La bambolina appesa
C’era una volta in via Tiziano Zalli un cavalcavia in cemento armato, i lodigiani lo chiamavano il k2 poiché era una struttura che si innalzava verso l’alto permettendo un passaggio pedonale al di sopra della ferrovia.
Questa imponente struttura era formata da più spezzoni prefabbricati che, salendo a zig zag poggiavano su enormi pilastri, scavalcando cosi il vecchio passaggio a livello ormai chiuso. Di notte era illuminata da una serie di lampioni posti a tratti, sulla ringhiera metallica di protezione.
Noi ragazzini lo chiamavamo semplicemente “il ponte”, e nei pomeriggi dopo la scuola spesso io e il mio compagno di classe Roberto ci recavamo lì a fantasticare inventandoci situazioni e giochi a volte anche pericolosi, in quanto sotto quel ponte, passava una ferrovia trafficata da treni velocissimi.
Roberto ed io abitavamo abbastanza vicini al “ponte”, quindi i nostri genitori credendoci nel cortile sottostante casa, ci permettevano di restare fuori a giocare anche fino a tardi, ovvero anche quando incominciava a imbrunire.
Un pomeriggio di Novembre mentre come il solito eravamo in procinto di recarci al ponte passò di fianco a noi una giovane donna vestita di nero, ci fissò un attimo e sottovoce disse: “bambini non andate al ponte quando c’è buio, li ci sono i fantasmi”!.
Roby ed io ci guardammo in faccia, e per qualche secondo rimanemmo seri, per poi sogghignare e ridere sotto i baffi per quel che aveva detto quella strana signora. Evidentemente alle luci del giorno avevamo preso la frase come fosse una sciocchezza, anche se poi quelle parole rimasero comunque impresse nella mente per un po’ e ci turbarono non poco.
Si erano fatte le 17,30 e intorno alla zona una fitta nebbia si era alzata, illuminata dai giallognoli lampioni disposti vicino alla ferrovia, ciò rendeva il cavalcavia e il paesaggio circostante un ambiente piuttosto lugubre.
Di tanto in tanto un treno passava a piena velocità sulle rotaie e con il suo fragore rompeva il silenzio che normalmente c’era a quell’ora, in quella via.
Roby ed io eravamo seduti su una delle ringhiere che determinano la fine o l’inizio della rampa e che dovevano servire come blocco per velocipedi, in modo da evitare una discesa a piena velocità di moto e biciclette che in quel caso sarebbero state a rischio d’incidenti.
Il ponte e la ferrovia sottostante delimitavano due quartieri uno a ovest dove eravamo seduti noi, e uno a est, dove c’erano le nostre abitazioni.
Ormai si era fatto tardi, quindi decidemmo di tornare a casa percorrendo il ponte da ovest a est, salimmo quindi sulla rampa e iniziammo a camminare immersi nella nebbia.
Giunti quasi alla discesa del cavalcavia, ci parve di sentire una flebile cantilena accompagnata da una strana musica di carillon, man mano che scendevamo la cantilena, aumentava di volume, sembrava il canto di un bambino che rimava una filastrocca.
Quella musichetta ci stava inquietando non poco ma ciò che ci fece veramente spavento fu la bambolina che era appesa come fosse impiccata a un lampione davanti a noi. Grondava sangue dalle cavità oculari poiché mancava di entrambi gli occhi.
La visione che apparse davanti a noi fu orribile, sul palo era evidente la colata di sangue fresco che zampillava dagli occhi, che a sua volta formava sulla ringhiera un rigagnolo e sul terreno una pozzanghera scura e rossastra.
La musichetta e la cantilena, sommandosi alla nebbia circostante rendevano la scena ancor più cruda e terrorizzante, ci venne subito in mente la frase di quella donna vestita di nero: “quando c’è buio lì ci sono i fantasmi”!
Spaventatissimi accelerammo il passo scivolando di lato all’orrida bambola che sembrava uno spettro illuminato dalla luce gialla dei lampioni.
Nella discesa guardando di fianco sul lato opposto scorgemmo in una finestra di una casa adiacente al ponte una donna vestita di nero che ci guardava minacciosa da dietro i vetri. Era lei, ed era certamente una strega.
Giungemmo di corsa a casa, i nostri genitori ci sgridarono per il ritardo, e non credettero a una sola parola alle nostre spiegazioni su di ciò che vedemmo e che raccontammo.
Mia madre mi disse solo di non dire sciocchezze e che la casa descritta da me lì di fianco al ponte, era da anni disabitata.
Il giorno seguente al ritorno da scuola decisi di dare un’occhiata al ponte, in quanto era un passaggio obbligato per recarmi a casa, ci si passava comunque davanti, e rimaneva sulla mia sinistra. Con sacro timore mi recai il più vicino possibile alla struttura, ma rimasi stupito non vedendo alcuna traccia né della bambolina appesa, né del sangue sulla ringhiera.
Mi avvicinai ancora e osservando bene tra i cespugli e tra gli alberi che adornavano il vecchio passaggio a livello, vidi sul terreno tra le foglie e tra la terra smossa due sfere che brillavano alla luce del sole, erano i due occhi azzurri della bambolina.
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