La foresta del grande corvo – 1 di 2

Erik decise di fuggire dalle terre di Lord Crow. Non voleva portare con sé la sorella Angel. Lui ormai si considerava un uomo anche se aveva da poco compiuto sedici anni. Non voleva trascinarsi una ragazzina lamentosa e gracile. L’impresa che lui voleva compiere era dura e la sorella poteva ostacolare il suo viaggio.

I genitori, viste le misere condizioni in cui vivevano, avevano acconsentito che il loro figlio maschio andasse lontano da quella terra ingrata e difficile. Il governo del Lord non era proprio l’ideale per una famiglia. Quelle poche che ancora resistevano erano allo stremo delle forze; le tasse continue, la terra che non produceva abbastanza da sfamare la gente, le angherie alle quali erano sottoposti dagli sgherri neri, e le milizie del signore del regno avevano prostrato e ridotto in condizioni miserevoli tutto il popolo.

Quando Erik si rese conto che non era possibile continuare e disse ai suoi genitori che voleva andarsene per cercare, lontano da quel regno del terrore, un possibile aiuto, loro non poterono fare altro che acconsentire. Lui era giovane e aveva una vita davanti a sé, invece per loro era già troppo tardi. Acconsentivano a patto che portasse con lui anche la sorella più piccola, ma lui in un primo momento si rifiutò categoricamente di farlo.

“È troppo piccola non posso, – stava dicendo ai genitori – lo sapete il pericolo è tanto, non so nemmeno se riuscirò io a cavarmela, ancora non può affrontare un viaggio simile.”

“Non fare storie Erik – ribadì il padre – lo sappiamo benissimo, non dovresti partire nemmeno tu. Ma se ti concediamo il permesso è per la salvezza di entrambi, voi dovete vivere, noi siamo anziani e ormai niente può farci più male. Devi proteggere te stesso e tua sorella, vogliamo per voi un futuro diverso da questo posto orrendo.”

“Come faccio padre? Io sono determinato e ho intenzione di andare oltre il confine della Foresta Nera, di sicuro là troverò qualcuno in grado di aiutarci e vedrai tornerò a salvare anche voi. Il compito che mi vuoi affidare però è troppo gravoso, Angel è una femmina. Come farò ad affrontare i pericoli sapendo che ho una bambina con me?”

“Lo devi fare figlio, lo capisci da solo, se lei resta qui corre pericoli ancora più grandi. Lo sai che appena cresce, un altro anno, gli sgherri la vengono a prelevare e la portano via. Nessuno ha mai saputo che fine hanno fatto le nostre figlie femmine. In tutta la nostra comunità sono rimasti solo anziani e qualche giovane, le femmine sono sparite tutte. Anche voi non siete messi bene, se ti vedono bene in salute ti costringono al lavoro in miniera, perciò figlio, non fare obiezioni, prendi tua sorella e fuggite finché siete in tempo.

Ecco- disse il vecchio porgendo una sacca al ragazzo che stava ad ascoltare, – qui ci sono dei viveri per affrontare almeno i primi giorni, poi dovrai arrangiarti da solo. Hai detto che vuoi andare oltre la Foresta Nera, ti prego evita se puoi, tieniti lontano da quel posto.

È un bosco maledetto, un posto terribile, al suo interno non cresce nessun tipo di pianta commestibile, le acque dei ruscelli sono velenose e ci abitano animali spaventosi che in ogni ora del giorno emettono dei suoni così terrificanti da far accapponare la pelle. Devi aggirarla dal lato sud, dove la vegetazione è più scarsa, ma il cammino è agevole.”

“Ma così ci metterò il doppio del tempo, potrei incappare nelle pattuglie di lord Crow, sarebbe la fine per me e per Angel.”

“Pensi che non lo sappia? Ai figli dei nostri amici che ci hanno provato, è successo proprio questa cosa, li hanno intercettati ai lati della foresta e sono scomparsi.”

“D’accordo padre, quando sarò sul posto vedrò come e dove posso nascondermi per evitare brutti incontri. Ora chiama Angel digli di prepararsi, appena fa scuro noi andiamo.”

Detto questo il giovane prese la sacca che il padre gli aveva dato e uscì per andare nella stalla. Di animali non ne avevano più, era rimasta solo la stalla che usavano come un ripostiglio per gli attrezzi di lavoro. Erik aveva nascosto fra la paglia un pugnale che aveva trovato fra le rovine di una casa demolita dai soldati dopo che i proprietari erano stati uccisi. Era severamente proibito portare armi, ma lui dopo averlo trovato lo aveva subito nascosto proprio per non portarlo addosso, ora gli serviva e lo prese.

Era una bella arma, la lama era lucente e l’impugnatura era lavorata a mano: su entrambi i lati era inciso qualcosa di simile a uno stemma. Aveva la forma di un’ala d’uccello e sotto c’erano incise delle lettere, lui non sapeva leggere e non si curò di nulla, gli serviva un’arma e questo bastava. Inoltre aveva raccolto nel tempo anche delle borracce di pelle, per il trasporto di acqua, quando si viaggia in terre sconosciute almeno una provvista d’acqua è necessaria, forse più del pane.

Mise tutto in un’altra sacca e restò in attesa seduto sulla paglia a meditare su come uscire dal paese che era pattugliato giorno e notte. Durante il periodo in cui aveva progettato la fuga aveva osservato con attenzione il rituale della ronda notturna delle guardie. Seguivano sempre lo stesso schema. Uscite dal castello le pattuglie, che in genere erano tre, si dirigevano ognuna verso un lato, uno centrale e due laterali, avanzavano in obliquo a raggio così coprivano più territorio e nulla poteva sfuggire alle loro lanterne.

Dopo aver fatto il giro completo fino ai confini, ritornavano indietro cambiando strada fino alle porte del castello da dove ricominciavano la solita perlustrazione. Erik aveva pensato di nascondersi in una buca che aveva scavato un po’ alla volta per non dare nell’occhio e poi coperta da frasche e erba fresca.

Quando la pattuglia sarebbe arrivata dalle sue parti, non doveva fare altro che aspettare che tornassero indietro e poi velocemente prendere la via della campagna verso la foresta. Là certamente non sarebbero venuti a cercarlo.

Le dicerie su quella foresta scoraggiavano anche il più incallito mercenario. Aspettò nella stalla la sorella che dopo poco arrivò. Era un tipino longilineo, snella e scattante.

A vederla sembrava magra e patita, ma aveva un’agilità non indifferente. In silenzio prese una delle due sacche che Erik aveva messo a terra e se la mise sulle spalle.

“Sono pronta, quando vuoi andiamo.”

Erik le fece segno di non parlare e si avviò verso la campagna. Si mantennero bassi scivolando fra le ombre dell’imbrunire dietro i muri delle case, delle stalle, delle capanne e le rovine di case distrutte, arrivarono ai confini del paese, da quel punto in poi era terreno scoperto e dovevano fare presto, fra meno di un’ora le pattuglie avrebbero iniziato i loro giri di sorveglianza. Dovevano raggiungere la buca pronta ad accoglierli.

Correndo a schiena curva fra i cespugli arrivarono senza difficoltà, alla buca fatta da Erik, in quel momento non c’erano guardie in giro, erano tutte a consumare il pasto serale. Lui scostò le frasche e l’erba, fece scendere prima Angel con le sacche poi si calò anche lui. Con un ramo richiamò su di sé le frasche sule quali aveva messo abbondante zolle di terra piene d’erba, lavorando da sotto con il bastone fece in modo che l’intera fossa fosse coperta, confidava anche nel buio.

Le lanterne illuminavano poco, le guardie, lui le aveva viste, cercavano per lo più persone nascoste fra l’erba, non si soffermavano più di tanto su posti vuoti. Passavano velocemente avanti, tanto sapevano che dovevano fare questi giri per tutta la notte. Infatti, non passò troppo tempo, prima che i due ragazzi rannicchiati in quel buco umido, sentissero il rumore degli uomini di pattuglia che venivano avanti, passarono davanti alla buca non degnando di uno sguardo quell’insolito rigonfiamento del terreno, per loro era insignificante.

Appena Erik udì il rumore dei passi che tornavano indietro scostò appena delle foglie per accertarsi che non ci fossero pericoli poi con un balzo uscì fuori, diede una mano alla sorella e insieme si precipitarono verso il confine che ormai era a poca distanza.

Una volta usciti dal raggio d’azione dei soldati si fermarono sotto un albero seminascosti da alti cespugli e consumarono una parca cena con il cibo che era nella sacca. Si riposarono ancora un po’, poi, a un cenno della ragazza che era già pronta in piedi si rimisero in cammino. Strada facendo verso la Foresta Nera Erik disse alla sorella delle preoccupazioni del padre, di aggirare la foresta per evitare brutti incontri. Angel ci pensò un po’ su poi si fermò vicino a dei massi e si sedette invitando il fratello a fare altrettanto.

“Scusa Erik, non voglio essere petulante o inopportuna, ma c’è qualcosa che non mi entra nella testa, senti che pensiero mi è venuto in mente. Tu forse lo saprai meglio di me perché hai avuto più anni il tormentone nelle orecchie su quanto è pericolosa la foresta nera. Il nonno e poi nostra madre, nostro padre non hanno fatto altro che riempirci la testa su questa benedetta foresta.”

“È proprio così stupida ragazzina, cosa ne vuoi sapere tu, certo che è pericolosa, nessuno entra lì dentro di sua volontà. È infestata da spiriti malvagi e da animali tremendi. Non possiamo certo infilarci la dentro, dobbiamo aggirarla.”

“Ecco questo è il punto che mi incuriosisce, state tutti a dire di evitare poi immancabilmente tutti i tentativi di fuga sono falliti miseramente proprio perché le guardie erano fuori ad aspettare.”

“Con questo cosa vorresti dire?”

“Tutto e niente, non ti scaldare fratellone, pensavo che forse qualcuno ha messo in giro, ad arte, questa diceria sulla foresta proprio per avere l’opportunità di poter catturare i ribelli con facilità, infatti li aspettano fuori e li beccano tutti. Non mi meraviglierei se fosse stato proprio lord Crow a ideare questa leggenda, disperdendo le pattuglie all’interno di una foresta a caccia di fuggitivi non avrebbe ottenuto lo stesso risultato, non ti pare?”

“Questo tuo ragionamento non del tutto malvagio, non ti facevo così sveglia sorellina. Ti viene da pensare, e più ci penso più mi convinco che è un’idea plausibile. Allora tu saresti disposta a entrare nella foresta per sfuggire alle guardie?”

“La paura ce l’ho, è normale, ma sono disposta a rischiare, se devo morire almeno sarà per una mia idea, senza seguire il pensiero degli altri. Sì, direi che possiamo tentare, in compenso avremo ottenuto, se ne usciamo vivi, due cose. Chiarire una volta per tutte questa faccenda della foresta e, seconda aver trovato la strada più breve e sicura per andarsene da questo regno di paura e desolazione.”

A questo punto – disse Erik – non ci resta che avvicinarsi il più presto possibile prima del ritorno dei soldati e buttarsi dentro e vedere che succede.

I due ragazzi si misero in cammino su un sentiero scarsamente illuminato dal chiarore lunare, ma sufficiente per non perdersi nel buio della notte. Dopo aver fatto una buona camminata si ritrovarono davanti a un muro di alberi, dietro non si vedeva nulla. L’interno non raggiunto dalla luce della luna era tetro e non invitava certo ad entrare. i due tenendosi per mano si guardavano negli occhi nella speranza di trovare qualche segno di cedimento, invece, entrambi erano intenzionati a entrare.

Dopo i primi passi fra quegli alberi enormi, gli occhi si abituarono al buio e cominciarono a distinguere i contorni dei cespugli, dei tronchi e dello stretto sentiero che s’inoltrava come un filo bianco tra l’erba alta. Tutto quello che incontravano aveva dimensioni enormi. Sembrava il parco privato di un popolo di giganti. Alberi dei quali non si vedeva la cima, piante strane cariche di frutti, bacche color rosso scuro.

Chissà – si chiesero – se erano buone da mangiare, andarono avanti piano con molta paura, ma man mano che avanzavano questa si affievolì, avevano preso coscienza che finora non era successo niente, nessun animale mostruoso, nessun pericolo evidente.

Cominciarono a osservare lo spettacolo lugubre che si stava materializzando davanti ai loro occhi. Era un luogo tetro, gli alberi erano enormi ma i tronchi sembravano pietrificati, la maggior parte era senza fogliame, solo lunghe e scarne braccia rinsecchite tese verso il cielo. Arrivarono in una parte dove una grande radura, priva di vegetazione, era disseminata di resti di cibo, a prima vista sembravano ossa.

I due ragazzi ebbero un attimo di esitazione, quella visione non era certo rassicurante e a peggiorare le cose ci fu improvviso un rumore. Uno scroscio che sembrava una cascata d’acqua, poi pensandoci era più un frullo di ali, ma dovevano essere gigantesche perché il rumore che produsse fu spaventoso e si accorsero che ci fu anche uno spostamento d’aria che quasi li fece cadere.

Ancora più impauriti si ritrassero accostandosi a un tronco, erano bianchi in viso dalla paura. Dopo il frullare di ali si sentì echeggiare tonante nell’aria un rumore assordante. Un gracchiare di merli o di corvi amplificato al massimo, la foresta intera ne risentì tanto che le poche foglie rimaste su alcuni alberi si staccarono volando in cerchio nell’aria prima di cadere per terra morte.

Erik, nonostante dimostrasse una certa sicurezza nei confronti della sorella più piccola per rincuorarla, dentro di sé aveva paura e maledisse il momento in cui aveva dato ascolto a quella piccola peste. Si aspettava da un momento all’altro un attacco di qualche animale che li avrebbe uccisi in un istante. Stavano ancora addossati all’albero quando una voce cavernosa pronunciò delle parole.

“Chi osa mettere piede nella foresta? Siete degli stolti, non sapete che in questo bosco è proibito entrare? Fatevi vedere, dove siete intrusi, siete davvero piccoli, perché non riesco a vedervi?”

Erik dopo aver ascoltato quelle parole cercò di nascondersi ancora di più, ma si rese conto che non poteva farlo per sempre, prima o poi sarebbero stati visti, lui e la sorella. Proprio per salvare almeno lei si staccò dal tronco che lo stava proteggendo e si fece avanti. Assunse un tono spavaldo per non impressionare la piccola e si mise al centro del sentiero.

“Eccomi, chiunque tu sia, io sono qua, ora fatti vedere tu, hai parlato ma non ti ho visto ancora, chi sei?”

Nessuno rispose al suo invito, sentì solo un violento sbattere di ali che produsse come uno spostamento d’aria che aveva un odore nauseabondo, puzzava di muffa, di sterco essiccato e aveva il profumo della morte, sembrava un cimitero pieno di fiori marciti. Poi apparve sulla cima di un albero la sagoma di un grande uccello. Nell’ombra della notte non riuscì a vederlo bene ma dalla sagoma gli sembrò un corvo dalle proporzioni esagerate, era quasi più grande dell’albero su cui si era posato.

Parlò, e Erik riconobbe la voce come quella che aveva parlato prima.

“Eccomi temerario ragazzo, sei un giovane ardito, sei anche il primo che ha avuto il coraggio di entrare qua dentro, devo farti i complimenti, so anche che non sei solo, dov’è il tuo compagno, anzi direi la tua piccola amica, lei è più coraggiosa di te, perché anche essendo piccola e femmina ti ha seguito in questo inferno dove io vivo.”

“Sono qui, uccellaccio dalla lingua lunga, non sono la compagna io sono la sorella di questo bellimbusto, come vedi hai ragione non ho paura degli uccelli io, anche se sono grandi a grossi. Allora vuoi dirci che succede in questa foresta? Là fuori il popolo crede che qui dentro ci sia il diavolo o qualcosa di peggio, tu che puoi dire?”

“Forte la sorellina vero ragazzo? Cosa posso dire, niente di particolare, io sono un corvo così come i miei compagni ora assenti. Mi vedete grande e lo sono, ma questo è il risultato di un maleficio che è stato fatto su di noi quando eravamo dei semplici uccelli uguali a tutti gli atri. Se non sbaglio lo avete adesso come vostro Signore, si fa chiamare Lord Crow, il signore dei corvi.

Aveva bisogno di un posto dove concentrare la sua magia e ha scelto questa foresta, ha reso l’ambiente così come lo vedete, deserto, squallido e inospitale, poi ha preso noi poveri corvi e ci ha trasformato in queste bestie sgraziate e enormi per spargere il terrore in tutte le terre limitrofe. Con il tempo le leggende su questa foresta sono aumentate fino a rendere questo posto inviso a tutti, nessuno osa entrarci e tutti quelli che pensano di poter scappare alla sua influenza vengono facilmente catturati.

Ancora mi domando come mai voi ragazzi avete avuto il coraggio di entrare. Qui non correte nessun pericolo, nessuno di noi vi farà del male, siamo grandi ma innocui per le persone.”

“Ma noi abbiamo visto prima un posto pieno di ossa, da dove derivano, dalle vostre vittime? Non prenderci in giro, così come siete dovete pur mangiare no, non è che vi nutrite di esseri umani?”

“No, ragazza, quelle sono le ossa dei miei compagni, quando sappiamo che è giunto il momento veniamo qui a morire. Come tutti i corvi mangiamo frutta, semi, insetti, il solito cibo, solo che dobbiamo allontanarci sempre di più. Come potete vedere da voi stessi questa foresta sta morendo, gli alberi non fanno più frutti adatti per noi e nella quantità che serve.”

“Allora noi possiamo anche andarcene, ti pare, siamo entrati per abbreviare il viaggio verso il regno vicino in cerca d’aiuto.”

“Non è così facile, ragazzi, appena fuori lo sapete ci sono le pattuglie delle guardie, se vi vedono uscire da qua, lo riferiranno al lord e allora passeremo dei grossi guai. mi dispiace ma non posso farvi passare, potete restare qui tutto il tempo che volete, ma non potete andarvene.”

“Così ci condanni a morte sicura, corvo malefico, se siamo entrati è perché sapevamo che le guardi non ci vengono, loro aspettano fuori tutti quelli che per paura fanno il giro esterno e li catturano senza nemmeno sforzarsi troppo. Se ci mandi fuori saremo morti entro domani. Ti sembra una buona cosa? Non mi sembri così cattivo in fondo. Sei brutto da vedere e incuti spavento e paura, ma credo che sei un bravo uccello.”

Angel finito di parlare si sedette per terra, incrociando le braccia e voltando le spalle al grande corvo. Erik era perplesso, non immaginava che sua sorella così piccola, fosse capace di tener testa a un mostro come quell’orrido uccellaccio. Temeva che si offendesse e loro poi ne avrebbero pagato lo scotto. Il corvo invece rimase muto per un po’, poi gracchiando rispose alla ragazza.

“Hai ragione ragazza, non è giusto che io vi mandi fra le braccia delle guardie, sarebbe un’azione non degna di uno come me. Vediamo come si può fare per farvi uscire da qua dentro senza incorrere in pericoli. Io un’idea ce l’avrei.”

“Sentiamo che cosa proponi. A proposito corvo, hai per caso un nome? Non mi piace chiamarti uccello, come tu non puoi chiamarmi essere umano. Io sono Angel – disse la ragazzina e quel tipo vicino all’albero è mio fratello Erik, tu come ti chiami?”

Il corvo la guardò con uno sguardo torvo, ma era solo la sua fisionomia che lo rendeva brutto e mostruoso, dentro di sé sorrideva. Quella ragazzina aveva del carattere, gli era simpatica, solo che adesso lui doveva dire il suo nome e di fatto non aveva mai pensato di avere un nome. Era solo una mostruosità alata creata dal perfido lord Crow.

Pensò in fretta al nome da dare come risposta e, alla fine, scelse Eduard, gli sembrò un buon nome per un corvo come lui, aveva un certo non so che di portamento regale. Eduard, sì gli piaceva. Un pensiero gli attraversò la mente, ma preferì scacciarlo subito, non voleva ricordare.

“Allora hai detto di chiamarti, Angel, bene! Un bel nome che si addice anche alla tua figura. Davvero sembri un angelo con quei capelli chiari e lo sguardo angelico.

Ascolta, il mio nome è Eduard, sono uno degli ultimi discendenti di una antica stirpe di corvi che hanno avuto il privilegio di essere stati accolti nei giardini reali del vecchio sovrano di queste terre. Ora quel mago da strapazzo sta facendo morire questi posti una volta famosi per la loro bellezza, questa foresta era il vanto del regno di allora, hai visto come è ridotta adesso, se non si scaccia questo lord delle mie piume morte non troveremo mai pace.

Bene, ragazzi allora io come detto avevo un’idea per uscire di qua. Ve la sentite di fare un bel volo al di sopra degli alberi per andare oltre confine? Ho valutato il vostro peso e penso di potervi sopportare sul mio dorso, se salite su di me io vi porto il più lontano possibile; anche noi non possiamo allontanarci molto, abbiamo una discreta autonomia di spazio dove possiamo volare ma non troppo. Penso tuttavia che per voi sarà sufficiente, basta che vi allontaniate dalla foresta, questo penso di poterlo fare, dopo però dovrete cavarvela da soli.”

I due ragazzi si guardarono in viso, stupiti. L’idea di salire su quell’uccellaccio sgraziato e orribile a vedersi non piaceva per niente a Erik, mentre la ragazza era più disponibile a tentare e voleva convincere il fratello.

“Ti rendi conto Erik, che meraviglia, in brevissimo tempo avremmo percorso un pezzo di strada non indifferente, a piedi non ci saremmo mai riusciti. Quel corvo lo vedo bello grande, non dovrebbe avere molti problemi con due come noi.”

“Ah! Ti preoccupi se lui avrà dei problemi, invece dovresti occuparti dei nostri problemi, capisci che se questo corvo decide di non aiutarci ti scaraventa giù dall’alto? Sai che frittata!”

“Che dici, rispose in malo modo la sorella –la smetti di diffidare di tutti, hai visto che si è comportato bene, se voleva farci del male a quest’ora eravamo già morti, smettila di essere negativo e pensa a cosa possiamo fare una volta usciti da qua dentro. Affidiamoci a lui e vedrai che entro stasera saremo nel castello del duca Aldowin, lui quando gli racconteremo quello che succede al nostro villaggio certamente interverrà per spazzare via quel lord e la sua feccia di soldataglia.”

“Io non mi fido molto, ma se sei convinta che si possa fare allora facciamolo, puoi dire al tuo amico pennuto che ci stiamo, quando vuole, siamo pronti a solcare il cielo.”

Angel sorrise di contentezza e chiamò con uno strillo il grande corvo.

“Eduard, – chiamò a gran voce – siamo pronti, quando vuoi portaci fuori da questo inferno di desolazione.”

“D’accordo ragazzi, allora andate verso quello spazio aperto dove posso scendere senza sbattere nelle foglie degli alberi, appena atterro salite su di me mantenevi alle penne perché decolleremo subito. Mi hanno appena riferito che le pattuglie degli sgherri si stanno dirigendo tutto intorno alla foresta, tranquilli non entreranno ma rimarranno fuori fino a quando non uscirete. Mi viene da ridere se penso alla faccia che farebbero sapendo che uscirete così in alto che non potranno nemmeno vedervi.”

Mentre i due giovani si dirigevano verso lo spiazzo indicato dal corvo, in cielo le nuvole si stavano aprendo lasciando intravedere una luna pallida e dalla luce smorta, avvolta da un leggera nebbia che rendeva il paesaggio ancora più spettrale, e lui, maestoso, con un’apertura alare non indifferente, planava lentamente a terra, senza rumore, senza sbattere le ali.

Avvicinatisi, i ragazzi, con un po’ di difficoltà, causa le penne e le piume dell’uccello che erano scivolose, s’issarono sul dorso e afferrarono con forza le penne, il corvo non si accorse nemmeno del peso dei due, girò appena il capo per assicurarsi che stessero ben saldi e distese le ali. Prese una leggera rincorsa e prima di andare contro gli alberi riuscì a mettersi in volo, facendo subito una virata proprio per evitare di sbattere contro le piante.

Una volta salito ad altezza utile si girò ancora per vedere il suo carico umano e dopo si buttò in picchiata verso la fine della foresta, mentre i suoi compagni cominciarono a gracchiare tutti insieme nel bosco per distrarre le guardie. Facevano presente che loro erano all’interno della foresta e tutto andava bene.

Erik e Angel emozionati di trovarsi a quel­l’altezza, guardavano sotto di loro, la distesa degli alberi della foresta era impressionante, sembrava non avere mai fine. Poi dopo un lungo volo planato senza sbattiti di ali per non destare sospetti nelle pattuglie il corvo poté agitare le sue possenti ali e in breve davanti ai loro occhi si presentò un tratto di terreno privo completamente di alberi, solo rocce, bianche, enormi, si stagliavano nel buio al chiarore della luna. Appena superata la zona rocciosa il corvo iniziò la manovra di discesa. Atterrò poco oltre le rocce su una pianura coperta di soffice erba.

“Ragazzi oltre non posso andare, quelle rocce sono il nostro confine, già sono fuori devo sbrigarmi a tornare indietro, se si accorgono della mia assenza passerò dei grossi guai. Voi siete quasi arrivati, seguite il sentiero che troverete poco più avanti e in poco tempo vi troverete davanti al castello del duca. Vi auguro buona fortuna, se riuscirete a spazzare via il lord dalle nostre terre ve en sarò eternamente grato. Addio piccola coraggiosa Angel, e anche tu Erik, proteggila anche se credo che sia lei a proteggere te, ascoltala, la sua testolina funziona molto bene.”

Dette le ultime parole prese una rincorsa e si alzò in volo. A vederlo da terra faceva impressione, più grande di un’aquila, più nero della notte, quel suo becco armato di denti e durissimo come l’acciaio ne facevano una perfetta macchina da guerra. Prima di allontanarsi fece un volo radente, per salutare i due ragazzi poi si diresse veloce verso la foresta che aspettava nera e tetra il suo ritorno.

Erik e Angel dopo aver dato un’occhiata in giro scoprirono il sentiero che dovevano percorrere. Solo che arrivati nei pressi si fermarono un attimo a riflettere e come previsto fu Angel che espresse il suo pensiero.

“Ascolta Erik, credo che non manchi molto all’alba, io direi di riposarci un po’ qua intorno, cerchiamo un posto e restiamo a riposarci, non vale la pena avventurarci nel buio, ormai il pericolo delle pattuglie è scongiurato, posiamo prendercela comoda. Domano mattina appena spunta il sole partiremo e vedrai sarà un viaggio facile e comodo, almeno così ha detto il nostro amico corvo.”

“Hai ragione piccola – rispose Erik ridendo – devo dire che non mi aspettavo tutta questa saggezza da parte tua, devo riconoscere che te la stai cavando meglio di me, io magari sono più forte, ma tu sei più sveglia, insieme siamo una bella coppia.”

Il mattino si presentò con una fitta foschia di umidità. La pianura era immersa in una coltre biancastra che ostruiva la vista dopo al massimo dieci passi. I due rimasero interdetti dal fenomeno, non avevano previsto una situazione del genere il sentiero non si vedeva o almeno non nella sua lunghezza solo pochi passi alla volta e anche non bene. Fidandosi delle parole del corvo si misero a seguire la sottile striscia bianca che s’inoltrava nel nulla della nebbia. Non avendo punti di riferimento i ragazzi camminavano con lo sguardo a terra per non perdere di vista il cammino.

Erano intenti a sorvegliare il sentiero che non si accorsero che lateralmente all’improvviso sbucarono alcuni soldati in armi. Li circondarono tenendoli a distanza con le lance. Il capo pattuglia l’interrogò:

“Fermi dove siete non fate un passo, chi siete e cosa ci fate su questa strada, sapete che siete nelle terre del duca?”

Erik stava per rispondere quando Angel s’intromise assumendo una faccia contrita e afflitta.

“Grazie signora guardia meno male che vi abbiamo incontrato, che paura che avevo, in questa nebbia non sapevamo dove stavamo andando, ci siamo persi a quanto sembra, davvero siamo nelle terre del duca? Meno male che fortuna proprio da lui volevamo andare, sarete così gentili da portarci da lui?”

Il capopattuglia restò per un attimo sorpreso da quella bambina, possibile che si fossero persi, da dove venivano, nei paraggi non c’erano abitazioni, l’unica strada portava alla foresta nera e dall’altra parte c’era il regno del duca e loro venivano appunto da là. Quella bambina mentiva, non potevano essersi persi, né tantomeno potevano arrivare dalla foresta nera, era troppo lontana perché due ragazzi potessero attraversarla o aggirarla. Decise nel dubbio di portarli davanti al suo signore, lui avrebbe deciso la loro sorte. Per non insospettirli fece finta di assecondare la richiesta della ragazza.

“Allora è deciso venite con noi, andiamo al castello e vi farò parlare con il duca in persona, forza in marcia e non fate scherzi.”

Messi in mezzo ai soldati, camminarono su un altro sentiero e man mano che avanzavano la nebbia si schiariva fino ad arrivare a un punto dove era scomparsa del tutto. Si vedevano bene i campi coltivati, ordinati e puliti, erano rigogliosi di frumento e di piante di orzo. Alberi da frutta carichi di ogni tipo di frutti. C’era benessere in quelle terre a differenza di quelle da dove venivano loro. I contadini erano al lavoro e quando passarono loro vicino quelli li salutarono insieme ai soldati.

La visione di quella serenità fece stringere il cuore di Angel, pensava ai genitori che tribolavano nel lavorare un campo pieno di pietre e che dava scarsi frutti.

Da lontano si videro le torri e i merli del castello che splendeva al sole, era bello possente e c’era un’aria di festa tutt’intorno. Il vessillo bianco e celeste con le insegne del duca sventolava al vento. Era un bel vedere e riempiva di speranza il cuore dei ragazzi. Speravano davvero che il duca potesse aiutarli a sconfiggere quel maledetto mago che rispondeva al nome di Lord Crow.

Il drappello si presentò davanti il ponte levatoio che fu calato immediatamente. Una volta entrati fu issato di nuovo. Le guardie si diressero nei loro alloggi mentre il capo pattuglia e i ragazzi proseguirono verso l’interno del castello per presentarsi davanti al duca.

“Mio signore – esordì inchinandosi il capitano delle guardie- durante il nostro consueto pattugliamento abbiamo trovato questi due ragazzi lungo il sentiero che conduce alla foresta nera. Dicono di essersi persi ma non credo sia la verità, non sappiamo da dove arrivano e cosa ci facevano su quella strada, li ho portati da voi per interrogarli.”

“Bravo capitano, avete fatto bene, del resto sono solo due giovani spaesati non credo volessero attentare alla mia vita, non vi pare?”

“Come comanda sua signoria, allora posso ritornare dai miei uomini, siamo stati di pattuglia tutta la mattinata.”

“Certo, vada pure e elogi i suoi uomini, sono sempre al lavoro in modo esemplare, sono contento di voi e dei vostri uomini, dia loro il mio grazie.”

Uscito il capitano il duca osservò attentamente i ragazzi, Erik si sforzava di assumere una posa da uomo duro avvezzo, ma i suoi occhi esprimevano tutta l’ansia che provava in quel momento. Trovarsi davanti al signore di tutta la regione lo faceva sentire a disagio, mentre la sorella non sembrava affatto intimorita dalla situazione in cui si trovavano. Il duca li osservò e scelse di rivolgersi alla bambina, gli era simpatica e ammirava la sua forza d’animo. Erano pochi quelli che davanti a lui riuscivano a mantenere un atteggiamento altero e spregiudicato.

“Allora, ragazzina, sembra che tu non abbia paura di me, vuoi avere la gentilezza di spiegarmi chi siete e cosa ci fate sulle mie terre, io non vi conosco, mai visti prima, vi posso assicurare che conosco tutti i miei sudditi, so chi sono e cosa fanno, dunque, cominciate col dire chi siete.”

“Vede signor duca – rispose Angel con un sorriso – è difficile anche per me dire chi siamo, non lo so, in pratica non siamo nessuno, solo due sperduti ragazzi scappati di casa e dal regno di lord Crow.”

“Ferma un momento, hai detto che venite dal regno di Lord Crow? Visto che tuo fratello ha perso la lingua, puoi spiegare come siete arrivati fin qua senza incappare nelle sue pattuglie? Questo stento a crederlo, è impossibile uscire da quelle terre.”

“Lo so bene signore, ancora adesso stento anche io a credere di trovarmi esattamente dove volevo essere, non posso crederci che tutto quello che abbiamo passato, il destino ci ha portati davanti alla persona che volevamo incontrare. Voi signor Duca.”

“Davvero? posso sapere perché volevate vedermi, di grazia! Però non hai ancora spiegato come avete fatto ad arrivare, questo m’incuriosisce molto.”

“È un po’ complicato da spiegare, dovrei partire da molto lontano per raccontare dei soprusi, delle vessazioni e del malgoverno di quel mago che si fa chiamare Lord Crow. Il nostro popolo, a differenza del vostro che è felice e sereno, soffre ogni sorta di ingiustizia possibile.”

“Ho capito, ma questo non spiega niente.”

“Ci arrivo signore, un attimo di pazienza. Io e mio fratello, d’accordo con i nostri genitori, siamo partiti per arrivare da voi a chiedere un aiuto. Sapevamo che la foresta nera era inavvicinabile e che andando per vie esterne avremmo comunque incrociato i drappelli delle guardie nere del lord. Allora ho pensato di tentare il tutto per tutto entrando nella foresta, ero convinta che là dentro non ci avrebbero seguito.”

Il duca la guardò sbalordito, quel piccolo essere aveva più coraggio dei suoi soldati, loro non sarebbero mai entrati in quella foresta, nemmeno sotto tortura.

“Continua ti prego, la cosa sta diventando interessante.”

“Una volta entrati pur con la paura che ci faceva piegare le ginocchia abbiamo proseguito per attraversarla e uscire dall’altro lato, quello che dà sui vostri possedimenti. Però ci siamo dovuti fermare, a causa di un enorme e mostruoso corvo nero.”

“Che cosa? Nella foresta ci sono dei corvi? Domandò sobbalzando sulla sedia il duca, ecco allora cos’erano quei suoni strazianti che sento tutti i giorni da quelle parti.”

“Sì, signor duca, ce ne sono tanti, quello che ci ha fermato era il più grande di tutti, più di un’aquila, più di un albero, era enorme e faceva davvero paura.”

“Scommetto – disse il duca sorridendo – che tu non hai avuto paura, invece, vero?”

“Beh non è proprio così, ma posso dire che ero abbastanza tranquilla, quel corvo a dispetto della sua bruttezza si è dimostrato invece un vero amico, ci ha parlato con garbo e ci ha spiegato alcune cose. Non ho capito molto, ero eccitata, ma sembra che sia stato vittima di un sortilegio effettuato da Lord Crow, non so il motivo ma sembra che lui sia stato eletto guardiano della foresta, ha un campo d’azione limitato per muoversi, è anche lui una vittima delle nefandezze di quell’uomo malvagio.”

“Ho capito, doveva essere davvero mostruoso e tu giovanotto ancora non hai detto una parola, tua sorella ha avuto tanto coraggio e tu, eri capace di difenderla dai pericoli?”

“Certo vostra grazia, io parlo poco, ma non mi tiro indietro se c’è da combattere. – così dicendo cacciò dalla sacca che aveva sulle spalle il pugnale che aveva trovato e lo mostrò al duca – ecco vedete, sono armato e non avrei esitato ad affrontare chiunque si fosse messo in mezzo.”

Il duca lo stava ascoltando con attenzione, ma quando vide il pugnale restò per un attimo fisso a guardarlo. lo stava fissando con un’aria incredula, non era ancora convinto, ma quando il ragazzo lo spostò di mano e poté vedere l’impugnatura. Si scosse come colpito da una smania improvvisa.

“Ragazzo, fermati portami subito quel pugnale, subito!”

“Signore questo è la mia arma non posso privarmene.”

“Zitto stupido ragazzo, vieni subito qua e fammi vedere quel pugnale non discutere con me.”

A malincuore Erik dovette avvicinarsi e porgere la lama al duca che senza tanti complimenti l’afferrò e si mise a esaminarlo. La verifica durò poco; calmatosi alquanto ma ancora in preda a una febbricitante agitazione, il duca si rivolse con voce più pacata verso Erik.

“Dimmi ragazzo dove hai preso quest’arma? Non può essere tua, ti rendi conto vero?”

“Ebbene signor duca, è vero, l’ho trovato nel mio villaggio, fra le macerie di una casa distrutta dagli sgherri di Lord Crow.”

“Ah! Capisco e quindi da quel momento tu ritieni che sai di tua proprietà.”

“Certo vostra signoria, le cose abbandonate appartengono a chi le trova, la casa era distrutta e i proprietari morti, non c’è nessuno che ne può rivendicare la proprietà.”

“Sbagliato, mio caro Erik, questa volta qualcuno c’è che può rivendicare il possesso.”

“Davvero? E da dove sarebbe uscito, io non ho visto nessuno.”

“Quel pugnale mi appartiene, caro ragazzo, non so ancora come sia finito dalle tue parti, ma ti posso assicurare che è uno dei miei pugnali, del resto c’è sopra il mio stemma di famiglia, se non mi credi puoi andare a vedere i quadri nel corridoio dei miei antenati. Noterai che lo stemma impresso sull’impugnatura è lo stesso, poi c’è scritta anche una massima che è anche il motto di famiglia. Come vedi posso dimostrare l’appartenenza al mio casato. Quello che non mi spiego e cosa ci faceva in quella casa distrutta. Forse i proprietari hanno fatto qualcosa per farsi bruciare la casa?”

“Nel villaggio non si è saputo niente, il giorno prima la casa era in piedi e ci viveva una donna anziana con suo nipote, un bel giovane educato e istruito, noi purtroppo siamo ignoranti, non so leggere e nemmeno mia sorella. Il giorno dopo non era rimasto nulla in piedi, tutto bruciato. quando sono passato io erano trascorsi molti giorni e dei due non si è saputo più niente. Questo è tutto, io non so altro.”

“Bene, allora per ringraziarti ti farò dono di un’altra arma, cosa scegli? Sempre un pugnale o vuoi una spada? Puoi scegliere quella che vuoi, anche se spero che non dovrai mai usarla.”

“Grazie signor duca, se per voi è lo stesso preferirei una spada robusta, non troppo lunga ma robusta da poter affrontare un nemico più grande di me.”

“D’accordo allora, ti farò preparare una buona lama dal mio fabbro personale. Chiuso questo argomento vogliamo chiarire il motivo che vi ha spinto ad affrontare questa avventura solo per parlare con me, voglio sapere perché.”

Angel si fece avanti e con grazia, ma ferma nelle parole raccontò tutto quello che succedeva nel regno di lor Crow. Alla fine del racconto il duca era turbato, sapeva che il signore delle terre oltre la foresta era un personaggio scomodo, ma non che potesse fare tutte quelle nefandezze. Il problema era che lui non aveva intenzione di scatenare una guerra solo per accontentare due ragazzi. anche se riusciva nell’impresa ci sarebbero state molte vittime, fra i suoi soldati, valeva la pena affrontare quest’impresa?

“Cara ragazza quello che hai raccontato è davvero terribile e capisco la vostra voglia di rimediare, ma non vedo come posso aiutarvi. Dovrei scendere in guerra contro di lui, questo comporterebbe centinaia di morti, non penserete che si faccia da parte senza combattere, specialmente se è cattivo come dite. È buona norma non intromettersi negli affari degli altri, se si vuole vivere in pace. Al momento per quanto mi dispiaccia per voi e per tutto il popolo del vostro regno, non posso fare molto.”

“Così signor duca, lei magari salverà centinaia di soldati che sono pagati per combattere le guerre e condannare a morte sicura migliaia di persone innocenti, fra le quali anche bambini e giovani come noi. Certo la guerra non piace nemmeno a noi, preferiremmo adottare altri sistemi, ma io non ne conosco. Si dovrebbe uccidere magari solo il mago e allora credo che tutto potrebbe ritornare allo stato prima del suo arrivo.”

“Certo piccola amica che non hai peli sulla lingua tu eh! Addirittura, vuoi commettere un omicidio pur di liberare il tuo popolo dal terrore. Sai che sei proprio forte, vuoi portarmi a dichiarare guerra a un elemento come il signore delle tue terre. Sai anche tu che è uno tosto, uno forte e per giunta mi dici che è anche un mago potente. Anche volendo e, non è detto che lo voglio, cosa posso fare? Non posso certo mandare un killer a uccidere in casa sua lord Crow. Visto che sei così intelligente hai per caso tu una soluzione buona per questa cosa?”

“In effetti ci stavo pensando già da un po’, e mi sto convincendo che potremmo coinvolgere il nostro amico Eduard, con lui forse potremmo avere qualche speranza.”

Nel sentire pronunciare quel nome il duca trasalì, si mise in posizione di difesa mentre il suo sguardo si fece cupo.

“Chi sarebbe questo Eduard, se siete scappati dal villaggio e siete venuti qui, dove lo avete conosciuto questo tizio? E come potrebbe aiutarvi? A proposito non mi avete ancora spiegato come siete arrivati qui in così breve tempo.”

“Vostra grazia ora vi spiego tutto e vedrete che tutto si collega.”

Angel prese a narrare tutte le vicende che lei e il fratello avevano vissuto per arrivare al castello del duca. Parlò di tutto, del corvo gigante e del volo che avevano fatto sul suo dorso. Lei raccontava e il duca cambiava espressione ogni qual volta lei accennava a quel corvo di nome Eduard. Era una storia inverosimile.

Stentava a credere alle parole di quella bambina, eppure era consapevole che la ragazza non poteva mentire, tanto più erano fantastici i fatti accaduti tanto più dovevano essere veri, per quanto inverosimili. Una ragazzina così non poteva inventarsi tutto.

Come spiegazione il duca intuì che ci doveva essere la mano di qualche mago, un frutto di magia che permetteva agli uccelli di parlare, un animale così grande mai si era visto nelle terre conosciute, del resto stando al racconto lui stesso aveva dichiarato che era sotto un incantesimo, era un corvo del tutto normale ora invece era una specie di mostro alato.

Questa costatazione suscitò in lui un interesse particolare. La ventilata idea di aprire un conflitto contro quel bruto di lord Crow non era poi così malvagia. Se quello che pensava si rivelava vero avrebbe affrontato anche il diavolo in persona, doveva solo saperne di più e chi meglio del corvo gigante poteva chiarirgli tutte le domande che aveva in mente?

Il problema era che per parlare con l’uccello doveva spostarsi lui, l’animale era schiavo di ritorsioni e punizioni se si fosse allontanato. Dopo aver riflettuto a lungo il duca decise il da farsi. Si alzò e con un cenno fece avvicinare i ragazzi andando loro incontro, li abbracciò con calore e si rivolse a loro con fare paterno.

“Cari ragazzi, dopo aver ascoltato le vostre disgrazie ho deciso di fare qualcosa per voi. Prima di prendere una decisione definitiva però ho bisogno di sapere qualcosa di più su questo Lord Crow. Sapete qualcosa voi che non mi avete detto: quanti uomini ha? il suo castello è fortificato? conoscete persone disposte a darci una mano nel caso volessimo attaccare la fortezza? Mi sembra che queste domande siano necessarie, non sembra anche a voi?”

“Certo signor Duca, solo che noi non possiamo dirvi molto di più, per quello che abbiamo visto noi, i soldati ai suoi ordini non sono molti. Ha un certo numero di pattuglie che messe insieme possono formare un piccolo esercito, ma non tanto numeroso da opporsi al vostro che sappiamo essere forte preparato.”

“Può essere, ragazzi, può darsi che avete ragione ma io devo essere sicuro, poi devo sapere anche tutto il resto. Avevo pensato di chiedere notizie più dettagliate a quel vostro uccello gigante lui senza dubbio conosce tutto quello che c’è da sapere. Mi avete detto che non può allontanarsi molto e allora faremo in modo di andare noi da lui. Come possiamo avvertirlo del nostro arrivo? Avete un modo per avvisarlo? Intanto che voi pensate, io faccio preparare un drappello di uomini armati, appena pronti partiremo. Se avete fame potete andare nelle cucine, ho dato ordine di accontentare le vostre richieste, chiedete pure. Andate e pensate a come avvertire il corvo Eduard.”

“Angel, – disse Erik rivolgendosi alla sorella mentre andavano verso le cucine – adesso ci troviamo in difficoltà, come pensi uscirne, il duca è stato gentile e si prepara alla battaglia, ma senza aiuto del grande corvo non so come potremmo sperare di vincere contro lord Crow.”

“Non disperare Erik, vedrai che faremo in modo di farlo arrivare, tu piuttosto che hai fatto con il tuo pugnale. Il duca è sembrato turbato quando lo ha visto, credo che davvero gli appartenga, lo stemma che ho visto riprodotto nei quadri era lo stesso. Ti ha dato poi un’arma?”

“No, ancora no, ma appena andremo in pattuglia gliela chiederò, prenderò una spada adatta alla mia misura.”

“Fai bene, il pugnale è più difficile da usare, devi avvicinarti troppo al nemico per essere efficace, la spada ti dà più spazio.”

“Come diavolo fai a sapere tutte queste cose, sei piccola eppure ne sai molto più di me, dovrei essere io a sapere queste cose, accidenti!”

“Non ti crucciare fratello, tu sei preso da tante incombenze che non hai tempo per osservare quello che ti circonda, io non ho molto da fare e mi piace osservare bene ciò che accade intorno a me, io osservo e imparo. Ho visto con quale facilità le guardie usano la spada per tenere lontano chi vuole assalirle. Ora andiamo a mangiare e riempiamoci la pancia, chissà quando capiterà un’altra volta di poter mangiare a sazietà.”

Affrettarono il passo per i locali dove si cucinava, che si trovavano nell’altra parte del castello, lontano dalle stanze del duca per non infastidire sua signoria con gli odori persistenti e sgradevoli del cibo cucinato.

Sotto l’occhio divertito e meravigliato del cuoco, mangiarono di tutto, fino a sentirsi male, non contenti si fecero dare una sacca dove misero una considerevole scorta di pane, formaggi, verdure, tutto cibo che poteva essere trasportato e conservato. Poi uscirono di corsa per raggiungere il ponte levatoio, dove il drappello di soldati era già in attesa della partenza.

CONTINUA…

di Lorenzo Barbieri

Lascia un commento