Il cuore di Albano Laziale: Villa Doria Pamphilj
C’era una volta, una villa bellissima nel cuore di Albano Laziale, dimora del grande avversario di Giulio Cesare, Gneo Pompeo Magno.
È stata costruita da Pompeo tra il 61 e il 58 a.C., grazie alle ricchezze accumulate con la guerra mitridatica. Con il passare degli anni, subì molti cambi di padronanza passando prima da Pompeo al figlio Sesto, poi nelle mani di Dolabella e successivamente nei possedimenti dell’imperatore Augusto e dei suoi successori.
I resti giunti fino a noi occupano l’imponente dimensione di 9 ettari di superficie, con una larghezza di 260 mt. ed una lunghezza di 340 mt.
Osservando le strutture murarie si può notare che la villa fu ristrutturata, cambiata ed ampliata ben quattro volte.
Il corpo centrale era rivolto verso il mare e si protraeva su una platea artificiale, raggiungendo i tre piani d’altezza.
Ad abbellire ulteriormente la villa vi erano una serie di ninfei, costruzioni isolate e criptoportici, senza considerare la presenza di numerose e magnifiche statue, fontane, decorazioni e giardini. Alcuni fra i reperti più famosi rinvenuti tra il 1700 ed il 1800, sono l’ara marmorea con scolpite le fatiche di Ercole, il Bacco Barbato e il gruppo di due centauri in marmi policromi.
Tutto ciò è oggi conservato nel museo dei Doria Pamphili, antichi possessori del terreno sul quale sorgono i resti della villa. Altri reperti si trovano nel Museo Civico di Albano.
Ma cosa è giunto fino a noi? Il tempo è riuscito a mantenere queste meraviglie archeologiche?
Il problema più grande, non sono i principali fattori di degrado di origine naturale (acqua, variazioni di temperatura, radiazioni elettromagnetiche, gas atmosferici ecc.) ma uno molto più dannoso, l’uomo.
Le foto che seguono le ho scattate qualche giorno fa, era da anni che non visitavo Villa Doria e trovarla in questo stato di abbandono è stata una triste sorpresa.
Inizialmente scendendo la scalinata si può ammirare il tipico giardino all’italiana, caratterizzato da una suddivisione degli spazi geometrica ottenuta con l’utilizzo di filari alberati e piante, di sculture vegetali di varia forma ottenute con la potatura di cespugli sempreverdi, specchi d’acqua geometrici, spesso accostati ad elementi architettonici quali fontane e statue.
Bellissimo e armonioso da vedere, ricco di fiori colorati che sembravano gioire del ritorno della primavera.
Proseguendo il sentiero inizia il degrado con erba sempre più alta e vegetazione incolta, culminando con la Villa di Pompeo.
I vandali hanno rotto rete e transenne, poste per delimitare e proteggere il sito e quelle che ancora resistono, sono ricoperte da piante rampicanti.
Le due porte che chiudono l’ingresso della villa impediscono di ammirarne gli interni, (probabilmente sono state chiuse per evitare atti vandalici all’interno, ma nonostante questa premura si possono intravedere rifiuti di ogni tipo).
Salendo le scale laterali si arriva al piano superiore dove la situazione peggiora drasticamente: erba alta incolta, spini e piante infestanti, escrementi e rifiuti di ogni genere che possono mettere a repentaglio l’incolumità non solo dei visitatori, ma anche dei bambini che giocano nel parco (a pochi passi dai ruderi ci sono i giochi per l’infanzia).
Il secondo piano della villa imperiale, che è totalmente all’aperto, presenta un’intera pavimentazione a mosaico romano perfettamente intatta ma ricoperta da uno strato di terra, fogliame e rifiuti che ricopre tutta l’area.
La mancanza di protezione per i mosaici rischia di deturparli e di esporli ai vandali che hanno già da tempo imbrattato con dei graffiti le mura e i resti.
Sulle pareti si può notare l’Opus reticulatum ancora ben conservato ma invaso da erbe infestanti.
Vedere questi reperti archeologici di tale importanza e bellezza ridotti in questo stato di abbandono, mi ha messo una profonda tristezza.
Da archeologa avrei voluto munirmi di scopa, decespugliatore e trowel e ridare dignità al sito, ma purtroppo ci sono leggi che vietano questi interventi senza le giuste autorizzazioni, quindi mi sono limitata a fotografare e rattristarmi per tanta trascuratezza e per l’inciviltà umana.
Dovremmo avere più rispetto per i nostri antenati, per le costruzioni architettoniche che ci hanno lasciato e per la loro storia.
I racconti del passato sono fonte inesauribile di sapienza dove poter dissetare la nostra sete di conoscenza.
L’unico modo per migliorarsi è fare tesoro delle esperienze dei nostri avi per evitare di ripetere gli stessi errori nel futuro.
Questi valori vanno tramandati ai nostri figli, nipoti e a tutte le generazioni future, soprattutto va tramandato IL RISPETTO.
Rispetto per la natura (evitare di gettare neanche un fazzolettino di carta o una bottiglia di plastica a terra nel verde); rispetto per le costruzioni antiche, che hanno tanto da insegnarci e raccontare; rispetto per noi stessi e per gli altri.
Come abitanti di questo pianeta, è un nostro dovere non distruggerlo ma prendercene cura e tutelare fauna e flora.
Possibile che sia così difficile per noi? È la nostra casa, la nostra terra.
È inutile cercare di raggiungere e occupare altri pianeti se non riusciamo neanche a prenderci cura del nostro.
La Natura ha tanto da offrirci in cambio chiede solo di esser rispettata.
Spero che le istituzioni prendano rapidi provvedimenti e tutelino questi importanti resti archeologici che hanno ancora tanto da raccontare.
Non è il mondo che deve cambiare, ma il nostro approccio verso il mondo dando il buon esempio, con piccoli grandi gesti che nel quotidiano fanno la differenza.
Impegniamoci tutti nel meritare il nostro posto in questo pianeta; educhiamo le generazioni future all’amore e rispetto verso il prossimo ma anche verso la fauna e flora.
Solo con l’impegno di tutti le cose possono cambiare e solo cosi potremmo esser fieri di appartenere alla razza umana, amando e proteggendo la nostra terra.
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