Il Basso Medioevo
Un forte senso di precarietà e di incertezza sembra animare i secoli medievali dopo l’anno 1000, probabilmente anche perchè gli uomini e le donne comuni erano schiacciati dal senso di inferiorità rispetto alle forze della natura, ed erano ancora lontani dal considerarsi al centro del cosmo. Di fronte a una natura che soverchiava l’esssere umano, l’unica possibilità di salvezza era la protezione divina. Le arti figurative del tempo, come l’intero immaginario, pongono le fondamenta su di un complesso sistema simbolico in cui i numeri, i colori, i toni musicali, trovano rispondenze mistiche con l’armonia (o il caos) dell’universo.
Il pensiero, la letteratura, l’arte medievale, hanno espressioni palesemente metaforiche. Ed è con la metafora “bianco mantello di chiese” che il monaco borgognone Rodolfo il Glabro descrive il risveglio artistico e decorativo attorno al Mille: “Allora, quasi tutte le chiese delle sedi episcopali, quelle dei monasteri consacrate a ogni sorta di santi e perfino i piccoli oratori dei villaggi furono ricostruite più belle dai fedeli”.
Nel corso del XI e del XII secolo l’Italia, la Francia, la Germania e la Spagna cristiana migliaria di chiese e monasteri furono restaurati. Ogni chiesa, dalla grande cattedrale alla piccola pieve di campagna si arricchisce di decorazioni: mosaici, bassorilievi, capitelli istoriati, pulpiti, acquasantiere, gruppi pignei, affreschi vengono realizzati secondo precisi programmi iconografici per mostrare ai fedeli la via della salvezza.
Svariati architetti, scultori, lapicidi, marmorari, fonditori, orafi, sono rimasti anonimi. Pochissimi, invece, gli artefici (fra i quali nessun pittore e nessuna donna) che prima del Duecento hanno lasciato il loro nome, sebbene nulla sappiamo della loro formazione culturale. Certo è che il loro stile ha determinato lo sviluppo di diverse scuole nel territorio italiano.
Ovviamente le idee, gli stili e le tecniche circolavano all’epoca, nonostante i pericoli e la precarietà dell’esistenza. La diffusione dei monasteri e i pellegrinaggi furono tra le cause principali della mobilità di persone e materiali. In Italia i pellegrini erano attratti soprattutto dal santuario di San Michele sul Gargano e dalle tombe degli apostoli a Roma.
Illustrazioni ricche di fantasia caratterizzano le scuole minatorie dei monasteri italiani, mentre ormai laiche, nel XIII secolo, risultano le vivaci botteghe napoletane da cui provengono le illustrazioni dei codici naturalistici come quello sui bagni di Pozzuoli, o quello sulla caccia redatto da Federico II.
Ricordiamo che i lRegno di Sicilia, dapprima dominato dagli arabi, poi dai normanni e dagli svevi, è stato culla di raffinate culture, aperte a così tanti influssi che ancora oggi si fatica a precisare se i mosaici dei sontuosi monumenti di Palermo sono stati prodotti da maestri locali oppure bizantini, e se gli stessi abbiano poi lavorato anche a Firenze o a Venezia.
Alle soglie del Duecento la cultura si rinnova con le università e le scuole teologiche cittadine, mentre la riforma cistercense e il diffondersi degli ordini mendicanti col tempo favoriscono nuovi sviluppi artistici. La vita urbana riprende vigore e molte città italiane, Venezia, Genova, Pisa, Lucca, Roma, Firenze, Siena, assumono ciascuna aspetti sempre più peculiari che si riflettono anche sullo sviluppo delle scuole artistiche; mentre in Puglia, Campania, Sicilia, il dominio svevo rinnova il sogno imperiale, favorendo una cultura ricca di spunti classicheggianti che si irradierà fino in Italia centrale.
Il Duecento si chiude con opere scultoree fortemente innovative, sia sotto il profile della struttura “architettonica” (pulpiti, fontane, monumenti funebri), sia sotto quello stilistico, e la scultura di ascendenza classicheggiante si diffonderà anche nel meridione e in Lombardia.
Nella pittura, a Roma, in Umbrie e in Toscana gli artisti cominciano a distaccarsi dalla tradizione bizantina proponendo una nuova concenzione dell’uomo e dello spazio.
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