si tuffò a nuotare agilmente nel fiume in piena, affidando la sposa alle cure di Nesso.

Il centauro si era infiammato dalla bellezza della donna e, una volta giunto sull’altra sponda del fiume, tentò di rapirla; Eracle sentì le grida della moglie e con una delle sue frecce avvelenate trafisse Nesso in pieno petto.

Negli spasimi del dolore, il centauro suggerì a Deianira di inzuppare un vestito nel suo sangue; se un domani l’eroe avesse portato la camicia intrisa con quel liquido, Eracle non si sarebbe più innamorato di nessuna altra donna.

Deianira venne così condotta a casa dell’Alcide: il matrimonio venne allietato da ben otto figli, tra cui Illo.

In seguito, Eracle mosse guerra nei confronti di Eurito, maestro d’arco e trasgressore dei patti poiché non aveva voluto cedere in sposa sua figlia al prode figlio di Alcmena (secondo un decreto dell’Oracolo di Dodona, questa era destinata ad essere l’ultima impresa di Eracle).

Eracle uccise Eurito e portò con sé numerosi prigionieri, tra cui la bella Iole; presa dalla gelosia, Deianira decise di mettere in pratica l’incantesimo che le aveva rivelato il centauro. La figlia di Oineo inviò ad Eracle un vestito immerso nel sangue di Nesso, che l’eroe indossò per celebrare i riti di ringraziamento per la vittoria.

Non appena il fuoco acceso sull’altare ebbe riscaldato il veleno con cui era intriso, il vestito cominciò a bruciare la pelle dell’Alcide, che non riusciva in alcun modo a strapparsi l’indumento di dosso.

Con le sue ultime forze, Eracle sradicò alcuni alberi e costruì una pira funebre per porre fine alle sue sofferenze; una volta preparato il rogo, né suo figlio Illo né il nipote Iolao ebbero però il coraggio di accenderlo, Eracle fu costretto a chiedere ad un pastore di nome Peante di dare fuoco alla legna.

Questi ubbidì e l’eroe gli donò le sue armi, che si renderanno molto utili, durante la guerra di Troia, al figlio Filottete.

Indossata la pelle di leone che non lo aveva mai abbandonato l’Alcide salì sul rogo e spirò: con la morte dell’eroe ad opera del sangue di Nesso si avverò la profezia di un oracolo, che prevedeva la fine di Eracle ad opera di un uomo morto.

Iolao, dopo aver osservato tale prodigio, costruì un tempio in onore dello zio, mentre Illo, su ordine dello stesso Eracle, sposò Iole. Deianira, quando seppe ciò che era successo, in preda ai sensi di colpa si uccise[3].

La storia dell’eroe più amato dagli antichi Elleni non poteva non avere un lieto fine: mentre Eracle periva nelle fiamme della pira Zeus prelevò il corpo del figlio e lo condusse nell’Olimpo, accogliendolo tra le divinità; il nobile discendente di Perseo, vincitore di aspre battaglie, si riconciliò con Hera ed ebbe in sposa Ebe, coppiera degli dei e dea dell’eterna giovinezza.

Qui si chiude la nostra sia pur breve carrellata di tutte le imprese del grande Eracle, che i Latini conosceranno con il nome di Ercole. Noi aggiungeremo solamente che, dopo la morte dell’eroe, si scatenò un’aspra faida tra Euristeo e i discendenti di Eracle (detti, appunto, Eraclidi);

si narra che Iolao e Illo guidarono i figli dell’Alcide alla riscossa contro il tiranno, cui venne tagliata la testa; una ormai anziana Alcmena fece scempio del cadavere dell’odiato nemico.

La dinastia dei Perseidi si estinse a Micene; un oracolo predisse che la corona dovesse essere affidata ad un discendente di Pelope: tale onore spettò ad Atreo, padre di Agamennone e Menelao (futuri protagonisti della guerra di Troia).

[1]    Non fu altrettanto pronto allo spirito il sommo Zeus, che di fronte all’ironia dei Cercopi si adirò trasformandoli definiti-vamente in scimmie.
[2]   Anche il giovane Titone, figlio di Laomedonte, scampò alla morte, perché venne reso immortale grazie all’intervento di Eos, l’Aurora, sua amante.
[3]     La morte di Eracle ispirò a Sofocle la tragedia “Le Trachinie”.

 

 

di Daniele Bello

Aprile 25, 2017

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