Odissea – Libro II
ODISSEA
Libro Secondo
Quando al mattino apparve Aurora dalle dita rosee, 1
il figlio di Odisseo saltò giù dal letto
e indossò le sue vesti; si mise la spada a tracolla,
legò i bei sandali ai piedi vigorosi
e uscì dalla stanza, simile a un Dio nell’aspetto. 5
Ordinò subito agli araldi dalla voce squillante
di chiamare in assemblea gli Achei dalla lunga chioma;
gli araldi dettero il bando e tutti si radunarono in fretta.
Quando si furono radunati e riuniti, lui andò in assemblea,
stringendo in mano la lancia dalla punta di bronzo; 10
non era solo, lo seguivano due cani veloci.
Atena riversò su di lui una miracolosa bellezza
e, mentre avanzava, tutti lo guardavano;
poi sedette al posto del padre e gli anziani gli fecero largo.
Il primo a parlare fu il glorioso Egizio, che era curvo 15
per la vecchiaia e sapeva moltissime cose.
Suo figlio, il valoroso Antifo, era partito con le navi profonde
insieme al glorioso Odisseo verso Ilio ricca di cavalli;
e lo aveva ucciso il feroce Ciclope nella sua grotta:
ne aveva fatto il suo ultimo pasto! 20
Aveva altri tre figli e uno di loro, Eurinomo,
era tra i pretendenti; gli altri due curavano i beni paterni,
ma lui non dimenticava chi era morto: soffriva e gemeva.
Versando lacrime per lui, si alzò a parlare e disse:
“Ascoltate, Itacesi, quello che sto per dire. 25
Non abbiamo avuto nessuna riunione dell’assemblea
da quando Odisseo partì con le navi profonde:
ora, chi ci ha riuniti? Chi, tra i giovani o quelli
che sono più anziani, ne ha sentito il bisogno?
Forse ha avuto notizie dell’arrivo di un’armata 30
e vuole dirlo a tutti dopo averlo saputo per primo?
O vuole annunciare e discutere un altro affare pubblico?
Mi sembra un uomo giusto e meritevole; spero
che Zeus gli conceda tutto ciò che il suo cuore desidera”.
Così disse, e gioì di questo discorso il figlio di Odisseo, 35
che non stette più fermo, ma – ansioso di parlare –
si alzò nel centro dell’assemblea; l’araldo Pisenore,
saggio ed esperto, gli pose in mano lo scettro.
Allora, rivolgendosi per primo al vecchio, disse:
“Vecchio, quest’uomo non è lontano e presto lo saprai: 40
ho riunito io l’assemblea, il mio dolore mi ha spinto a farlo.
Non ho avuto notizie dell’arrivo di un’armata
da dire a tutti dopo averlo saputo per primo.
E non voglio annunciare e discutere un altro affare pubblico;
è un mio bisogno, per la doppia sciagura che si è abbattuta 45
sulla mia casa: non solo ho perduto il nobile padre, che un tempo
regnava su di voi e come un padre vi amava;
ora c’è una cosa ancora più grave, che presto manderà in rovina
la mia casa e distruggerà tutti i miei beni:
i pretendenti hanno chiesto in moglie mia madre, le mettono fretta; 50
sono i figli dei più nobili tra quelli che abitano qui:
hanno paura di andare a casa di Icario, suo padre,
perché provveda al matrimonio della figlia
e la destini a chi vuole lui, a chi gli è gradito.
Invece si aggirano tutti i giorni nella mia casa, 55
uccidendo buoi, pecore e capre ben nutrite;
banchettano, bevono senza limiti il limpido vino.
Consumano di tutto, perché non c’è quell’uomo,
Odisseo, che avrebbe potuto scacciarli da casa nostra.
Noi ora non siamo capaci di cacciarli: anche in futuro 60
saremo deboli e sottomessi, non potremo difenderci;
se ne avessi la forza, io li scaccerei da solo:
le loro azioni sono insopportabili e la mia casa
viene distrutta in modo indecoroso. Sdegnatevi anche voi,
vergognatevi degli altri, dei popoli che vivono 65
intorno a noi: abbiate timore dell’ira degli Dei;
che non la volgano contrano di voi, punendo le azioni malvage!
Io vi prego, per Zeus Olimpio e per Temis
che scioglie e riunisce le assemblee degli uomini:
aiutatemi, amici, lasciatemi solo nel mio dolore; 70
a meno che mio padre, il glorioso Odisseo,
non abbia fatto del male agli Achei dai solidi schinieri
e che voi non dobbiate vendicarvi, facendo del male a me
e favorendo quegli uomini. Per me sarebbe più conveniente
che foste voi a consumare tutti i miei beni e il bestiame; 75
se foste voi a consumarli, ne avrei presto una ricompensa:
insisterei a reclamare in città le mie ricchezze,
per farmele restituire tutte. Così, invece,
mi procurate un’angoscia insostenibile”.
Così disse, adirato, e gettò a terra lo scettro, 80
versando lacrime: e tutta l’assemblea piangeva con lui.
Tutti stavano in silenzio, nessuno aveva il coraggio
di rispondere a Telemaco con parole ostili;
solo Antinoo, in risposta, gli disse:
“Telemaco, tu straparli e la tua ira è insopportabile: 85
tu vorresti coprirci di vergogna.
Ma non sono i pretendenti Achei ad essere colpevoli
verso di te, ma tua madre che conosce troppe astuzie.
Sono già tre anni, e si avvicina il quarto,
che lei illude l’animo degli Achei: 90
fa sperare tutti, a ognuno fa promesse
e manda messaggi: ma la sua mente medita altro.
Ha saputo inventare anche un inganno:
chiusa nelle sue stanze, tesseva una grande tela,
sottile e lunghissima, e ci disse: 95
– Giovani pretendenti, poiché il glorioso Odisseo è morto
aspettate, prima delle nozze da voi bramate, che io finisca
questo tessuto, perché non vada perduto il mio lavoro:
è il sudario per il nobile Laerte, per quando
lo raggiungerà il doloroso destino della morte, 100
perché nessuno, nel popolo degli Achei, possa rimproverarmi
se resta senza un lenzuolo funebre lui che ha conquistato tanto -.
Così disse e non disobbedì il nostro animo superbo.
Ma lei di giorno tesseva la grande tela
e di notte la disfaceva, con le fiaccole accanto, 105
e per tre anni interi illuse gli Achei con la sua astuzia.
Ma quando, con il volgere delle stagioni, venne il quarto anno,
allora una donna, che sapeva tutto, ce lo disse:
e noi la scoprimmo mentre disfaceva la sua splendida tela;
così, contro il suo volere, fu costretta a finirla. 110
Noi, che chiediamo di sposare tua madre, ti diciamo questo
perché tu sappia; e che lo sappiano tutti gli Achei:
manda via tua madre, ordinale di accettare le nozze
con chiunque le piaccia, o con chi le imponga il padre.
Ma se farà penare ancora per molto i giovani achei, 115
utilizzando i tanti doni che Atena le fece
(saper fare lavori bellissimi, avere un animo nobile,
cose che non abbiamo mai trovato in nessuna delle donne
antiche, perché tra le donne achee dalle belle trecce
– Tirò o Alcmena o Micene dalla bella corona – 120
nessuna sapeva ragionare come Penelope),
ebbene questa è un’idea sbagliata:
le tue sostanze e i tuoi beni saranno sempre distrutti,
finché lei continuerà a seguire questa idea che le hanno
ispirato gli Dei, procurando a se stessa una grande gloria, 125
ma a te solo il rimpianto dei beni perduti.
Noi non andremo ad occuparci di altro, né a cercare un’altra donna,
prima che lei accetti di sposare uno degli Achei: quello che sceglierà.
Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:
“Antinoo, non posso mandare via di casa, senza che lei lo voglia, 130
colei che mi ha generato e allevato, mentre mio padre
vive in qualche altro punto della terra o è già morto.
Sarebbe un danno per me dover ripagare la dote
a Icario se, per mia scelta, gli rimandassi indietro mia madre.
E subirei punizioni da mio padre (o me le imporrà un demone), 135
perché mia madre, andando via di casa, invocherà le odiose Erinni;
e su di me cadrà il biasimo. Perciò io non farò mai quanto proposto.
Ma ora, se il vostro cuore riesce a provare il rimorso,
andate via dalla mia casa, preparatevi altri banchetti,
pagandoli a vostre spese e alternandovi nelle vostre case! 140
Se, invece, vi sembra più piacevole e più bello
distruggere impunemente le sostanze di un uomo solo,
consumatele pure; ma io invocherò gli Dei eterni,
perché Zeus voglia che le vostre colpe siano un giorno punite.
E allora voi morrete invendicati dentro la mia stessa casa.” 145
Così disse Telemaco; e Zeus dalla voce possente gli mandò
due aquile in volo dall’alto, dalla cima del monte.
Quelle volavano con il soffio del vento,
l’una accanto all’altra, ad ali distese;
ma quando giunsero al centro di quella tumultuosa assemblea, 150
allora volteggiando mossero fitte le ali
e si calarono sulle teste di tutti, annunciatrici di morte;
poi, lacerandosi con gli artigli la testa e il collo,
si lanciarono a destra, sulle case e sulla città.
Si stupirono tutti, vedendo quegli uccelli, 155
pensavano nel loro animo a ciò che sarebbe successo.
Tra di loro parlò il nobile vecchio Aliterse,
figlio di Mastore, che superava tutti i suoi coetanei
nell’osservare gli uccelli e predire il futuro.
Con saggi pensieri si alzò a parlare e disse: 160
“Itacesi, ascoltate ora quello che dirò,
parlerò soprattutto ai pretendenti:
su di loro incombe una grande minaccia,
perché Odisseo non resterà lontano a lungo; e forse
è già vicino, prepara per tutti loro un destino 165
di morte. Ci saranno disgrazie per molti altri
di noi che abitiamo Itaca assolata. Cerchiamo
di farli smettere per tempo: e anche loro,
per il loro bene, decidano di fermarsi!
Io non vaticino da inesperto: conosco bene queste cose 170
e vi dico che tutto questo sta per compiersi;
vaticinavo già quando gli Argivi partirono
per Troia e con loro c’era l’astuto Odisseo.
Io allora gli dissi che, dopo aver molto sofferto e perduto
i compagni, dopo venti anni – sconosciuto a tutti – 175
sarebbe tornato in patria. E adesso tutto si sta compiendo”.
Gli rispose allora Eurimaco, figlio di Polibo:
“Vecchio, vai a casa tua e fai previsioni
per i tuoi figli: che non soffrano qualche male!
Io so interpretare queste cose molto meglio di te: 180
di uccelli ne girano tanti sotto i raggi del sole
e non tutti portano messaggi! Odisseo è morto
da tempo e così fossi morto anche tu
con lui: adesso non parleresti così, facendo vaticini;
non istigheresti ancora di più Telemaco, che è già adirato, 185
aspettando qualche dono per la tua famiglia, se pure te ne farà!
Ma io ti dico quello che certamente avverrà:
se tu, che conosci tante cose e tanto antiche,
spingerai quel giovane a ribellarsi, ingannandolo,
sarà una disgrazia in primo luogo per lui, 190
[che non potrà difendersi,]
ma anche a te, vecchio, daremo un castigo che ti sarà
doloroso pagare: sarà per te una dura sofferenza.
A Telemaco, davanti a tutti, darò io un consiglio:
imponga alla madre di tornare dal padre; 195
lì organizzeranno il matrimonio e disporranno i doni nuziali,
quanti è giusto che accompagnino una figlia che va in sposa.
Prima che ciò avvenga, i figli degli Achei non smetteranno
il loro corteggiamento: noi non abbiamo paura di nessuno,
neppure di Telemaco e dei suoi lunghi discorsi; 200
né ci preoccupiamo dei vaticini inutili che tu fai,
vecchio, diventando ancora più odioso.
Tutte le ricchezze di Telemaco saranno dilapidate
(e non torneranno più) finché gli Achei resteranno
ad aspettare le nozze: ognuno di noi aspetta 205
e lotta ogni giorno per il privilegio di essere scelto:
non andremo da altre donne che, pure, potremmo sposare”.
Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:
“Eurimaco e voi altri pretendenti,
non voglio più pregarvi e parlare di queste cose: 210
già le conoscono gli Dei e tutti gli Achei.
Datemi, invece, una nave veloce e venti compagni
che partano e ritornino assieme a me.
Io andrò a Lacedemone e a Pilo sabbiosa, a cercare
notizie di mio padre, che da tanto tempo è lontano: 215
sia che me ne parlino dei mortali, sia che le ascolti da Zeus
le voci che diffondono la fama tra gli uomini.
Se ascolterò qualcosa sulla vita e sul ritorno di mio padre,
anche se tormentato da voi vi sopporterò ancora un anno;
se invece saprò che è morto, che non vive più, 220
allora appena tornato nella cara terra patria
costruirò un tumulo e gli renderò gli onori funebri
(molti e solenni, come è giusto) e affiderò mia madre ad un marito”.
Detto così, tornò a sedere; innanzi a loro si alzò
Mentore, un uomo giusto, compagno di Odisseo, 225
al quale l’eroe salendo sulla nave aveva affidato la sua casa,
perché obbedisse al suo vecchio e custodisse le sue cose.
Questi con saggi pensieri incominciò a parlare e disse:
“Itacesi, ascoltate quello che sto per dire.
Da ora in poi non sia più generoso e mite 230
un re con lo scettro; non abbia più a cuore la giustizia;
che il re sia sempre crudele e compia azioni empie,
visto che nessuno ricorda il glorioso Odisseo,
tra i popoli di cui fu sovrano: lui che era mite come un padre.
Ma io non accuso i superbi pretendenti, 235
che compiono azioni violente con trame malvage:
mettono a repentaglio la loro vita, mentre devastano
la casa di Odisseo, dicendo che lui non tornerà mai;
io me la prendo con il resto del popolo,
con tutti voi che rimanete silenziosi: siete in molti, 240
non affrontate i pretendenti, che sono pochi!”.
Gli rispose Leocrito, il figlio di Evenore:
“Mentore sciagurato e folle, che cosa hai detto
esortando il popolo a fermarci! È difficile
lottare contro molti uomini, opporsi ai loro banchetti. 245
Se lo stesso Odisseo, tornato a Itaca,
pensasse di scacciare i pretendenti
che banchettano spensierati a casa sua
non potrebbe gioire del suo ritorno neppure la moglie,
che pure lo desidera tanto: andrebbe incontro a una morte vile, 250
se affrontasse da solo noi, che siamo molti! Non hai detto cose giuste.
Ma ora sciogliete l’assemblea e tornate ai vostri impegni:
Mentore e Aliterse incitano Telemaco a partire
perché da sempre sono amici di suo padre;
ma io credo che resterà a lungo a Itaca, 255
a ricevere notizie: questo viaggio non lo farà mai”.
Così disse e l’assemblea si sciolse in fretta;
tutti si dispersero, tornando ognuno a casa sua,
mentre i pretendenti andarono a casa del glorioso Odisseo.
Telemaco, invece, si allontanò camminando sulla spiaggia; 260
dopo essersi lavate le mani nel mare bianco di spuma,
pregava Atena: “Ascoltami, o Dea. Tu sei venuta nella mia casa
e mi hai ordinato di andare con una nave sul mare nebbioso
per informarmi del ritorno di mio padre, che da tanto tempo
è lontano! Gli Achei me lo impediscono 265
e più di tutti i pretendenti insolenti e malvagi”.
Così disse pregando e Atena gli venne vicina,
prendendo l’aspetto e la voce di Mentore;
articolando la voce, gli disse parole alate:
“Telemaco, tu non sarai mai né malvagio né sciocco, 270
se in te c’è la grande forza di tuo padre
e la sua capacità di agire e di parlare.
Perciò il tuo viaggio non sarà né inutile, né vano.
Se tu non fossi figlio di lui e di Penelope,
io credo che non potresti realizzare ciò che speri. 275
Pochi figli, infatti, sono simili ai loro padri:
i più sono peggiori; pochi sono migliori dei loro padri.
Ma poiché tu non sarai mai né malvagio né sciocco
e non ti manca affatto l’ingegno di tuo padre,
c’è speranza che tu possa realizzare questa impresa. 280
Non preoccuparti delle idee e dei pensieri dei pretendenti,
perché sono folli: non conoscono la saggezza, né la giustizia;
e non pensano al nero destino di morte che per loro è vicino
e che presto li distruggerà tutti in un solo giorno.
Il viaggio che tu desideri fare non è lontano; 285
io sono molto amico di tuo padre:
ti procurerò una nave e ti seguirò io stesso.
Ma adesso tu torna a casa, unisciti ai pretendenti,
prepara i viveri e mettili tutti dentro dei vasi;
il vino dentro le anfore e la farina, che dà forza agli uomini, 290
dentro sacchi di pelle ben chiusi. In poco tempo io raccoglierò
per te dei compagni disposti a venire; quanto alle navi,
ce ne sono molte a Itaca circondata dal mare (vecchie e nuove):
sceglierò per te la migliore; la allestiremo
in fretta e ci spingeremo sul vasto mare”. 295
Così disse Atena figlia di Zeus; e Telemaco
non rimase ad aspettare, dopo aver udito la voce della Dea.
Si incamminò turbato verso casa
e lì vi trovò i pretendenti che, dentro l’atrio,
scorticavano capre e arrostivano maiali. 300
Antinoo, sorridendo, andò incontro a Telemaco;
gli strinse la mano, gli rivolse la parola e disse:
“Telemaco, gran parlatore dall’ira indomabile,
non pensare più alle azioni ostili o ai discorsi adirati;
vieni a mangiare e a bere con me, come facevi prima. 305
Gli Achei ti daranno tutto, navi e compagni scelti,
perché tu possa andare al più presto fino alla sacra Pilo,
per chiedere notizie del tuo splendido padre.”
Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:
“Antinoo, non è possibile che io banchetti con voi arroganti 310
e che resti tranquillo a godere in mezzo a voi.
Non basta che in passato, quando ero ancora un ragazzo,
voi pretendenti abbiate dilapidato i miei beni, molti e preziosi?
Ora che sono un uomo, ascoltando i discorsi degli altri,
ho capito tutto: e l’ira è cresciuta dentro di me; 315
farò in modo che il triste destino vi raggiunga,
sia che vada a Pilo, sia che resti qui, in questa terra.
[Andrò; e spero che il mio viaggio non sia vano;
andrò come passeggero, poiché non posseggo una nave
né dei rematori: a voi è parso meglio così”. 320
Così disse; e strappò la mano da quella di Antinoo,
con noncuranza; dentro, i pretendenti banchettavano
e lo deridevano, lanciando insulti e parole taglienti;
qualcuno dei giovani insolenti diceva così:
“Telemaco medita una terribile strage su di noi: 325
porterà qui dei vendicatori da Pilo sabbiosa
o da Lacedemone, visto che ha tanta fretta di partire!
O forse vuole andare fino ai fertili campi
di Efira e portare da lì veleni mortali,
da versare nei crateri per ucciderci tutti!”. 330
E un altro di quei giovani arroganti diceva:
“Chissà che, viaggiando anche lui su una nave concava,
non scompaia anche lui lontano dai suoi, come Odisseo?
Così la nostra impresa sarà ancora più vantaggiosa:
divideremo tra noi tutte le sue ricchezze, 335
daremo la casa a sua madre e a chi la sposerà!”.
Così dicevano, mentre lui andava nell’ampia stanza
dall’alto soffitto, dove si accumulavano i tesori del padre:
oro e bronzo chiusi nelle casse e tanto olio odoroso;
c’erano anche orci pieni di splendido vino, 340
dolcissimo (piene di bevanda pura),
allineati accanto al muro, nella speranza che Odisseo
tornasse a casa, dopo avere molto sofferto.
C’era una solida porta a due battenti, ben chiusa:
la custodiva notte e giorno una dispensiera, 345
che custodiva tutto con grande attenzione:
Euriclea, figlia di Opo il Pisenoride.
Telemaco la chiamò nella stanza e le disse:
“Nutrice, versami nelle anfore del vino dolce,
il migliore, dopo quello che tu conservi 350
pensando all’infelice Odisseo, sperando che un giorno
torni qui, sfuggito a un triste destino di morte.
Riempine dodici, coprile e sigillale tutte;
riempi di farina gli otri ben cuciti:
che ci siano venti misure di grano macinato. 355
Tu sola dovrai saperlo! Sia messo tutto in un mucchio:
io verrò a prenderle stasera, dopo che mia madre
sarà salita al piano di sopra e si sarà addormentata.
Io andrò a Lacedemone e a Pilo sabbiosa, a cercare
notizie di mio padre, se per caso potrò avere notizie”. 360
Così disse; Euriclea, la sua nutrice, mandò un gemito
e, piangendo, gli disse parole alate:
“Come ti è venuta questa idea, figlio mio caro?
Perché vuoi andare solo sulla vasta terra?
Il divino Odisseo, prediletto da Zeus, 365
è morto lontano da casa, tra gente sconosciuta;
alla tua partenza, questi trameranno alle tue spalle perché
tu muoia in un tranello, mentre loro si divideranno tutti i beni.
Perciò, ti prego, resta qui accanto ai tuoi: non c’è bisogno
di patire sventure, di errare sul mare infecondo”. 370
Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:
“Fatti coraggio, nutrice: c’è un nume dietro questo progetto.
E giurami che non dirai niente a mia madre
prima che siano passati dieci o undici giorni
(salvo che sia stata lei a cercarmi o abbia saputo 375
che sono partito): non deve sciupare con il pianto il suo bel viso”.
Così disse: e la vecchia giurò solennemente sugli Dei;
dopo aver pronunciato tutta la formula del giuramento,
subito versò il vino nelle anfore
e riempì di farina gli otri ben cuciti. 380
Allora Telemaco tornò nella grande sala e si unì ai pretendenti.
Intanto Atena, la Dea glaucopide, ebbe un’altra idea:
con l’aspetto di Telemaco andava dappertutto nella città,
si avvicinava e parlava con tutti,
li invitava a riunirsi la sera accanto a una nave veloce. 385
Poi chiese a Noemone, il nobile figlio di Fronio,
di dargli una nave veloce: ed egli la promise volentieri.
Poi, quando il sole tramontò e tutte le strade si oscurarono,
allora spinse in mare la nave veloce, vi mise dentro
tutto ciò che può portare una nave dai forti remi 390
e la fermò all’estremità del porto. I valorosi compagni
si riunirono intorno numerosi: la Dea li incitava tutti.
[Atena glaucopide pensò anche ad un’altra cosa:]
si incamminò verso la casa del glorioso Odisseo
e, giunta lì, versava il dolce sonno sui pretendenti; 395
li urtava mentre bevevano, strappava le coppe di mano;
Allora quelli andarono in città a dormire, nessuno restava
seduto, poiché sulle palpebre era disceso il sonno.
Allora Atena glaucopide, una volta preso l’aspetto
e la voce di Mentore, chiamò Telemaco fuori 400
dalla sala assai frequentata e gli disse:
“Telemaco, i compagni dai solidi schinieri
sono già accanto ai remi, in attesa di un tuo segnale:
dunque andiamo; non ritardare la partenza”.
Detto così, Pallade Atena si mosse per prima, 405
velocemente, e lui seguì la Dea.
[…]
sulla spiaggia trovarono i compagni dalla lunga chioma;
il forte Telemaco disse loro:
“Presto, amici, carichiamo i viveri; tutto 410
è già pronto in casa mia, anche se nulla sanno la madre
e le altre donne: ho dato i miei ordini ad una sola serva”.
Così dicendo, li guidò e gli altri lo seguirono;
portarono tutto sulla nave dai forti remi,
come aveva ordinato il figlio di Odisseo. 415
Poi Telemaco salì sulla nave; lo precedeva Atena,
che si sedette sulla nave a poppa; accanto a lei
sedeva Telemaco. Gli altri si imbarcarono, sciolsero
le gomene e presero posto accanto agli scalmi.
Atena glaucopide mandò il vento favorevole: 420
uno Zefiro forte, che strepitava sul mare oscuro.
Telemaco ordinò ai compagni di riavvolgere
le gomene e quelli obbedirono al suo ordine;
poi alzarono l’albero di legno d’abete,
lo inserirono nell’incavo della trave, legarono intorno le funi; 425
issarono le vele bianche con corde di cuoio ben ritorte.
Allora il vento gonfiò la vela centrale, una grande onda
si alzava risuonando intorno alla chiglia della nave,
che ormai correva sul mare per compiere il suo cammino.
Dopo aver riavvolto tutte le funi sulla veloce nave nera, 430
riempirono di vino i crateri
e libarono agli Dei eterni e immortali;
e soprattutto alla figlia di Zeus glaucopide.
La nave fece il suo percorso per tutta la notte sino al mattino.
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