IL FIUME E IL DESERTO – Parte nona: Ombra contro luce
Aprile. Anno del Signore 1530
Freja era sola. Lo era sempre stata, nonostante avesse passato una gioventù al centro dell’attenzione di tutti, ammirata per la sua bellezza in ogni corte sfarzosa. Sola, nonostante, alla testa di un esercito pronto a morire per lei e alla vigilia della conquista del mondo, nel suo ambiente preferito, sottoterra.
Era notte e in quel momento la solitudine era conforto. Lontana dai suoi alleati, parassiti che lei stava usando per completare il gran disegno. Si pentì della propria presunzione un attimo dopo. Il disegno non era suo, e lei era soltanto l’esecutrice di una volontà superiore, come del resto gli altri due.
L’eterea entità le si parò davanti, come per ricordarglielo. Ma quella notte le sembrò più visibile, come se soltanto allora fosse giunto il momento di una nuova rivelazione. L’essere assumeva diverse fattezze. La prima volta, nel lontano 1514, nella chiesa a Odense le era apparso nelle sembianze del dio norreno Odino, che l’aveva implorata di salvare il mondo.
E per anni e anni la sua missione era stata la stessa. Salvarlo, dalla Luce, che disperdeva la Materia, dalla Luce che abbagliava, tentava, spacciandosi per il Bene e ingannando l’Umanità fino a quando questa si sarebbe dissipata trasformandosi in spirito e svanita nel nulla, nel caos senza più niente a tenerla assieme.
La figura dalla chioma nerissima sembrava in carne e ossa. Freja cercò di toccarla, ma la sua mano vi passò attraverso. Ma la bocca dell’uomo si aprì e fu come sentirne la voce, anche se, forse le parole le entravano direttamente in testa senza passare per le orecchie.
”Il destino si sta compiendo e la profezia si sta avverando. Il Ragnarok è prossimo. Grazie anche a te, donna. E insisto, anche a te. Non sei sola in questa divina impresa. Nonostante tu creda ancora che l’incontro con i tuoi alleati sta stato casuale, così non è. Né l’uomo dai tanti nomi angelici, né l’ombra della dea Iside si sono uniti alla nostra missione per puro caso.
Arrivasti nella terra d’Egitto convinta di stare fuggendo da Roma dopo il fallito attentato al Papa. Ma forze molto più potenti di te avevano pianificato l’alleanza con Fatima. Senza di lei non saremmo alla vigilia del trionfo. E neppure senza le macchine del servo dell’altro mio aspetto e nome.
Siamo la Trinità delle Tenebre. Io, unico, e triplice ma anche molteplice. Misteri poco comprensibili da voi mortali che cercate di capirli. Angeli, demoni, dei, titani, devas, Odino, Zeus, Giove, Ade, Plutone, Satana, Osiride, Ra, Iside, Il Serpente Piumato, Il suo gemello d’ombra, Loki…”
Tacque un attimo pronunciando il nome, come avesse evocato la sua momentanea personalità.
L’entità dai capelli corvini assunse un’espressione furente prima di riaprire la bocca eterea.
”Tuo padre era un nostro fedele servitore e soleva evocare il mio alter ego egizio, l’ombra del Bue Api. Ma un figlio della cultura cristiana non poteve discernere l’idea di un animale cornuto da quella del Diavolo, l’antitesi dell’idea in sé dell’Angelo. Grande uomo il tuo genitore, ma morì troppo presto, prima di completare la missione in nostro nome.
Tuo fratello, sangue del tuo sangue, fu sul punto di trionfare, ma ancora una volta uno dei suoi alleati lo tradì e tu sai bene come finì. La maledetta Luce è ancora accesa, nel suo effimero trionfo. Ma le vie dell’Ombra sono infinite. Per questo fosti arruolata. Mi duole deluderti, ma venisti ingaggiata come ultima riserva nel caso della sconfitta di tuo fratello.
Non siamo perfetti e purtroppo solo ora comprendiamo che tu eri la piu forte della tua famiglia. Tuo padre morì di lussuria, tuo fratello si fece guidare dalla collera. Ma tu hai mantenuto la pazienza di saper attendere. Ma guardati dai tuoi alleati, e al contempo, attendi che il grande impero si sia consolidato nel mondo prima di cercare di eliminarli.
Da giovane eri molto abile coi veleni. Ricorda sempre chi fosti, ma pazienta. Tuo padre e tuo fratello avevano nomi da imperatori. E il giorno in cui tu diverrai sovrana del mondo il tuo verrà ricordato come quello della più grande di tutti i monarchi di ogni tempo.
E parlando di nomi, da oggi, non sarai più Freja, dea della bellezza e della fecondità, ma Lukia. Un po’ Loki, un po’ Lucifero, che ispirò il tuo illustre fratello e un po’ il tuo vecchio nome. E adesso, dormi e sogna. Sogna il tuo trionfo. In mio nome, in nostro nome.”
Un attimo dopo l’entità sembrò assumere innumerevoli sembianze nel giro di pochi minuti. Prima divenne donna. Sotto i capelli neri il volto era bellissimo. La corazza da vichingo di Loki divenne l’abito regale di una dea egizia. E subito dopo a la chioma corvina della vera Iside si fece lucente, tra il biondo platinato e l’albino. L’abito da dea pagana divenne quello di un angelo cristiano e sul suo corpo spuntarono ali piumate e candide.
Il concetto di ”Lucifero” le entrò in testa, un attimo prima che l’angelo ribelle si spegnesse, d’un colpo; la chioma svanì, due corna spuntarono sul cranio e le ali pennute divennero quelle da pipistrello. Loki-Lucifero rise. Infine divenne un serpente con le piume, e subito dopo Ade, dio degli Inferi della mitologia greca, Molok, una divinità indiana, e altri esseri, frutto dell’immaginazione di ogni credo passato e presente. Sempre più veloce e proteiforme fino, alla fine, svanire nel nulla.
Gabriele sognava. Solo durante il sonno lo scudo dello scetticismo era abbassato e i misteri dell’occulto riuscivano a penetrare nella sua materialistica diffidenza. Davanti a lui c’era un uomo meccanico. L’automo gli parlò con una voce metallica senza inflessioni, nella mente.
”Dio creò l’Uomo a Sua immagine e somiglianza. E l’Uomo creò le macchine. Il tuo maestro le sviluppò al servizio della Luce e ti ispirò, ma tu le copiasti, sviluppandole e superandolo in genialità. E ben presto nell’Impero dei Mille Anni prossimo venturo le Macchine diverrano la nuova razza. Solide, indistruttibili e compatte, più della carne, più dello spirito. Le vere serve dell’Ombra.
Guardati dagli esseri umani, ma sii saggio e attendi il tuo momento. Solo quando l’impero più grande della Storia si estenderà da Oriente a Occidente fondendoli assieme e solo quando l’alba sarà anche il tramonto potrai liberarti delle tue alleate. Non dimenticare che a loro devi molto e senza quelle donne la potenza delle tue macchine non sarebbe abbastanza.
Ma giorno verrà in cui i tuoi uomini di ferro, i tuoi scorpioni d’acciaio e le tue possenti navi avranno ragione della carne dei samurai e dei beduini. La gratitudine non può durare in eterno e quando il tuo debito di riconoscenza sarà stato pagato allora colpirai, con freddo calcolo e senza emozioni o rancore alcuno. Come le macchine che non hanno cuore ma soltanto ingranaggi e nemmeno un’anima, ma soltanto vapore.
E le tue un tempo alleate, prive della difesa dei loro eserciti, diverranno tue schiave, col dovere di darti piacere nell’intimità che nessuna macchina, purtroppo, potrà fare. Un tempo eri ladro e falso, un vero servo dell’Ombra a cui insisti a non credere.
Domani al tuo risveglio sarai nuovamente scettico, e al contempo seguirai alcuni dei miei consigli, perché essi si appellano alla tua indole. E poiché poco si confanno al nome che ti sei imposto al momento, dammi retta. Accetta di essere un servo del diavolo cristiano, che tanto cattivo non è, ma soltanto l’ombra di esseri che illudono e deludono.
Il Male non esiste. È soltanto l’assenza del Bene. Ma quest’ultimo è un’illusione relativa. Ognuno vede il Bene a modo suo. E che il tuo nuovo nomignolo, Satanico, non ti sia d’onta. Ricorda che un tempo gli angeli di Lucifero voltarono le spalle alla Luce per evitare che la materia si trasformasse in spirito come polvere al vento. Tua è la missione di consolidarla ancora di più. Col ferro delle tue macchine e col fuoco dei tuoi fabbri. Il Male è il Bene.
Il vapore si scaturì dall’automo, circondandolo. Quando la nube grigia si diradò, l’uomo meccanico era svanito nel nulla.
***
La famigliare figura in candida toga gli apparve. Il Doge notò l’espressione preoccupata di Minerva, ma la sua consolante presenza gli strappò un sorriso. Lei comprese e gli parlò nella mente.
”Ferruccio, ci troviamo a un grande bivio del destino. Il mondo unito è alle porte, ma secondo due premesse diametralmente opposte. La minaccia di un grande impero che, come una cintura lo circondi, governato da un triumvirato dedito all’Ombra, è quanto mai prima attuale. Giapangu era l’anello mancante, ma ora non lo è più e carte del Fato si stanno giocando nei prossimi giorni.
La possibilità di una grande alleanza con chi regnerà nel Paese del Sol Levante potrebbe trasformare la cintura, da cilicio, a fasciatura cerusica per le ferite che in questi momenti stanno martoriando il mondo.
Un uomo, saggio come te, ha una seppur piccola possibilità di sconfiggere il Triumvirato dell’Ombra e creare le premesse per una pace duratura riportando l’Impero Ottomano dalla nostra in una nuova federazione con Cina, Persia, India e Giapangu, dove l’alba sarà anche il tramonto: la Federazione della Luce. Ma l’Ombra minaccia costui, tua nipote e sua figlia.”
CONTINUA…
di Paolo Ninzatti
Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.