Filemone e Bauci
Tra i tanti legami che mi uniscono a mia moglie Catia, faro e punto di riferimento della mia vita nel caotico oceano dell’esistenza, ci sono proprio le favole: ricordo ancora quando, appena fidanzati, trascorrevamo ore ed ore a passeggiare mentre io le raccontavo miti e leggende del passato, che lei mi chiedeva in continuazione senza darmi neppure il tempo di riprendere fiato;
una delle sue storie preferite era, senz’altro, quella che viene descritta nelle pagine che seguono. Ricordare oggi questi momenti significa per me ringraziare ancora una volta la mia compagna di vita per tutto l’amore che ha saputo darmi in questi anni.
Filemone e Bauci
Tanto tempo fa, gli dei erano soliti camminare sulla terra tra i comuni mortali e andare a bussare di porta in porta per sondarne la bontà d’animo; per questo l’ospitalità era sacra presso i Greci: perché dietro le sembianze di un viandante o di un semplice mendicante poteva nascondersi un dio.
Questa tradizione non era evidentemente nota agli abitanti di un villaggio della Frigia (una regione dell’Asia Minore), sito non molto distante dalla città di Troia; qui, infatti, presero sembianze umane il padre di tutti gli dei Zeus (Giove) e uno dei suoi figli prediletti, Hermes (Mercurio).
I due viaggiatori, stanchi per il lungo viaggio a piedi, bussavano di porta in porta in cerca di ospitalità, ma invano. Nessuno concedeva loro né carità, né ristoro.
Zeus ed Hermes giunsero infine di fronte ad un’umile casetta dove vivevano Filemone e Bauci: due poveri vecchietti dalle facce rugose, sposati da oltre cinquant’anni e che tuttavia continuavano a volersi bene come il primo giorno in cui si erano conosciuti.
Quando i due sconosciuti bussarono alla porta di quella coppia di sposi così straordinariamente affiatata, Filemone e Bauci non ebbero altro pensiero se non quello di accogliere quei pellegrini e dar loro ospitalità. Venne acceso il fuoco e preparata una zuppa d’erbe, venne affettato il prosciutto serbato per le grande occasioni.
I quattro si misero tutti a tavola, apparecchiata in modo semplice ma sobrio ed elegante; durante la cena, avvenne un fenomeno straordinario: di tanto in tanto, Bauci versava del latte di capra dalla sua anfora per dissetare gli ospiti, che Zeus ed Hermes trovarono entrambi squisito; eppure, per quante volte la vecchietta riempiva il bicchiere dei due viandanti, l’anfora in luogo di svuotarsi si riempiva da sola.
Al termine della cena, Filemone e Bauci rinunciarono al loro letto coniugale per far dormire più comodamente gli ospiti e si sistemarono per la notte in un giaciglio di paglia.
La mattina dopo Zeus si alzò dopo aver dormito il sonno del giusto e si rivelò ai due sposi per chi era veramente; disse che aveva trovato la gente del luogo arida e meschina e che l’avrebbe punita a dovere.
Hermes invitò quindi Filemone e Bauci ad uscire dalla loro casa per raggiungere la sommità del colle più vicino: i due vecchietti si misero in marcia e, anche se arrancando, giunsero alla fine in cima all’altura assieme alle due divinità.
Zeus stava stendendo la mano su quel paese tanto ingrato, che venne immediatamente sommerso da una palude; solo la casetta di Filemone e Bauci venne risparmiata ma essa si era miracolosamente trasformata in un tempio di marmo bianco e dal tetto d’oro.
Zeus rivolse il suo sguardo benigno ai due vecchi e disse: “Voi siete le uniche persone dall’animo buono e gentile che abbiamo incontrato e per questo meritate la mia gratitudine; ditemi quello che desiderate e vi verrà concesso”.
Filemone e Bauci rimasero un po’ interdetti e si misero a confabulare tra di loro, sotto lo sguardo tollerante di Hermes e Zeus; con le persone anziane, si sa, ci vuole pazienza.
I due sposi si scambiarono uno sguardo d’intesa e, come ci riferisce Ovidio nelle ‘Metamorfosi’, formularono il loro desiderio:
Chiediamo d’essere sacerdoti
e di custodire il vostro tempio;
e poiché in dolce armonia
abbiamo trascorso i nostri anni,
vorremmo andarcene nello stesso istante,
ch’io mai non veda la tomba di mia moglie
e mai lei debba seppellirmi.
Il desiderio di Filemone e Bauci venne esaudito da Zeus: i due vecchi, infatti, furono i custodi di quello splendido tempio per tutto il resto della loro vita.
Ma un giorno avvenne un altro straordinario prodigio; mentre, sfiniti dallo scorrere degli anni, i due vecchi stavano davanti alla sacra gradinata del tempio, narrando la storia del luogo ai pellegrini, Bauci vide Filemone coprirsi di fronde e crescere di statura; e la stessa cosa stava succedendo a lei.
I due sposi capirono che stava succedendo qualcosa di misterioso, ma continuarono a parlare tra di loro sussurrandosi parole d’amore. Infine, dissero assieme: “Addio, amore mio”, pochi istanti prima di perdere del tutto la voce; un ultimo bacio suggellò le loro bocche.
Bauci si mutò in un tiglio, e Filemone in una quercia; le fronde e i rami dei due alberi erano intrecciati tra di loro in un ultimo ed eterno abbraccio; erano diventati due alberi sacri a Zeus, destinati a stare ancora insieme per i secoli a venire e a fare ombra ai viandanti accaldati.
Ai piedi dei due alberi vi era ancora l’anfora che Bauci aveva utilizzato per dissetare Hermes e Zeus, tanti anni prima; essa aveva ancora il miracoloso potere di riempirsi da sola senza svuotarsi mai.
Tutti i pellegrini dall’animo semplice e gentile che assaggiavano quel latte lo trovavano il liquido più fresco e zuccherino che avessero mai assaggiato. Le persone dall’animo gretto e malvagio, invece, percepivano solo un sapore rancido ed amaro non possedendo il dono di gustare il bello della vita.
E’ questa, forse, una delle storie più tenere e delicate della mitologia greca, che mi piace dedicare a tutte le persone che si vogliono bene.
Ho apprezzato moltissimo questa bella storia che non conoscevo. Grazie. Giusy Signorello