Charles Dickens

Charles Dickens

BOLOGNA

La città ha un non so che di grave e di dotto, ed è immersa in una penombra così piacevole che basterebbero queste due cose a farcela ricordare fra un gran numero di città, anche se essa non venisse maggiormente impressa nella memoria del viaggiatore dalle due torri pendenti di mattoni (ciascuna della quali è di per sé bastantemente sgraziata, a dir il vero), che sono inclinate per traverso come se si inchinassero rigidamente l’una all’altra, e che terminano in modo veramente straordinario la prospettiva di alcune delle vie più strette.

Contribuiscono pure a darle un posto separato e distinto nella memoria gli edifici scolastici, le chiese e i palazzi; e soprattutto l’Accademia di Belle Arti, dove c’è un gran numero di pitture notevolissime: Guido, Domenichino e Ludovico Caracci.

Ma anche se queste cose non ci fossero e mancasse ogni altra cosa che servisse a farci ricordare Bologna, la grande meridiana che è sul pavimento della chiesa di San Petronio, sulla quale i raggi del sole segnano le ore fra la gente inginocchiata, costituirebbe da sola un’attrattiva piacevole e singolare.

Charles Dickens “Impressioni d’Italia (1844-45)”

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