IL FIUME E IL DESERTO – Parte ventiquattresima: La piramide della morte

Luglio. Anno del Signore 1530.

Man mano che Basma si avvicinava a Lukia veniva assalita da visioni e sensazioni. Non poteva più rimandare l’incontro per riferirle l’esito della sua missione in Francia dopo il ritorno. Cercò di non farsi distrarre dalle innumerevoli immagini che le entravano nella mente e si concentrò sulle cose che avrebbe dovuto dirle.

Il tempo sembrava scorrere lento mentre le sembrava di assistere a una rappresentazione teatrale della vita della donna, in due ben distinte versioni. La prima apparteneva a un altro destino, ben definito ma ormai parallelo, lontano e percettibile soltanto a lei: una carrellata del passato di Lucrezia Borgia felicemente sposata all’uomo amato, Alfonso d’Este, e madre di tre figli. Il parto dell’ultima, una bimba data alla luce un decennio prima, l’aveva stremata e Lucrezia era morta.

L’idea di morte le diede un colpo allo spirito mentre la fissava, viva e reale. Il destino parallelo svanì e Basma assistè alla rappresentazione del passato nella nuova realtà. La guerra in cui la Repubblica di Venezia conquistava e unificava l’Italia sconfiggendo i suoi nemici, tra cui Alfonso d’Este, ucciso in battaglia.

Sentì sul suo corpo, quasi vivo e reale, il dolore di Lucrezia vedova e il suo odio per l’Italia. Il tentativo di cercare consolazione diventando monaca in Danimarca. Il demone dell’Ombra che l’aveva tentata e assoldata per quel progetto. L’equilibrio delle metafisica era imperscrutabile.

Nel nuovo destino non aveva avuto figli. Ciononostante, era riuscita ugualmente a creare tre vite. Grazie a Lucrezia, Satanico era stato ingaggiato per i disegni dell’Ombra e anziché morire sei anni addietro di  morte violenta.

E anche Shimada, se lei non l’avesse salvato, sarebbe stato sconfitto da altri clan e ucciso. Un attimo dopo e un balzo di un paio d’anni nel futuro Basma vide le altre due vite salvate da quella donna: lei stessa e la gemella.

Se Lucrezia non fosse arrivata in Egitto la tribù di beduini pagani sarebbe stata decimata dagli ottomani entro breve. Sua sorella sarebbe stata impalata come strega e lei, ridotta a mummia sarebbe stata gettata nelle fiamme e arsa viva. A Lucrezia Borgia lei doveva la vita, nonostante ora fosse sua nemica.

Ma le visioni continuavano e altri personaggi si inserirono nella rappresentazione di fantasmi. Captò il permanente dolore per la perdita di un’altra persona cara, oltre all’amato sposo: il fratello Cesare, anch’egli morto tre anni addietro in modo misterioso e la sua brama di vendicarlo. Le forme pensiero le presentarono il luogo dove costui era stato ucciso: una piramide.

Intuì che Lucrezia per ben tre anni si era domandata sul destino del fratello. Captò un senso di ingiustizia che lei ora tra le nebbie del passato cominciasse a saper più dell’altra. La forma della piramide era sfocata e le risultava difficile riconoscerla. E in Egitto quelle vestigia del grande passato abbondavano.

Ma piano piano l’immagine si fece più nitida mostrando la costruzione più bassa e con la cima piatta sulla quale, con orrore vide il concetto di morte, rappresentato nella forma di un uomo impalato: il fratello di Lucrezia. Per un attimo Basma credette che l’uomo fosse stato condannato dagli ottomani, ma subito dopo riconobbe che quel tipo di piramide non era in Egitto, bensì in America, dove il popolo dei maya soleva compiere sacrifici umani.

Basma non capiva: quei barbari riti erano stati aboliti da anni. E in ogni caso gli americani non impalavano, ma strappavano i cuori. Le immagini si fecero sempre più chiare fino a quando altre immagini furono sul punto di svelarle quanto era accaduto.

La voce di Lucrezia la riportò alla realtà e la piramide della morte svanì nelle sue visioni lasciando posto al volto serio di Lucrezia.

                                                                         ***

«Allora, maestà, delucidatemi su quanto accaduto a Parigi» sollecitò Lucrezia.

Gli occhi della sovrana che sembravano guardare nel vuoto si concentrarono su di lei prima della sua risposta, risoluta.

«Prima di confermare il successo completo della missione ho buone, inaspettate notizie.»

«Sono a tutt’orecchi, maestà» rispose Lucrezia affamata di curiosità.

«Le mie facoltà extrasensoriali sono aumentate. Probabilmente il sacrificio della mummia combinato con la anche se breve vicinanza con il talismano. In parole povere, posso fare a meno del Sole all’Orizzonte. Da questo istante è vostro.»

Il cuore di Lucrezia esultò. Allora bastava un breve contatto con quell’oggetto e i poteri aumentavano. Tutto quel controllo era stato perfettamente inutile. Pensò trionfante che Iside aveva avuto un più breve contatto col talismano mentre lei l’aveva indossato per un paio di giorni. Di conseguenza il suo potere doveva essere divenuto ancora maggiore di quello di Iside. Tacque attendendo le altre buone nuove che la regina riferì.

«I miei poteri ora cresciuti mi hanno dato delle visioni su un mistero che vi sta a cuore. La morte di vostro fratello Cesare.»

Sentì come una pugnalata al cuore. Si trattenne dall’urlare improperi e strinse le labbra prima di elemosinare le informazioni cui da tanti anni aveva anelato. Farfugliò invece un paio di parole.

«Dove? Chi? Come sapete?»

Iside rispose, risoluta.

«So e basta, Lucrezia. Ho visto una piramide.»

«Qui vicina?»

«No, in America. In territorio maya. Forse un sacrificio.»

«Chi sono i responsabili? Chi ha ammazzato mio fratello? Giuro che farò sterminare la popolazione maya di quella città.»

«Datemi qualche giorno e le immagini si faranno sempre più nitide e i volti degli assassini di vostro fratello verranno svelati. Ho soltanto visto la sua tragica morte fino a ora.»

«Come, come? Trafitto al cuore? Bruciato?»

“Impalato.”

«Ma i maya non impalavano. Allora si tratta di qualcun altro.»

«Di sicuro e se avrete la pazienza di attendere lo sapremo quanto prima. Nel frattempo ho un’altra grande notizia.»

Niente poteva essere più grande di poter sapere chi avesse ucciso barbaramente Cesare, pensò Lucrezia. Dovette ammettere che doveva essere grata a Iside. Per il momento doveva tenersela buona e accondiscendere a ogni suo capriccio. Specialmente ora che la competizione sul talismano era terminata. Attese la buona notizia con disinteresse.

«Abbiamo divagato un po’ sul tema. La missione in Francia è andata meglio del previsto. Forse voi non sapete ma il mio potere ipnotico soggioga solo alcune parti della volontà della vittima, la quale, pur cambiando padrona, rimane presente a se stessa e non muta la personalità. Come avere notato, la spia agisce con iniziativa pur servendo la nostra causa. Così è per Francesco I.»

«In che senso?»

«Che non appena soggiogato alla mia volontà, dal grande stratega che è, ha proposto lui stesso un nuovo piano per vincere la guerra in poco tempo.»

«Sentiamo» rispose Lucrezia, pronta ad accettare qualsiasi variazione alla strategia iniziale ormai ossessionata dal sapere chi aveva ucciso Cesare.

«Ha già mandato ambasciate al Doge proponendo il supporto di gendarmi, svizzeri e lanzichenecchi per un’invasione dell’Impero Ottomano imbarcati sulle flotte unite di Doria e Veniero. L’intera forza aerea italiana volerà in Francia e caricherà a bordo migliaia di soldati. Ma durante la traversata questi attaccheranno gli equipaggi italiani e si impadroniranno dell’intera forza aerea, che, intatta, verrà dirottata   in Egitto.

Entro pochi giorni alle forze beduine e giapanghesi e alla flotta di Shimada verranno affiancati francesi, svizzeri e tedeschi e l’intera aviazione della Repubblica. Inutile dire come l’Italia appiedata verrà conquistata facilmente.»

Lucrezia dovette concludere che aver portato il talismano al collo anche se per breve tempo le aveva portato fortuna. Certo, perché la nuova strategia proposta da Francesco I avrebbe abbreviato la guerra. Per quel tempo avrebbe saputo chi aveva assassinato sua fratello. Avrebbe scovato i responsabili e gliel’avrebbe fatta pagare cara. La piramide della morte sarebbe stata abbattuta e sulle suo rovine sarebbe stato sparso il sale. Dovunque essa si fosse trovata, ogni costruzione nel raggio di miglia sarebbe stata rasa al suolo.

La sete di vendetta l’assalì come una bestia feroce che dopo aver assaporato il sangue bramasse altro sangue. Sperò che gli assassini di Cesare fossero italiani o almeno al loro servizio. La Repubblica che aveva ucciso Alfonso avrebbe pagato anche per Cesare. L’Italia sarebbe stata cancellata dalle carte geografiche.

CONTINUA…

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di Paolo Ninzatti

Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.

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